Se i fantasmi esistono davvero, Basilea è diventata la loro Mecca. Al Kunstmuseum, la mostra Ghosts. Visualizing the Supernatural sembra un gigantesco invito a non dormire la notte: oltre 160 opere e oggetti, 250 anni di apparizioni catturate, evocate o inventate, e una collezione che va da William Blake a Cindy Ji Hye Kim, passando per René Magritte e Marcel Duchamp, come se l’aldilà avesse deciso di prendersi una vacanza in Svizzera. La mostra, inaugurata quest’autunno, indaga la persistente ossessione occidentale per gli spiriti, e dimostra che anche nell’epoca dei social e dei meme, il fantasma non è solo metafora: è presenza, imprevisto, cortocircuito tra visibile e invisibile, tra noi e quello che ci supera.

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Per chi arriva dal mondo del cinema, Basilea potrebbe sembrare un set di hauntology, parola che suona ostica ma che descrive perfettamente il brivido di una nostalgia inquietante: i fantasmi che non se ne vanno, il passato che torna a reclamare attenzione. E non è un caso se quest’anno il cinema popolare ha deciso di rinnovare la tradizione spettrale: da The Conjuring: Il rito finale con Vera Farmiga e Mia Tomlinson, in cui Ed e Lorraine Warren affrontano una presenza così cattiva da fare impallidire il più feroce dei demoni domestici, a M3GAN 2.0 diretto da Gerard Johnstone, dove una bambola-IA decide che l’umanità è sopravvalutata; da The Parenting, commedia a tinte horror con Brian Cox e Lisa Kudrow su un demone domestico e genitori protagonisti, a L’esorcismo di Emma Schmidt – The Ritual, in uscita su Prime Video il 4 settembre, con un Al Pacino versione esorcista, che ci ricorda che i veri spettri hanno certificazione ecclesiastica; fino a Companion, thriller psicologico dove l’amore e il rapimento si intrecciano in un incubo quotidiano.

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Fantasmi di ieri e di oggi, tutti insieme nello stesso flusso: dai salotti vittoriani alle sale IMAX, dagli spiriti della letteratura alle icone pop contemporanee.
In mostra, il visitatore si trova di fronte a una danza di presenze, simulacri e illusioni. Gli effetti sono chiari: immagini che tremano tra pittura, scultura, fotografia e video; installazioni che oscillano tra presenza e assenza; effetti ottici che evocano apparizioni, come il Pepper’s Ghost usato a teatro nell’Ottocento (una tecnica di proiezione “spettrale”), reinventato per installazioni digitali contemporanee.

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Ci si muove tra silhouette fantasmatiche, sagome sospese, figure che emergono dai muri e dagli specchi; si sente l’eco di urla mai udite, il fruscio di vesti invisibili, la sensazione di non essere mai soli. In un corridoio, un video mostra una casa infestata in cui il tempo sembra piegarsi: lo spettatore sa che qualcosa lo osserva, ma non sa mai cosa, e questo gioco tra paura e curiosità diventa irresistibile.
Se la storia del XIX secolo vedeva la nascita dello spiritualismo, dei medium e delle tecnologie dell’illusione, oggi queste tecniche si mescolano ai linguaggi digitali, alla videoarte, ai concetti di Intelligenza Artificiale e di psicologia della paura. La mostra accosta Duchamp a Urs Fischer, Redon a Tony Oursler, Magritte a Vittorio Santoro, dimostrando che il fantasma è sempre lo stesso: una macchina per destabilizzare (il ghost è fumosamente in the machine), per giocare con il reale, per trasformare la percezione. È un organismo culturale che vive tra le righe, tra il serio e il faceto, tra il sublime e l’assurdo. È qui che il visitatore si sente sospeso, tra la tentazione di ridere e quella di correre fuori a cercare aria fresca.

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E allora Basilea diventa un grande crocevia tra arte, storia e cinema: i fantasmi della pittura dialogano con quelli dei film appena usciti, e il risultato è una forma di magia moderna. Guardi The Conjuring e pensi a Blake, guardi M3GAN 2.0 e pensi a Duchamp, osservi The Parenting e ti torna in mente Redon, in un flusso continuo dove il passato e il presente non smettono di rincorrersi. I fantasmi, insomma, non ci lasciano mai, ma a Basel finalmente li vediamo giocare, litigarsi lo spazio, farsi beffe di noi e della nostra sicurezza ontologica.

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Nella nostra epoca iperrazionale, dove ogni cosa è misurabile, quantificabile, catalogabile, Ghosts ricorda che la paura, l’inspiegabile, l’invisibile non solo sopravvivono, ma prosperano. L’arte ci permette di entrarci, di sfiorarla, di ridere e tremare insieme. E il cinema 2025 ci mostra che, in fondo, i fantasmi sono eterni: cambiano volto, costume e tecnologia, ma il brivido che ci regalano resta identico. Da Basilea alle sale cinematografiche italiane, passando per i nostri sogni più improbabili, gli spettri continuano a fare ciò che sanno fare meglio: apparire, sorprendere e non andarsene mai del tutto.













