Rolling Stone Italia

Alla ricerca dell’erba del futuro

Mentre i consumatori aumentano in tutto il mondo, alcune aziende stanno ricombinando i componenti chimici della cannabis per inventare prodotti più sicuri - così da brevettarli e dominare il mercato

Foto IPA

Quando si pensa all’erba di solito viene in mente una pianta appiccicosa, dell’olio, forse delle gocce. Ma cosa succederebbe se reinventassimo il concetto di cannabis sotto forma di un’astratta equazione scientifica? Sì, sembra una sparata da fattoni fantascientifici, ma è proprio questa la direzione su cui si è avviata l’industria della cannabis negli ultimi tempi.

Ci sarà sempre bisogno di abili contadini capaci di coltivare le piante, ma i consumatori – soprattutto i nuovi consumatori – chiederanno con sempre più insistenza biscotti, olio, pillole, prodotti disegnati da scienziati così che possano soddisfare i loro bisogni specifici. Tutti questi prodotti sono basati su intrugli chimici sofisticati, dove specifiche quantità di cannabinoidi (come il THC e il CBD) vengono mescolate con terpeni, sostanze che permettono alle diverse varietà di marijuana di avere diversi effetti psicoattivi.

Mentre le leggi sul consumo medico di marijuana si fanno sempre più comuni, i marijuana-curiosi continuano a crescere. Non importa se siano alla ricerca deii suoi effetti terapeutici o ricreativi, non vogliono ottenerli fumando. I nuovi consumatori di cannabis sono alla ricerca di un’esperienza precisa e regolare, che possa portare a un effetto specifico in maniera controllata. E a quanto pare queste esperienze mirate, così come la tecnologia necessaria a procurarle, dipendono da equazioni, proprietà intellettuali di un’azienda. In fondo, non stiamo parlando di erba vera e propria, ma solo della sua astratta versione scientifica.

Attorno a queste aziende sta nascendo un nuovo business: compagnie di ricerca con laboratori clinici all’avanguardia stanno sperimentando con la genetica delle piante e la cromatografia, così da capire come i cannabinoidi e i terpeni possono interagire con il corpo umano. Ebbu e LuciMood, due aziende del Colorado, sono al lavoro per migliorare la personalizzazione dell’esperienza dei consumatori, rendendo per esempio la pianta stessa totalmente su misura, così da enfatizzarne alcune caratteristiche.

«È una sorta di fattanza di design», dice Tristan Watkins, capo ufficiale scientifico di LuciMood, un’azienda che produce diversi tipi di vaporizzatori capaci di offrire “sensazioni specifiche” (“party”, “bliss”, “relax”, “focus” e “sleep” sono i modelli principali). «Volevamo potenziare o evidenziare gli effetti positivi che il pubblico cerca nella cannabis, mitigando allo stesso tempo gli effetti negativi», dice.

Watkins è convinto che manipolare le quantità di questi composti porterà la cannabis nel mainstream. «Con la cannabis sintetica ci sarà molto più controllo sulla regolarità del prodotto, non importa in che stato sarà creato». Questa cannabis sarà la stessa anche sei mesi di distanza. «È un aspetto che elimina molte preoccupazioni e molto del rischio percepito dai consumatori», dice.

Per sviluppare una formula, gli scienziati devono prima dividere la pianta di cannabis nei suoi componenti individuali. A questo punto possono studiare gli effetti di questi componenti, e isolarli. Per capire, per esempio, come sfruttare il terpene che causa la sonnolenza, hanno prima calcolato le quantità necessarie di THC e CBD per ottenere un effetto energetico, poi hanno aggiunto il terpene un po’ alla volta studiando gli effetti. «Il nostro è un processo graduale, andiamo per tentativi finché non troviamo una formula efficace», spiega Watkins.

THC e CBD sono i cannabinoidi più conosciuti, ma una pianta di cannabis contiene dozzine di componenti attivi – il CBN e CNG, per esempio, così come i diversi terpeni. Isolando questi componenti, gli scienziati possono capire meglio il loro funzionamento e come sfruttarli in contesti diversi. «Non si può inventare un prodotto veramente mainstream che non sia capace di ispirare fiducia», dice Jon Cooper, fondatore ed ex CEO di Ebbu, ora vice presidente di Canopy. «Quando abbiamo osservato questa pianta, abbiamo capito che è un caos chimico». Ed è per questo che Cooper e i suoi colleghi hanno deciso di isolare i diversi componenti, così da rimetterli insieme in combinazioni diverse per un’esperienza più regolabile.

Fondata nel 2013, Ebbu ha costruito uno dei primi laboratori di ricerca per la cannabis. Lì, oltre a inventare nuove combinazioni tra cannabinoidi e terpeni, Ebbu ha fatto un passo avanti fino a “modificare la genetica” della pianta, così da regolare il volume di produzione dei singoli componenti. «Possiamo fare la stessa cosa in tutto il mondo», dice Cooper. «Avevamo due obiettivi: creare il miglior prodotto ricreativo possibile e, allo stesso tempo, inventare una medicina efficace che sia in grado di aiutare centinaia di milioni di persone».

Inoltre, dice, questa medicina alla cannabis ha il valore aggiunto che non sembra affatto una medicina. «Non è meglio bere una tisana, piuttosto che prendere una pillola?», dice Cooper. «Nei prossimi 10 anni i fumatori bruceranno meno del 10% del prodotto consumato sul mercato – la gente non penserà più alla cannabis come a roba da fattoni».

Le equazioni che danno vita alla cannabis “scientifica”, poi, potranno essere brevettate nella piena legalità. Queste aziende di ricerca possono conservarle come segreto industriale, oppure unirsi a una compagnia di coltivazione per creare prodotti specifici derivati dall’erba. Per ottenere un brevetto, l’invenzione dev’essere nuova e non esistente in natura. Una varietà selvatica di cannabis, per esempio, non potrebbe essere brevettata perché la sua genetica non è frutto di una modifica umana. Le varietà inventate in laboratorio o tramite ingegneria genetica, invece, potrebbero esserlo e ottenere un monopolio limitato: queste aziende, in sostanza, diventerebbero le uniche a poter produrre o vendere o mettere in licenza il prodotto.

«Le formule sono il modo migliore per ottenere la protezione del brevetto, una soluzione che ha attirato l’interesse dell’industria farmaceutica», dice Malsbury. «E se davvero decideranno di lavorare con la cannabis, credo che le formule saranno il mezzo con cui arriveranno sul mercato». Nonostante i brevetti attirino le aziende farmaceutiche verso l’industria della cannabis, sono anche uno strumento che consentirebbe alle aziende più piccole di proteggersi. Allo stesso tempo, questa nuova tecnologia renderà i prodotti alla cannabis più interessanti per le masse. È difficile, insomma, che in futuro qualcuno non vorrà sapere cosa c’è davvero nella sua erba.

«La cannabis prodotta con questo metodo non dà solo effetti specifici, permette anche di controllarne il livello», dice Watkins. «I prodotti a basso dosaggio saranno il trampolino di lancio per i nuovi consumatori, un modo più sicuro di provare l’esperienza della cannabis». I fattoni veterani, invece, avranno di che sperimentare per scoprire tutte le possibilità della cannabis del futuro.

Iscriviti