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Un 11 da sogno per ‘The Place’

Dopo il boom con 'Perfetti Sconosciuti', Paolo Genovese è tornato con un nuovo film corale, che ci mette davanti alla domanda delle domande: cosa saremmo disposti a fare per ottenere quello che vogliamo?

Paolo Genovese e Valerio Mastandrea sul set del film 'The Place', prodotto da Medusa Film e Marco Belardi per Lotus Production, una società di Leone Film Group. Foto di Maria Marin

Paolo Genovese e Valerio Mastandrea sul set del film 'The Place', prodotto da Medusa Film e Marco Belardi per Lotus Production, una società di Leone Film Group. Foto di Maria Marin

Pensate a The Place come a un match calcistico giocato da una squadra di campioni. Dove Paolo Genovese è l’allenatore e Valerio Mastandrea il portiere. La metafora è del secondo, naturalmente, romanista fino all’osso. Non a caso gli attori sono 11, e appartengono al meglio del nostro cinema: oltre a Mastandrea, ci sono Marco Giallini, Alba Rohrwacher, Vittoria Puccini, Rocco Papaleo, Silvio Muccino, Silvia D’Amico, Vinicio Mar- chioni, Alessandro Borghi, Sabrina Ferilli e Giulia Lazzarini.

«Ognuno giocava a modo suo ma si faceva la stessa partita, è come se mi fossi prestato a stili differenti», spiega Mastandrea. «Un esercizio di recitazione enorme che non avevo mai sperimentato prima». Genovese non ama le metafore calcistiche ma spiega che «è un film particolare, in cui condivido il ruolo di regista con gli interpreti perché sono loro che fanno immaginare le scene, l’atmosfera».

Mastandrea interpreta un uomo misterioso che siede sempre allo stesso tavolino di un locale, pronto a esaudire i desideri dei suoi visitatori. Ma tutto ha un prezzo: «È un personaggio indefinibile, Dio, diavolo o coscienza? Sono uno che ascolta i problemi degli altri e li responsabilizza, ben più di uno psicoterapeuta». E non aspettatevi un cinico: «Non lo sono più neanche nella vita, ho capito che è un’arma che non serve. Con il sarcasmo invece ci nasci».

Il suo è un Faust moderno che «aveva bisogno di un’interpretazione minimalista, in gergo diciamo “a togliere”. E Valerio recita con poco, senza sovrastrutture», racconta Genovese. Se il regista infatti ha rischiato ispirandosi ad una serie tv americana, The Booth at The End («Non mi piace vincere facile»), ha preferito andare sul sicuro con il cast: «È un film di recitazione e ho scelto attori che mi potessero restituire l’intensità dei personaggi».

«Proprio come in Perfetti Sconosciuti, c’è un’idea estremamente forte intorno alla quale si sviluppa tutto», afferma Mastandrea. «Cosa saresti disposto a fare per ottenere ciò che vuoi?». Con il successo all’estero, infatti, Genovese ha capito che una pellicola non è internazionale quando ha attori stranieri o perché è girata chissà dove: «Semplicemente è il contenuto della storia a renderla universale. The Place è un luogo qualunque, un posto assoluto».

Dopo il riconoscimento mondiale di Perfetti, le aspettative ovviamente sono alte: «La mia di aspettativa è che la fiamma continui a bruciarmi dentro», confessa Mastandrea. «Questo lavoro se lo fai senza fuoco sacro è uno dei peggiori, perché ci vuole anima». Ma c’è anche un altro fuoco acceso: Mastandrea infatti sta lavorando alla sua opera prima, Ride. «Quello della regia per adesso è un fornello elettrico. Appena ci arriva il gas ve lo faccio sapere».