Le 20 migliori canzoni di Bruce Springsteen | Rolling Stone Italia
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Le 20 migliori canzoni di Bruce Springsteen

Tra badlands e inni rock, prendiamo l'intera carriera del Boss e vediamo quali sono i suoi 20 brani migliori.

Bruce Springsteen live a Napoli nel 2013, foto di Roberto Panucci

Bruce Springsteen live a Napoli nel 2013, foto di Roberto Panucci

20. “Tenth Avenue Freeze-Out” da “Born to Run” (1975) 

Neanche Springsteen sa spiegare cosa sia un Tenth Avenue Freeze-Out. “Non ne ho idea,” dice ridendo nel 2005. “Ma è importante.” Tralasciando il titolo, la canzone racconta la formazione della E Street Band. Il gruppo ha avuto un nome dopo un anno di attività, ma Springsteen stava già costruendo una narrativa mitologica di quando “Scooter e Big Man spaccavano la città.” La canzone ha portato un nuovo membro a bordo. Il vecchio amico di Bruce, Van Zandt, è passato per lo studio mentre registravano la canzone e ha suonato con loro. A Springsteen è piaciuto, e la E Street Band si è guadagnata un nuovo chitarrista.

19. “The Promise” da “The Promise” (2010) 

Springsteen ha passato due anni a registrare e scrivere canzoni per Darkness on the Edge of Town. Molte le aveva subito scartate, invece continuava a tornare su “The Promise”, facendo piccoli cambiamenti nel testo che racconta di due amici che non si parlano più per un vago litigio. Ispirato dalla causa con il suo ex manager Mike Appel, era stata messa da parte perché “troppo auto-referenziale”, ma la canzone è piaciuta molto ai fan quando l’hanno sentita dal vivo. “C’è molto dentro quel testo,” dice Van Zandt. “Lascia un’opportunità a chi non ha mantenuto una promessa. Bisogna riconoscere la possibilità che uno non mantenga una promessa a se stesso, e scendere a compromessi quando magari non si dovrebbe.”

18. “State Trooper” da “Nebraska” (1982) 

Registrata in un solo take nello studio casalingo di Springsteen, il pezzo estremamente low-fi “State Trooper” è una canzone su un criminale paranoico che gira per la New Jersey Turnpike in una notte di pioggia. Springsteen si è ispirato alla canzone del duo newyorkese synth-pop Suicide “Frankie Teardrop” del 1977. Bruce suona la stessa corda della sua chitarra acustica continuamente mentre il protagonista perde la testa, e poi lancia un urlo mentre la musica sfuma. “Non so neanche se è una vera e propria canzone,” ha scritto Springsteen a Jon Landau. “È strana.”

17. “Incident on 57th Street” da “The Wild, the Innocent & the E Street Shuffle” (1973) 

“‘Incident’ parla di un tema su cui sono tornato spesso: la ricerca di redenzione,” ha detto Springsteen. “In vent’anni ci ho lavorato come solo un bravo ragazzo cattolico potrebbe fare.” Questa ballata intitolata originariamente “Puerto Rican Jan” racconta di Johnny e Jane, che “dorme tra lenzuola sudate” mentre il suo uomo esce per “fare dei soldi facili.” È una specie di prova per lo storytelling urbano di “Jungleland” e Clemons ha detto in seguito che quando la suonava dal vivo “potevi sentire l’inizio con il violino e piano diventare l’inizio di ‘Jungleland'”.

16. “Prove It All Night” da “Darkness on the Edge of Town” (1978) 

Questo rock eroico – il primo singolo pubblicato da Darkness – ne ha passate tante: nel libro di Springsteen Songs ci sono nove pagine di revisioni scritte a mano di questo brano. All’inizio, racconta, “Prove It All Night” aveva “un ritornello ma poche altre parole”. Spiegando una della possibili ispirazioni, Springsteen parla di una fonte molto terra a terra: un tassista di New York con cui ha viaggiato una sera. “Stava parlando di come… per tutta la tua vita cerchi di dimostrare qualcosa a qualcuno,” racconta Springsteen a un concerto nel 1978. “Diceva ‘Vado a casa, devo dimostrare qualcosa a mia moglie – Vado a lavoro, devo dimostrare qualcosa al mio capo.'”

15. “4th of July, Asbury Park (Sandy)” da “The Wild, the Innocent & the E Street Shuffle” (1973) 

Questa canzone è una delle sue più commoventi, con la fisarmonica di Danny Federici e il limpido intro di chitarra di Springsteen. È una discendente di “Surfer Girl” dei Beach Boys, Springsteen l’ha chiamata una “lettera d’amore e una canzone d’addio” alla sua casa musicale di Asbury Park – sfondo di molte scene raccontate nei suoi brani. La sua descrizione di Asbury negli anni ’70 è ovviamente romanticizzata: “Nessuno voleva camminare per il lungomare,” ha raccontato il batterista della E Street Vini “Mad Dog” Lopez. “Ci camminavano i topi!”

14. “Nebraska” da “Nebraska” (1982) 

Nebraska parla dell’isolamento americano: cosa succede alla gente quando è alienata dagli amici e dalla comunità e dal governo e dal lavoro,” dice Springsteen di questo album acustico. Nella title track canta in un appartamento, con una voce senza emozioni, mentre cerca di entrare nella mente del serial killer degli anni ’50 Charles Starkweather, che insieme alla sua ragazza ha ucciso 11 persone in Wyoming e Nebraska. La canzone è stata ispirata dal film La rabbia giovane di Terrence Malick. La versione acustica con chitarra e armonica si sposa meglio con il testo così fortemente descrittivo. “Volevo scrivere in modo più ridotto rispetto al solito,” ha spiegato Springsteen.

13. “Jungleland” da “Born to Run” (1975) 

Springsteen una volta ha descritto la canzone finale dell’album Born to Run come un “campo di battaglia spirituale.” Si riferiva alla narrazione, ma poteva benissimo anche parlare del processo creativo. La registrazione è iniziata a metà del 1974 insieme a quella di “Born to Run”, ma c’è stato un blocco, così Springsteen ha voluto cambiare studio. L’intro spagnoleggiante è stata tagliata, molti take sono stati eliminati, e in una sessione ossessivo-compulsiva da 16 ore, Springsteen ha fatto ripetere a Clarence Clemons tutte le note del suo sax finché non erano perfette. “Tutto quello che potevamo fare era tenere duro, fumare un sacco di erba e restare calmi,” ha detto Clemons di quella sessione. Il risultato sono 9 minuti epici, il racconto di un amore criminale finito male, che si apre con il violino di Suki Lahav e il pianoforte jazz di Roy Bittan, creando una piccola rock opera che porta al magnifico assolo finale di Clemons, che in realtà è un taglia e incolla fatto da Bruce delle varie registrazioni. Ne è valsa la pena, dice Clemons, che considera il collage il punto più alto della collaborazione tra lui e Springsteen. “Per me,” dice il sassofonista nel suo memoir, “quell’assolo ha il suono dell’amore.”

12. “The Ghost of Tom Joad” da “The Ghost of Tom Joad” (1995) 

Dopo tre album molto personali – Tunnel of Love, Human Touch e Lucky Town – Springsteen ha scritto “Streets of Philadelphia”, che gli ha ricordato che le sue migliori canzoni vanno oltre la sua esperienza personale e, come la mette giù lui, “hanno una specie di tema sociale.” “Dovevo ritrovare quella parte di me,” dice Springsteen, fan dell’adattamento cinematografico di Furore girato da John Ford. “È da lì che è nata la canzone ‘Tom Joad’. Mi interessava ritornare a quelle cose e riconnettermi con quella parte di me che ne scriveva.” Mentre scriveva “Joad” pensava anche all’assalto dei repubblicani agli ammortizzatori sociali: ha dedicato una versione live alla “mafia di Gingrich”. Il suo intento originale era fare una canzone rock, ma ne è uscito un sommesso pezzo acustico. Due anni dopo, i Rage Against the Machine l’hanno radicalmente trasformato in una hit rock – e Springsteen ha fatto la versione live definitiva con Tom Morello.

11. “Rosalita (Come Out Tonight)” da “The Wild, the Innocent & the E Street Shuffle” (1973) 

Il primo inno di Springsteen è stato scritto con lo scopo di far esplodere il pubblico ai concerti – e ha funzionato. La cadenza e la melodia della canzone riprendono lo stile soul-folk di Van Morrison. “Rosalita” è stata scritta all’inizio del 1973 e racconta una storia vera: “Dili che questa è la sua ultima possibilità / Per avere sua figlia in una bella storia d’amore / Perché la casa discografica, Rosie, mi ha appena dato un grosso anticipo.” Springsteen ha raccontato, “Quello che scrivo è quello che vivo… È tutto vero. Anche i nomi.” (Si dice che la sua ex-fidanzata Diane Lozito abbia ispirato la canzone, ma Springsteen non ha mai dato indicazioni sulla vera identità di Rosie). Il dilemma romantico della canzone – il papà di Rosie l’ha chiusa in casa – è presentato con un’urgenza orgogliosa, a parte per un verso che poi Springsteen apostroferà come “una delle frasi più utili che io abbia mai scritto”: “Someday we’ll look back on this and it will all seem funny.” [“Un giorno guarderemo tutto questo e ci sembrerà divertente.”]

10. “The Promised Land” da “Darkness on the Edge of Town” (1978) 

L’immaginario del pezzo è chiaramente non-Jersey – i tornado, il deserto dello Utah – ed è ispirato a un viaggio di Springsteen fatto mentre lavorava a Darkness on the Edge of Town. Bruce decide di spogliare la grandezza del suono di Born To Run: “Mi ricordo che mi ha detto chiaramente di voler ridurre quel sound così magnifico,” ha detto il producer Jon Landau. Il piano di Bittan e il beat di Weinberg calzano perfettamente con il testo che parla di isolamento e frustrazione in equilibrio con un desiderio di indipendenza in una comunità più grande. “È l’inizio del nostro rock folk,” dice Sprinsteen di questo pezzo. “Ha una struttura folk – non cercavo di essere melodico, perché quello avrebbe fatto pensare subito al pop. Cercavo di creare un mix, una specie di rock-folk che tornasse al suono di Woody Guthrie e il country passando per gli Animals.”

9. “Born in the U.S.A.” da “Born in the U.S.A.” (1984) 

Sia “Born in the U.S.A.” che la sua B-side, il lamento quieto di un veterano in “Shut Out the Light,” partono da una terza canzone, mai finita, “Vietnam”. Springsteen ha preso la frase “Born in the U.S.A.” da una sceneggiatura di Paul Schrader che aveva ricevuto, aveva registrato una versione acustica di “Born in the U.S.A.” nella stessa demo session da cui era venuto fuori Nebrasca, ma la canzone non sembrava niente di ché in quel formato. Springsteen ci ha rilavorato sopra con la E Street Band, e ha immediatamente preso vita: “Non l’avevo mai insegnata alla band. Sono entrato durante la sessione e ho detto ‘Roy, senti questo riff.’ L’ha rifatto col sintetizzatore. L’abbiamo suonato un paio di volte e la seconda registrazione è sul disco. Per me, [Max Weinberg] ha tirato fuori il meglio per quella canzone. Non c’era un arrangiamento. Ho detto: ‘Quando mi fermo, fate andare avanti la batteria.’ Quella cosa sul finale è capitata per caso.”

8. “Darkness on the Edge of Town” da “Darkness on the Edge of Town” (1978) 

Il narratore del brano che chiude Edge of Town ha perso sua moglie, i suoi soldi e la speranza in una vita migliore, ma resta sprezzante: “Stanotte sarò su quella collina perché non mi posso fermare,” ringhia Bruce sull’arrangiamento della E Street Band. Springsteen descrive l’eroe della canzone come un uomo che “ha raggiunto un punto in cui si deve spogliare di tutto per rimettere insieme i pezzi.” Steve Van Zandt ha detto che questo sentimento è in tutto l’album. “Sembra eroico, a volte lo è davvero, ma in realtà è un’ossessione,” dice. “Questa canzone rappresenta in pieno questo, tipo ‘queste sono le storie, non è detto che ci sarà un finale felice.’ C’è ancora qualcosa di cinematografico, ma ora abbiamo zoommato. È più un film indipendente.”

7. “Atlantic City” da “Nebraska” (1982) 

Nebraska è l’album con cui ho scoperto Bruce. Quando senti il pezzo “Nebraska”, le prime note, sei subito dentro il suo mondo.
Il nostro album del 2004, Funeral, non era un album che volevi mettere su in qualsiasi momento della giornata. Ci voleva una certa attenzione per sentirlo. In un certo senso è come Born to Run. Invece Nebraska può essere lasciato come sottofondo, e ti coinvolge subito. Non richiede un’attenzione completa. Non c’è una band che ti sbatte in faccia il suo sound. Si insinua dentro di te.
“Atlantic City” mi ha coinvolto subito. L’aspetto pop sta nello storytelling. Ti trovi a canticchiarla tutte le volte. Quello è il punto di connessione. E ci sono molti dettagli, non come nelle canzoni pop: “Mettiti le calze, baby, perché stanotte farà freddo.”
Ci sono alcuni limiti nel rock & roll, nel suono che puoi fare. Ma ci sono infinite storie. Questo album è sullo storytelling e sull’usare la musica per innalzare una storia.

Win Butler degli Arcade Fire

6. “Backstreets” da “Born to Run” (1975) 

Nella recensione di Born to run, Greil Marcus ha scritto che il piano nell’intro di “Backstreets” di Roy Bittan è così potente “che potrebbe essere il preludio di una versione rock dell’Iliade.” Il pezzo ha avuto un sacco di interpretazioni: potrebbe essere su Springsteen e la sua ex-ragazza Diane Lozito, o su un’amicizia con un uomo finita male (alcuni ci sentono dei sottotoni omoerotici). Ci sono immagini tragiche e musiche trionfali che fanno eco al Bob Dylan di metà anni ’60. Ha un forte significato personale; l’ha suonata spesso nel 2007, dopo che il suo assistente Terry Magovern è morto, e ha aperto il primo show della E Street Band dopo la morte nel 2008 di Danny Federici. “Metti su ‘Backstreets’ e tutti alzeranno i bicchieri e canteranno insieme,” dice Bethany Cosentino delle Best Coast.

5. “The River” da “The River” (1980) 

Molti dei personaggi tragici di Springsteen non sono reali. Ma la coppia di “The River” era ispirata alla sua vita reale. Ginny, la sorella di Bruce, è rimasta incinta a 18 anni e si è sposata subito con il padre del bambino, Mickey Shave, che ha iniziato a lavorare nell’edilizia per mantenere la famiglia. “Hanno fatto molta fatica a fine anni ’70, come molte persone faticano anche oggi,” racconta Springsteen dopo aver suonato tutto The River nel 2009. È il lamento della classe media più commovente che abbia mai scritto, una lenta ballata con un’armonica dolorante che assomiglia sempre più a una marcia funebre. La prima esibizione della E Street con questo album è stata nel 1979. La sorella di Bruce era nel pubblico, e non sapeva niente di questa canzone. “Era tutto vero,” ha detto Ginny al biografo di Bruce, Peter Ames Carlin. “Eccomi lì, esposta a tutti. Non mi piaceva all’inizio – ma ora è la mia canzone preferita.” Ginny e Mickey sono ancora felicemente sposati.

4. “Racing in the Street” da “Darkness on the Edge of Town” (1978) 

Il lato A di Darkness on the Edge of Town finisce con il pezzo più tranquillamente devastante di Springsteen. È stata registrata anche in una versione con la rock band al completo, ma la versione dell’album è una ballata al pianoforte, cantata dalla prospettiva di un perdente di una cittadina con un’auto truccata e una ragazza con un occhio pigro. Parlando del pezzo durante un’esibizione del 1978, Springsteen ha detto di essersi ispirato da una strada fuori Asbury Park. Il ritornello ricorda quello del classico Motown “Dancing in the street”. Ma quando parte il finale solenne, sai che la storia non finirà bene. “Stanotte io e la mia piccola andremo al mare / e laveremo questi peccati dalle nostre mani.” Dice Tony Morello, “Il significato sta sia nelle parti cantate che in quelle dove non canta. Si sente la sensazione di impotenza mentre i due guidano verso un futuro incerto.”

3. “Thunder Road” da “Born to Run” (1975) 

Springsteen era sicuro di aprire Born to Run con la sua title track – finché non ha scritto “Thunder Road”. “Era l’opzione più ovvia, visto l’intro,” ha detto. “C’è qualcosa nella melodia di ‘Thunder Road’ che fa pensare a un nuovo giorno, alla mattina, qualcosa che sta iniziando.” Ha scritto “Thunder Road” al suo piano in salotto; poi, il tastierista Roy Bittan ha estrapolato le parti di Springsteen. Ha raccontato Bruce: “L’attacco di Roy e quello che gli ho mostrato hanno creato un suono unico, e ala fine, se la gente la sente oggi, pensa subito, ‘Questa è la E Street Band.'” Riguardo al testo, Bruce racconta che è stata scritta dopo la guerra in Vietnam, “C’è un senso di incertezza per il futuro e chi siamo, dove stiamo andando, dove tutto il Paese sta andando, e l’ho voluto mettere nell’album.”

2. “Badlands” da “Darkness on the Edge of Town” (1978) 

“Mi sono venuti in mente dei titoli, e poi ho cercato di scrivere canzoni che stessero bene con quei titoli,” ha spiegato Springsteen riguardo alla scrittura di Darkness. “‘Badlands’ è un bellissimo titolo, ma era facile sprecarlo. Ma ho continuato a scrivere e scrivere finché non è arrivata la canzone che meritava un titolo del genere.” Ha preso la ferocia dei pezzi punk che ascoltava all’epoca e ha scritto un pezzo che calza a pennello con la descrizione di inno rock fatta da Pete Townshend: “pregare sul palco”. “Springsteen canta le parti alte mentre la sua altra voce, quella a pieni polmoni, continua sotto,” spiega Jackson Browne. “È bella ed elettrizzante. C’è una certa economia del linguaggio. Sta costruendo un lessico di riferimento.”

1. “Born to Run” da “Born to Run” (1975) 

Quando il ventiquatrenne Springsteen ha iniziato a scrivere “Born to Run” aveva un titolo, un riff di chitarra surf ispirato da “Because They’re Young” di Duane Eddy e “Telstar” dei Tornados, e alcune speranze disperate e stravaganti. “Avevo un’ambizione fortissima,” ha raccontato Springsteen, che al tempo era un artista di culto a rischio di perdere il suo contratto. “Volevo fare il disco rock più grande mai fatto. Volevo che suonasse enorme, che ti prendesse per la gola e che risvegliasse la tua attenzione – non solo verso la musica, ma verso la vita.” Sprinsteen ha iniziato a lavorare su quel pezzo un giorno del 1974, seduto sul letto di un cottage in affitto vicino alla spiaggia di Long Branch, New Jersey, e il disco ha preso forma in un piccolo studio di Hudson Valley, in sei mesi di sovraincisioni, molte mai usate: tante chitarre acustiche ed elettriche, piani acustico ed elettrico, organo, xilofono, violini, synth e cori.

“L’abbiamo suonata in molti modi,” ha detto l’ex batterista della E Street Band Ernest “Boom” Carte, che ha lasciato la band poco dopo aver finito la canzone. “A furia di stare in studio sono diventato un ottimo giocatore di biliardo e freccette.” Springsteen raggiunge l’obiettivo, realizzando il capolavoro che segna la sua carriera per sempre. A 64 anni, mette ancora passione e significato in quel pezzo ogni volta che suona quel pezzo dal vivo.

“È stato un disco fortemente voluto,” ha raccontato, “e quel desiderio non ti lascia. Ti lascia quando sei morto. La canzone trascende la tua età e continua a parlare a quelle parti di te che sono insieme esaltate e spaventate da ciò che ci riserva il domani. Lo farà sempre – è stata costruita per questo.”

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