‘The Last Watch’, cosa abbiamo imparato dal documentario sul finale di ‘Game of Thrones’ | Rolling Stone Italia
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‘The Last Watch’, cosa abbiamo imparato dal documentario sul finale di ‘Game of Thrones’

Dall'acconciatura di Daenerys all'ultima, commovente scena di Jon Snow, il documentario girato da Jeanie Finlay racconta la serie più ambiziosa (e costosa) di sempre attraverso gli occhi di chi le ha dedicato dieci anni di vita

‘The Last Watch’, cosa abbiamo imparato dal documentario sul finale di ‘Game of Thrones’

Sophie Turner e Kit Harington al table reading

Per la serie “il lavoro dei sogni”, la documentarista inglese Jeanie Finlay ha esaudito il desiderio di ogni fan di Game of Thrones. Ha passato un anno intero da “infiltrata” sul set dell’ultima stagione per regalarci un perfetto addio alla serie tv delle serie tv grazie a un punto di vista più unico che raro: le chiacchiere con gli attori sì, ma soprattutto con le comparse (in particolare con il simpatico Andrew McClay) e con le maestranze, il privilegio di assistere alle riprese, dalla battaglia di Winterfell alla caduta di Approdo del Re sotto il fuoco di Dany, la possibilità di scoprire ogni singolo segreto dietro allo show fantasy, tipo che alle cave irlandesi di Magheramorne c’è il green screen più grande mai visto al mondo, usato per girare alcune scene dei mitici scontri della serie. E che la battaglia di Winterfell contava 120 mila Estranei contro 18mila tra gli uomini di Dany e quelli di Jon.

Magari il montaggio a volte è un po’ rapido, ma vedere come hanno dato vita al conflitto epico tra i White Walker e gli umani a tratti è più suggestivo del conflitto stesso, merito anche della colonna sonora scelta per le immagini: I want it darker di Leonard Cohen (e darker non si riferisce alla criticatissima illuminazione dell’episodio).

Scopriamo che durante le riprese dei funerali dei caduti c’era un’atmosfera solenne, ogni singolo membro della crew – comprese le addette al ristoro – erano in religioso silenzio. E Sophie Turner non riusciva più a smettere di piangere dopo aver girato il saluto di Sansa a Theon Greyjoy (Alphie Allen) sulla pira. Ecco quello che abbiamo capito/imparato/scoperto da questo making of, un addio perfetto per i fan di Game of Thrones e un doveroso omaggio a chi questa serie l’ha fatta grande.

Le maestranze sono l’anima di Game of Thrones

Il documentario ricostruisce l’enorme sfida di portare in vita il fantastico mondo di Westeros tra condizioni climatiche avverse (in Irlanda c’è stata la più grande nevicata degli ultimi 35 anni), deadline proibitive e eserciti di fan affamati di spoiler. E non lo fa tramite le facce note, quelle dei creatori Benioff e Weiss o dei protagonisti, ma attraverso le parole dei membri della crew che hanno fatto sacrifici su sacrifici per portare in scena l’ultima stagione della serie tv più ambiziosa (e costosa) di sempre: maestranze, responsabili dei vari reparti tecnici, stunt, comparse, set designer, assistenti di produzione. Bernie Caulfield è una produttrice veterana ed è il cuore di Game of Thrones: “Ho cercato di creare una famiglia, ho cercato di farli sentire tutti a casa”. Sarah e Barrie Gower invece sono i responsabili del trucco protesico e per fare quest’esperienza hanno dovuto affidare la figlia Lottie alla nonna: nel doc vediamo Sarah commossa durante una videochiamata con la bambina oppure agitatissima quando Weiss e Benioff devono approvare il trucco degli Estranei mummificati per la scena della cripta di Winterfell. Diciamolo insieme, che magari entra in testa a tutti: il lavoro della crew è essenziale tanto quanto quello degli attori. Ma è molto più faticoso.

Sul set c’era una persona incaricata di badare ai capelli di Daenerys

Conosciamo bene l’importanza che la serie ha dato alle acconciature, soprattutto a quelle della Madre dei Draghi. E tra le migliaia di piccoli dettagli che dovevano essere presi in considerazione, sul set c’era sempre una persona il cui unico pensiero era assicurarsi che le trecce di Dany fossero sempre perfette: “Sono i capelli più belli che abbia mai avuto”, dice Emilia Clarke. “Ho il cuore in gola a pensare che presto tutto questo finirà, perché la mia parrucca mi fa sentire me stessa”. L’ultimo giorno di lavorazione di Emilia, la conversazione tra lei e la sua hair stylist in camerino diventa malinconica: “Non ti sembra che una parte di te se ne vada?”, chiede Emilia. “Sì, ho messo in pausa la mia vita per questo”, risponde la hair stylist. “Chissà chi sarò senza tutto questo”, chiude l’attrice. E nella scena finale di Emilia tutti piangono, compresa la sua parrucchiera.

Kit Harington non aveva letto il copione prima del table reading

La crew racconta di aver consegnato i copioni agli attori tre giorni prima del table reading. Ma non tutti gli attori avevano letto la sceneggiatura, vedi Kit Harington che scopre davanti a tutti (e alla telecamera di Jeanie Finlay) che Jon Snow ucciderà l’amata Daenerys. La sua reazione – mani sulla bocca, occhi spalancati, lacrime – già vista prima della messa in onda del docu, è più emozionante di alcune sequenze dell’ottava stagione, così come lo sguardo di Emilia che annuisce. Harington non sapeva nemmeno che a eliminare il Night King sarebbe stata Arya: e quando il passaggio viene scandito, tra applausi ed esaltazione generale lui sorride, come dire: “Bello eh, però…”. Povero Kit. Il copione però non l’aveva letto neanche Conleth Hill che, quando scopre il destino di Varys, chiude le pagine arrabbiato e viene consolato da Lena Headey e Gwendoline Christie. Ah, i copioni ovviamente sono stati distrutti dopo la lettura.

Sul set spagnolo la produzione ha portato altri attori per depistare i fan

A raccontarlo è la stessa Bernie Caulfield: “Sul set del Consiglio dei Lord e delle Lady di Westeros, abbiamo portato l’Orfana (in molti credevano che avesse ucciso Arya e preso il suo posto), Jaqen H’ghar e il Re della Notte per depistare i fan. Perché in Spagna si mangia e si beve e il cast è più difficile da tenere a bada”. L’attore ceco Vladimir Furdik, che interpreta il Re della Notte, si è esaltato quando ha capito che i fan sapevano chi fosse, con conseguente bagno di folla e di selfie al grido di “L’inverno sta arrivando”. Anche Kit Harington è arrivato sul set: “È strano essere qui per fare da diversivo”.

La Approdo del Re bruciata da Dany è stata ricostruita in un parcheggio di Belfast

“Ovviamente non ci avrebbero mai fatto bruciare una città intera”, spiegano gli scenografi mentre girano per Dubrovnik, che dalla prima stagione ha ospitato le scene ambientate ad Approdo del Re. “Abbiamo guardato fuori dalla finestra a Belfast e c’era un enorme piana di asfalto completamente vuota, quella dei Titanus Studios”. Quindi la crew ha ricostruito Approdo del Re in un parcheggio dell’Irlanda del Nord. Sì, avete capito bene. Ci sono voluti 7 mesi per metterla in piedi e due giorni per girare le scene della follia di Daenerys, prima che facessero esplodere tutto.

Andrew McClay, la comparsa protagonista del doc, è il nostro nuovo eroe

“C’erano tutti questi ragazzi con grosse barbe e giacconi, e da loro ho imparato la mitologia profonda delle comparse di Game of Thrones, questa idea che puoi interpretare uno Stark, ma mai un Bolton o un Frey”, ha dichiarato la regista a Variety. “E quando ho incontrato Andrew McClay ho capito subito che sarebbe stato il cuore del film”. Andrew diventa il perfetto interlocutore del pubblico, quello che gira per il sito entusiasmandosi per le spade Dothraki e perché Kit Harington lo ha salutato e ha apprezzato il suo dono: una delle giacche con la scritta Stark regalate dalla produzione. Uno di noi.

Game of Thrones ha salvato la vita al regista delle Nozze Rosse David Nutter

David Nutter è la mente dietro Le Nozze Rosse e Il Cammino della Vergogna di Cersei e ha diretto anche la prima (Winterfell), la seconda (Un Cavaliere dei Sette Regni) e la quarta puntata (Gli ultimi Stark) del finale: “Dopo le stagioni 2, 3 e 5 mi sono allontanato per gravi problemi alla schiena, ho subito due grosse operazioni. E tornare è stato un privilegio perché questo show mi ha salvato la vita. Mio padre è morto in un incidente da piccolo, mi ha cresciuto mia madre, volevo diventar il nuovo Barry Manilov ma al college ho capito che non sarebbe successo e che potevo fare emozionare con il cinema. Per un regista, Game of Thrones è il massimo, il viaggio deve essere bello tanto quanto il finale, perché è il viaggio che ricorderai”. Vediamo anche il processo creativo di Nutter, che prima di girare disegna tutte le scene su carta da lettere gialla e mangia mandorle per rimanere in forze.

Il discorso di Weiss per l’ultimo ciak di Kit Harington avrebbe fatto piangere anche Hitler

L’ultima scena girata da Kit Harington è quella in cui Jon Snow si imbatte in Verme Grigio mentre vuole giustiziare la guardie dei Lannister. E il saluto di Weiss a Kit è strappacuore: “La tua guardia è finita e di certo è stata una guardia incredibile, per noi e per milioni di persone nel mondo. Grazie di essere stato Jon Snow e di essere la bella persona che sei”. Abbracci e lacrime. Kit replica: “Mi si spezza il cuore, ho amato questa serie più di ogni altra cosa, non è mai stato il mio lavoro, è stata la mia vita, la cosa più bella che ho mai fatto e farò, voi siete stati la mia famiglia”. Adesso è davvero finita. Sigh.

Se non avete ancora visto The Last Watch, potete recuperarlo su Sky on Demand o in streaming su NOW TV.