Arrivi a Parigi e subito capisci che qualcosa è cambiato: non è solo il colore dorato dei platani di ottobre, né l’aria frizzante che invita a infilarsi in un trench. È la città che ti accoglie come fosse un palcoscenico internazionale, e in questi giorni lo è davvero, perché Art Basel Paris ha preso possesso di ogni angolo, tra 206 gallerie internazionali e 65 realtà radicate in Francia. Non più semplice fiera, ma organismo vivo, che pulsa tra Place Vendôme, Palais d’Iéna e la Bourse de Commerce.
Si parte dall’eleganza discreta del Castille Paris – Starhotels Collezione, cinque stelle nel cuore del 1° arrondissement, tra Louvre, Opéra e Place Vendôme. Tre palazzi d’epoca, affreschi della Conquista del Nuovo Mondo nel patio, interni in toni pastello e luci soffuse: il lusso qui non urla, sussurra. Camere e suite accoglienti, materassi Starbed e cuscini à la carte, macchina da caffè Illy, Wi-Fi veloce, scrivanie hi-tech. Le Suite Duplex, il Dolce Vita Apartment e la sontuosa Grand Tour Suite ti fanno sentire a casa anche quando sei a migliaia di chilometri da Torino o Milano. Il ristorante L’Assaggio, guidato dallo chef stellato Ugo Alciati, trasporta il Piemonte a Parigi: Vitello Tonnato, Agnolotti di Lidia e piatti stagionali che parlano di tradizione e territorio. E se vuoi un cocktail prima di uscire, l’Assaggio Bar offre un Negroni Gentile che sembra un’opera d’arte liquida.

Il vitello tonnato di Ugo Alciati all’Assaggio. Foto: lephotographdudimanche
Il giorno inizia tra profumi di caffè e velluti stile Ralph Lauren. Ralph’s Coffee (173 boulevard Saint-Germain) sembra uscito da un film americano: orso in grembiule che ti saluta, chandelier giganteschi, tartan e velluti ovunque. Hot chocolate da brivido (7€) e carrot cake da sballo sono solo l’inizio. Per un approccio più minimal, Strada Cafè (24 rue Monge) è un piccolo rifugio per chi ama il caffè biologico serio, quello che viene da Etiopia, India e Brasile. Colazione francese, succhi freschi, croque, insalate stagionali e dolci che spariscono in un sorso di espresso (ps: niente laptop nei weekend).
Il passo successivo è, ça va sans dire, l’arte. Place Vendôme: la rana gonfiabile di Alex Da Corte, Kermit the Frog, Even (2018), metà sgonfia, metà sospesa, sembra fluttuare tra gioia infantile e malinconia adulta. Al Palais d’Iéna, Miu Miu accoglie 30 Blizzards di Helen Marten: trenta performer, cinque sculture, cinque video e un libretto, orchestrati tra gesti, oggetti e voci, in un turbine corale che parla di infanzia, sessualità, interiorità e perdita. Art Basel conferma la sua doppia anima: mercato globale e laboratorio urbano.

Foto: press
Per pranzo (ma anche per cena), Capsule (2 rue Cassini) è il comfort parigino in versione rétro: pollo arrosto e île flottante al caramello salato con mandorle fanno passare il trauma della folla metropolitana.
Ambos (38 rue de Vaugirard) è un giro del mondo culinario: arepas venezuelane, galette croccanti, tartare di gamberi in stile thai, braised beef con endive e arancia bruciata, e dessert freschi con sorbetto al basilico e pepe Timut. Qui, l’arte è anche nel piatto.

Ambos. Foto: press
Per chi ama abbinare gusto e prezzi contenuti può optare per Chez Jeannette (47 rue du Faubourg Saint-Denis, nel decimo): uova sode, céleri rémoulade e una guancia di maiale che si scioglie in polenta. Da Pierre Moussié, patron di Jeannette, il pranzo costa meno di un cocktail in centro. Quindici euro e ti siedi tra creativi e muratori: democrazia del gusto.
Un evergreen parisien è poi Bouillon Chartier, brand parigino di una catena economica di brasserie di proprietà del Gruppo Joulie. Fondato nel 1896 dai fratelli Camille e Frédéric Chartier, ha diverse sedi in città. Quello dei Grand Boulevards è forse il più conosciuto: in stile liberty con le cappelliere dorate alle pareti, offre un menu con uova sode e maionese, insalata di sedano, e poi terrine, zuppe, porri in vinaigrette, bœuf à la Bourguignonne, vitello, vol au vent con pollo, funghi e steak frites. Il tutto in un clima festoso e di condivisione, dove capita più spesso che mai di condividere i tavoli con sconosciuti e la fila scorre veloce.
Chi invece ama il pastrami non può mancare Will’s Deli al 28 Rue Poissonnière: qui l’offerta è degna di Katz’s e Schwartz’s: Reuben traboccante, latkes croccanti e salsa miele-sesamo da standing ovation. Tutto per 17€. Altro che pausa pranzo, è rito.
Il pomeriggio è per le mostre: alla Bourse de Commerce, Minimal (cura Jessica Morgan) esplora fino al 19 gennaio griglie, superfici e materiali poveri, da Mono-ha ad Arte Povera, sfidando l’egemonia minimal americana. Alla Fondation Louis Vuitton, la retrospettiva di Gerhard Richter dal 17 ottobre al 2 marzo 2026 attraversa decenni di visione pittorica: dai primi lavori fotografici alle astrazioni più recenti. Alla MEP, Edward Weston – Becoming Modern racconta dal 15 ottobre fino al 25 gennaio la fotografia modernista del leggendario fotografo americano con oltre cento vintage print, dai nudi alle nature morte scolpite dalla luce. Mentre dal 25 ottobre al 23 agosto la nuovissima sede della Fondation Cartier Pour l’Art Contemporain firmata da Jean Nouvel (2, place du Palais-Royal) trasforma la collezione in un laboratorio urbano: la mostra Exposition Générale presenta 600 opere che respirano con la città, tra architetture visionarie, scienze e mondi viventi.

‘Minimal’. Foto: press

‘Pepper’, Edward Wilson (1939). Foto: Center for Creative Photography, Arizona Board of Regents. Courtesy of Wilson Centre for Photography
Succulenta è anche la proposta delle gallerie private. La sede parigina di Thaddaeus Ropac, nel cuore del Marais, celebra il centenario di Robert Rauschenberg con la prima mostra in Francia della serie scultorea Glut (1986–94). Ultima grande sperimentazione dell’artista, le opere trasformano materiali di recupero in sculture autonome, poetiche e senza tempo. Sempre nel Marais, l’italianissima Galleria Continua apre le porte all’artista belga Berlinde De Bruyckere, una delle figure piu intense dell’arte di oggi, e alla sua personale Need, mostra che fino alla fine di dicembre indaga la fragilità del corpo. Il pittore e fotografo statunitense Ed Ruscha è invece protagonista con i suoi ultimissimi lavori nello spazio di Gagosian in rue de Castiglione in occasione della personale di Talking Doorways.
Dopo tanta arte, una passeggiata tra le boutique è obbligatoria: Merci resta il must, con Merci#2 aperto tra rue Richelieu e rue Molière in un ex ufficio postale stile loft newyorkese, tra cucina, camera da letto, bagno e giardino interno. Oggetti, design, libri e persino un cinema rendono lo shopping un’esperienza completa.

Merci, a Parigi. Foto cortesia
La sera chiama jazz e cocktail: Le Melville (28 rue Jean Mermoz) è perfetto, tra velluti blu e verdi, palco vicino e due set serali dal martedì al sabato. Il Thontassion, tartare di tonno con leche de tigre, o il Poulet de maman con crocchette e curry nero, sono accompagnati da cocktail signature come il Le Melville (vodka, Noilly Prat, St-Germain e mela).

Le Melville, Parigi. Foto: Igor Meyer
I jazz addicted frequentano invece Le Duc des Lombards. Nascosto in Rue des Lombards, a pochi metri da Châtelet, Le Duc è il jazz club che ha fatto scuola a Parigi. Un pianoforte impeccabile, pubblico esigente e quell’intimità che trasforma ogni concerto in rito. Qui la misica non si ascolta soltanto: si respira. Tra i tavoli stretti e le luci basse del New Morning, 7/9 Rue des Petites Écuries, è poi passata la storia: da Art Blakey a Prince, che qui trasformò Purple Rain in un inno parigino. Un club che resta più che un locale: un mito jazzistico con anima rock e cuore notturno.
E così in 48 ore Parigi ti ha mostrato tutto: dal caffè che sembra un set cinematografico, alla fiera che diventa città, dai pranzi gourmet alle mostre en plein air, dalle passeggiate tra boutique cult al lusso discreto del Castille. Una Parigi che si racconta a chi ha tempo e voglia di guardare, assaggiare e ascoltare: una città viva, sensuale, sorprendente, che ti resta addosso come un profumo di velluto e cioccolato caldo.













