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Una vita difficile e gloriosa. Le radici di Basquiat in mostra a Milano

Apre al Mudec il 28 ottobre la retrospettiva dedicata a Jean-Michel Basquiat. Più di 100 opere per raccontare quanta violenza riuscisse a imprimere sulla tela
Jean-Michel Basquiat fotografato da Roxanne Lowit

Jean-Michel Basquiat fotografato da Roxanne Lowit

Fin dai tempi in cui, da bambino, Jean-Michel Basquiat viveva a Brookling era ossessionato dalla celebrità. Non faceva altro che disegnare e ripetere a tutti che un giorno sarebbe diventato un grande fumettista. Era l’unico bambino nero della sua classe e nell’America degli anni ’60, nonostante lo Stato e il quartiere dove i Basquiat risiedevano fosse progressista, non era facile vivere quella condizione, che sarà poi quella che negli anni successivi porterà a una presenza prepotente, nel lavoro dell’artista, di “eroi neri” idealizzati: Charlie Parker, Malcom X, Jesse Owns.

I soggetti dei suoi disegni diventano sempre più violenti col passare degli anni e a soli 11 anni Basquiat spedisce a J. Edgar Hoover, potentissimo fondatore dell’FBI, il disegno di una pistola. Cresce tra un padre impegnato nella carriera di giorno e nella vita da playboy di notte, una madre che fa avanti e indietro dalle cliniche psichiatriche e la musica. Soprattutto quest’ultima ha un ruolo fondamentale della sua educazione: il nonno Juan aveva un piccolo gruppo di musica latina ma, soprattutto, il padre possedeva un’invidiabile collezione di dischi Jazz, che al piccolo Jean-Michel era proibito toccare.

Si potrebbero passare ore a parlare della vita di Basquiat, ma forse per capirla al meglio basterà fare un giro alla bellissima retrospettiva che apre al Mudec il 27 ottobre e che mette in mostra oltre 100 lavori dell’artista. Il percorso è stato studiato proprio per approfondire le radici di Basquiat, la passione per la musica, il desiderio di fama e riconoscimento, la sua fragilità umana.
Le opere vengono quasi tutte dalla collezione privata di Yosef Mugrabi e dialogano perfettamente con le collezioni di arte del Mudec: i quadri di Basquiat hanno infatti un sapore primitivo, ma allo stesso tempo sofisticato e onirico. Mettono in scena i fantasmi di una vita difficile e gloriosa, che va da una coltellata infertagli dal padre all’età di 15 anni, al periodo passato a vivere in una baracca al Washington Square Park di Manhattan, fino al fidanzamento con Madonna, la copertina del New York Times o la frequentazione con Warhol.

Come ogni artista “maledetto” Jean-Michel Basquiat, scomparso nel 1988 a soli 27 anni

Basquiat è un artista che ha fatto di tutto per entrare nell’olimpo della grande arte: per attirare l’attenzione, da ragazzini, lui e Haring arrivano persino a dipingere l’intera cabina del dj del Max’s Kansas City (locale che è stato il centro catalizzatore della cultura underground di New York) in una sola notte, cosa che il proprietario del locale non apprezza affatto quando la scopre il mattino successivo: farà cancellare tutto, mordendosi le mani qualche anno dopo.
Nato come street artist e cresciuto e morto come una super star dell’arte, i pezzi di Basquiat in mostra al Mudec ci raccontano esattamente chi fosse, quanta violenza riuscisse a imprimere sulla tela, quale capacità avesse di captare il momento e di cavalcare i mercati.

Basquiat, come molte grandi rock star, è morto a 27 anni, a causa di un micidiale cocktail di eroina e alcol. A 4 anni dalla morte, nel 1992, ottiene la consacrazione di una retrospettiva al Whitney Museum e oggi è universalmente riconosciuto come uno dei più grandi artisti del secolo scorso. Un talento vibrante, un genio che ha saputo mordere il mondo. La mostra curata da Jeffrey Deitch e da Gianni Mercurio ce lo restituisce esattamente così.

Tutte le Info sul sito ufficiale del MUDEC – Museo delle Culture di Milano (Via Tortona, 56).

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