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Breve storia dei filtri da gattino usati per sbaglio durante gli streaming

Per colpa di un filtro, ieri un avvocato del Texas si è presentato a un'udienza virtuale del tribunale nei panni di un gattino. Ma il bello è che queste situazioni esilaranti stanno diventando sempre più comuni: eccone una raccolta

Se c’è una cosa bella che è venuta fuori dalla pandemia è che ha costretto alle videochiamate su Zoom anche persone che non ne avevano mai fatte prima e che non sono proprio a loro agio con il digitale. Abbiamo già parlato di una prima conseguenza, emersa negli scorsi mesi, di questo: i tantissimi casi di uomini che, pensando di aver spento la videocamera, si spogliano/masturbano/fanno sesso su Zoom davanti a tutti.

C’è però un altro filone che vale la pena indagare e che sta andando fortissimo nelle ultime ore, dopo che un video di questo tipo è diventato virale: la gente che usa Zoom o simili ma fa casino coi filtri. Con risultati esilaranti. 

L’ultimo caso del genere è quello di un avvocato texano che si è presentato a un’udienza via Zoom, solo che qualcuno – lui dà la colpa alla sua segretaria – aveva usato Zoom da quel computer prima di lui impostando un filtro da gattino. Risultato: l’avvocato compare davanti al giudice nei panni di un tenero gattino bianco, in una metamorfosi kafkiana che lo diventa ancora di più quando dice “sono qui connesso, non sono un gatto”. Senza riuscire – almeno inizialmente – a togliere il filtro. Il video è stato diffuso dal tribunale stesso per sensibilizzare sul tema.

Ma non è la prima né l’unica volta che succede una cosa del genere. Il primissimo caso risale al giugno 2019, quando un politico pakistano ha fatto una conferenza stampa live su Facebook ma, a un certo punto, è comparso un filtro che gli aggiungeva dei baffi e delle orecchie da gatto rosa. Come riporta la BBC, in quell’occasione il partito d’appartenenza del politico aveva incolpato un “errore umano” ed eliminato il video pochi minuti dopo – ma purtroppo per loro era stato già salvato e ricaricato diventando virale. 

Il mese successivo, luglio 2019, il filtro da gattino aveva colpito di nuovo. Ancora durante una conferenza stampa in streaming su Facebook, stavolta della polizia canadese: un’agente di polizia che parlava alla stampa di un duplice omicidio avvenuto in un area remota del Paese era diventata un dolcissimo gattino. “Siamo a conoscenza del problema, è un’impostazione automatica. Stiamo lavorando per risolverlo”, aveva dichiarato la polizia. 

Durante il lockdown dello scorso marzo, era capitata una cosa simile a un prete di Salerno: aveva detto la messa in streaming su Facebook per i fedeli costretti a casa, ma si era dimenticato di disabilitare la funzione filtri e per tutta la durata della funzione la sua immagine era stata modificata in diversi modi e il prete aveva indossato cappelli buffi e occhiali da sole.

Insomma, il gattino texano non è niente di nuovo né di unico: siamo in un’età dell’oro per questo genere di cose buffe. La sempre maggiore presenza degli streaming nelle nostre vite, anche per colpa della pandemia, unita al fatto che molte persone non siano abituate a usarla, ci sta regalando queste perle.

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