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Perché Tim Burton è Tim Burton

Il genio goth e visionario del cinema contemporaneo sta per tornare nelle sale con il live-action di 'Dumbo'. Ecco i cinque motivi per cui il suo cinema è inconfondibile

Perché Tim Burton è Tim Burton

Tim Burton. Foto The Weinstein Company INC. / IPA

«La follia di una persona è la realtà di qualcun altro»
«I film sono come una terapia molto costosa per me»
«Ogni giorno è Halloween. Per alcuni di noi…»
«La gente tende a ignorare quello che è strano e inusuale: io stesso sono strano e inusuale».

Forse basterebbero queste quattro citazioni a presentare Tim Burton. Il genio goth e visionario del cinema contemporaneo sta per tornare nelle sale con il live-action di ‘Dumbo’, che probabilmente rovinerà la vostra infanzia. Alcuni dei suoi film sono diventati dei veri e propri cult: dai Batman più cartoonish della storia a Edward Mani di Forbice fino a Beetlejuice e Nigthmare before Christmas, che non ha girato ma ideato e prodotto, chi altro poteva inventarsi una favola grottesca sul paese di Halloween? Ecco i cinque motivi per cui il cinema di Tim Burton è inconfondibile.

Goth a più non posso

Lo stile visivo di Burton è unico: quasi tutti i suoi film si ispirano all’immaginario gotico. Non solo: Tim enfatizza questo mood, facendo della reinterpretazione esagerata e in chiave cartoon del goth il suo personalissimo marchio di fabbrica, dai personaggi alle scenografie. Basti pensare al look di Edward Mani di Forbice, che sembra uscito da una band goth punk, e al vecchio maniero dove vive. E lo stesso discorso vale per Beetlejuice. Per non parlare di Sweeney Todd, delle strade di Gotham City e del design della Bat-mobile. Burton utilizza anche la CGI per esagerare le proporzioni e accentuare questo stile: la Regina Rossa di Alice in Wonderland vi dice qualcosa?

Se non sono emarginati non li vogliamo

«Vado a Hollywood solo per lavorare, non vivo più a Los Angeles; la mondanità non mi piace, mi sento vicino ai miei personaggi, poco integrati e in conflitto con la società: anch’io tendo a interiorizzare tutto, sono chiuso, solitario e arrabbiato». Burton ha costruito la sua carriera di regista raccontando character che sono emarginati dalla società, quasi sempre stravaganti e bizzarri e, per questo, incompresi. Da Edward Mani di Forbice a Batman, dall’Edward Bloom di Big Fish, all’eccentrico Willy Wonka de La Fabbrica di Cioccolato, dal Cappellaio Matto a Ed Wood. E sì, sono stati quasi tutti interpretati da Johnny Depp, ma questo ci porta al prossimo punto…

Johnny Depp e Helena Bonham Carter forever

Se state guardando un film con Johnny Depp e Helena Bonham Carter ci sono buonissime probabilità che si tratti di una pellicola di Tim Burton. I due sono in assoluto gli attori preferiti dal regista: il primo è apparso in ben 8 dei suoi film su 18, una vera a propria bromance da Edward Mani di Forbice a Ed Wood fino a Dark Shadows, mentre la seconda (che è stata la compagna del cineasta fino a qualche mese fa) in 7 pellicole. Gli altri “favoriti” di Burton non reggono il confronto: Winona Ryder, Danny DeVito (il mitico Pinguino!) e Michael Keaton (Batman ma anche Beetlejuice) sono a quota tre ruoli. Ma c’è un altro collaboratore ricorrente di Burton che non ha davvero rivali: è Danny Elfman, che ha scritto la colonna sonora di tutti i film di Tim tranne Ed Wood.

Flashback è bello

Quale modo migliore di raccontare i dolori dei propri personaggi se non attraverso un bel flashback? Esiste una tecnica più adatta per aiutare lo spettatore a capire perché i protagonisti sono diventati tanto strani? Per Tim Burton no. Big Fish è praticamente un susseguirsi di storie fantastiche e assurde raccontate da Edward Bloom una dietro l’altra. Ma gli esempi sono tanti: La sposa cadavere che canta della sua terribile morte, il motivo per cui Willy Wonka decide di fare il produttore di dolci e quello per cui Batman diventa Batman (la morte dei suoi genitori), ma anche ciò che è accaduto alla famiglia di Sweeney Todd, il diabolico barbiere di Fleet Street.

Streghe, eroine punk e bionde ingenue

Come succede per ogni grande cineasta che si rispetti (e forse nel suo caso anche un po’ di più) ci sono degli archetipi che, pur nella diversità della storia e in forme differenti, tornano spesso nella filmografia di Burton. Qualche esempio? La strega, in senso letterale oppure figurato: Burton adora inserire nei suoi lavori un’antagonista femminile che smuova un po’ le cose. Come l’Angelique Bouchard interpretata da Eva Green in Dark Shadows o la Lady Van Tassel di Sleepy Follow, la Regina Rossa oppure la Catwoman (Michelle Pfeiffer) di Batman Returns. Un altro carattere in rosa ricorrente è quello della ragazza ribelle con un tocco un po’ punk, almeno nello spirito, tipo Alice o Lydia Deetz, il personaggio di Winona Ryder in Beetlejuice, ma anche Ari de Il Pianeta delle Scimmie (e ci mettiamo pure Sally di Nightmare before Christmas). Un’altra delle ossessioni del regista è il character della bionda ingenua, che quasi sempre è l’interesse amoroso del protagonista: Burton ha persino trasformato il look di Christina Ricci e quello di Winona Ryder e reso platinata Anne Hathaway per interpretare la Regina Bianca.

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