Millie Bobby Brown e la sessualizzazione dei bambini a Hollywood | Rolling Stone Italia
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Millie Bobby Brown e la sessualizzazione dei bambini a Hollywood

Lo star system americano ha un problema con le Lolite. Ed è sempre più evidente

Millie Bobby Brown è nata nel 2004. È protagonista di "Stranger Things", nel ruolo di Undici (Eleven)

Millie Bobby Brown è nata nel 2004. È protagonista di "Stranger Things", nel ruolo di Undici (Eleven)

Lo scorso 31 ottobre, ospite di Jimmy Fallon al Tonight’s Show, a Mille Bobby Brown – stella indiscussa della serie tv Netflix Stranger Things – è stato chiesto cosa ne pensasse dei numerosi costumi di Halloween da Eleven (o Undici, il suo personaggio nella serie) che i fan, spesso adulti, stavano indossando in quelle ore. MBB ha risposto con molta franchezza: «provo a non pensarci molto, in realtà, perché se ci penso mi terrorizza un po’ vedere persone adulte vestite come me, capisci?». Nelle parole della Brown non c’era nessun riferimento esplicito, ma a tanti è subito tornato in mente l’Upside Down Honey Costume in vendita su di un popolare store di costumi, e che offriva una versione parecchio sexy di Eleven, con tanto di gonna corta, calze sopra al ginocchio e parrucca bionda. Ci sono state parecchie reazioni online, specialmente su Twitter, e tutte tendevano a sottolineare come il personaggio in questione avesse in teoria solo 13 anni, e quindi il costume fosse, quantomeno, fuori luogo.

L’uscita di Stranger Things 2 in realtà, oltre che dall’hype, è stata accompagnata da uno strascico di polemiche che vedono coinvolte proprio Millie Bobby Brown. Diversi giornali hanno titolato riferendosi alla Brown come molto “cresciuta” sottolineando come l’aspetto della ragazzina lasciasse in realtà immaginare una età molto diversa. Una scelta stilistica in controtendenza con quella dello scorso maggio, quando agli MTV Movie and TV Awards MBB si era presentata con un vestito molto semplice finendo nella lista delle “peggio vestite” di Insider e scatenando la rabbia dei lettori che avevano commentato “ha solo 13 anni, cosa dovrebbe indossare? Minigonne e tacchi a spillo?”. Appunto.

Su Yahoo Style, Leah Prinzivalli ha parlato della problematica della “sessualizzazione dei bambini”, interpellando la dottoressa Barbara Greenberg: «il modo in cui si parla dei red carpet probabilmente non cambierà mai, e questo perché siamo ossessionati da quello che indossiamo e dal fashion. Aiuterebbe certamente provare a modificare il linguaggio, dire di una tredicenne che sembra carina (il termine usato da Greenberg è “fancy”) piuttosto che cresciuta». Ma cos’è la sessualizzazione e quali sono i suoi tratti principali e maggiori minacce? Ne abbiamo parlato con la Professoressa Chiara Simonelli, docente di Psicologia dello Sviluppo Sessuale alla Sapienza di Roma e columnist dell’Espresso: «si parla di sessualizzazione quando, con certi atteggiamenti, modi di fare, cura dell’aspetto esteriore si spinge un ragazzino o una ragazzina – ma è un fenomeno che riguarda soprattutto le femmine – ad assumere delle movenze della donna adulta e aggiungo provocante. Calcando la mano sulla capacità seduttiva di atteggiamenti provocanti».

Nell’ultimo anno Millie Bobby Brown è stata protagonista praticamente di tutto. Ha rappato (più di una volta) con Jimmy Fallon, star della campagna di Clavin Klein, ed è comparsa sulle copertine dei principali magazine pop, da Dazed a Interview a L’Officiel. Proprio di queste copertine – così come nella raccolta di outfit fatta da Hollywood Reporter – si è spesso evidenziata la tendenza a enfatizzare l’aspetto della Brown, o a fotografarla in pose e modi che non la facessero apparire esattamente come la vostra vicina di casa tredicenne. La stessa Brown, durante una recente intervista con Variety ha ammesso di aver ricevuto richieste da numerosi magazine a “scoprirsi un po’” o a indossare un crop top durante uno shooting: «gli ho sempre detto no, non ancora. Lo farò quando avrò 18 anni». Non sembra però che la stessa attenzione della Brown sia rispettata dai media con cui si ritrova a collaborare: il femminile spagnolo mujerhoy le ha dedicato la copertina del suo ultimo numero, e non è passato molto tempo prima che su Twitter facessero notare che “la Brown non è una donna (mujer) è una bambina”. Ad alimentare la diatriba c’ha pensato poi W Magazine, che ha inserito MBB nella lista delle 13 donne più sexy della tv americana. Secondo la Prof. Simonelli, la spinta alla sessualizzazione viene soprattutto dall’esterno infatti: «Le ragazzine intorno alla pubertà studiano che tipo di donna vogliono diventare, soprattutto facendo riferimento ai modelli ideali che vengono veicolati, modelli che hanno un target e un punto di riferimento molto preciso, studiato ovviamente da chi li produce. La nostra è una società che spinge in maniera decisa e perversa in questa direzione, ovvero alla sessualizzazione della bambina, e molte ci entrano completamente. Senza fare i moralisti: c’è bisogno indicare in questo atteggiamento una perversione, perché lo è, utilizzata a fini commerciali, perché tutto oramai è merce».

La nostra è una società che spinge in maniera decisa e perversa verso la sessualizzazione della bambina

Quanto successo alla Brown ha subito riportato alla mente le campagne pubblicitarie delle sorelle Fanning, e in particolare il video girato (e poi ritirato) dall’allora 14enne Elle per il lancio del profumo di Lolita Lempicka, che vede la giovane Elle muoversi in atteggiamenti altamente sessualizzanti. Chiedo alla Simonelli se la modernità, e un certo tipo di precocità abbia modificato la nostra percezione di sessualizzazione: «Se prima c’era un bigottismo e una ipocrisia imperante attorno al sesso, con la rivoluzione sessuale si era sperato in una situazione sociale condivisa molto diversa riguardo la sessualità, più libera, meno ipocrita ma anche più espressiva. E non strumentale, che diventa la parola chiave». Pochi giorni fa The Daily Beast e Teen Vogue hanno fatto riferimento a quanto raccontato da Sadie Sink (Max, il nuovo personaggio di Stranger Things 2) in una delle puntate di Oltre Stranger Things. La Sink infatti, con fare quasi seccato, ha rivelato che (attenzione spoiler) la scena finale del bacio con Lucas non era in realtà in script, e di essere stati quasi forzata a farla.

Quello della sessualizzazione dei bambini, o ragazzini, ad Hollywood e dintorni d’altronde è uno dei temi più spinosi, già prima del terremoto scatenato dal caso Weinstein e delle accuse di Anthony Rapp a Kevin Spacey. In una intervista al Sunday Times dello scorso agosto, Maise Williams – l’attrice che interpreta Arya Stark nel Trono di Spade – ha aspramente criticato l’industria televisiva e cinematografica (e tutto quello che gli gira intorno) per la sessualizzazione delle giovani donne: «È dura per giovani attrici che si sentono ancora delle mezze teenagers ma sono costrette a recitare ruoli molto più maturi, perché sai, una giovane donna sexy vende meglio, a Hollywood». Ma il fenomeno non coinvolge solo le giovani attrici, ma pure i giovani attori. Qualche anno fa era toccato a Elijah Wood e Corey Feldman parlare implicitamente di pedofilia ad Hollywood, definendolo come il “problema numero 1” di Hollywood. Non che la pedofilia e la sessualizzazione siano la stessa cosa, certo, ma sono comunque due cartelli che si trovano sulla stessa, pericolosa, strada. Anche la Simonelli concorda: «Sì, sono due cose diverse, anche perché la pedofilia riguarda, per l’appunto, i bambini non ancora sessualizzati, quindi in età pre-pubertà. In realtà si fa spesso riferimento ad una altra categoria, che non si ritrova nei manuali, che è l’efebofilia, ovvero la preferenza sessuale verso i ragazzini già puberi. Ed è anche la situazione che più ritorna nelle varie dinamiche legate a sesso e potere». Ad un livello di analisi non troppo approfondito, però, i due aspetti si possono confondere e può capitare così che ci si ritrovi in spiacevoli situazioni.

Come quella in cui si è ritrovata Ali Michael, 27enne modella americana. La Michael aveva postato sul suo account Instagram una foto di Finn Wolfhard, Mike di Stranger Things e Richie in IT, aggiungendo “non vorrei sembrare strana, ma chiamami tra 4 anni” (Wolfhard ha 14 anni, e tra 4 ne avrà quindi 18). Su di lei si sono scatenate le accuse dei fan dell’ attore, che hanno portato la Michael a scusarsi pubblicamente sulle pagine di Teen Vogue, e a mettere in evidenza che non c’era nessuna intenzione di sessualizzazione di un minore. Su Wolfhard sembra esserci da tempo in atto da qualche tempo una sorta di corsa alla sua sessualizzazione. Buzzfeed News ha provato a raccogliere tutti i pensieri dei fan di Wolfhard, che subito dopo l’uscita di IT hanno coniato il termine Fack (crasi dei nomi Finn Wolfhard e Jack Grazer l’attore che interpreta l’ipocondriaco Eddie), sottintendendo l’orientamento sessuale dei due. La cosa ha, chiaramente, disturbato Grazer al punto da dover chiarire che “se prendete tutto questo sul serio davvero non so che dirvi, è ovviamente tutto un gioco e dovete smetterla di dire che sono gay e che ho una cotta per Finn”. È bene sottolineare che i casi a cui anche Buzzfeed fa riferimento non sono quelli di chi ritiene “cuties” i ragazzini di Stranger Things, ma ad un processo diverso. Un processo che, secondo uno studio pubblicato nel 2010 dal Parents Television Council, ha una diretta correlazione con gli episodi di violenza o di disagio post-adolescenziale. Tra gli effetti più frequenti, secondo la Simonelli, c’è una concezione ambigua del sesso: «il sesso comincia a venire inteso solo in maniera strumentale e si valorizza la manipolazione e non lo scambio sessuale e della propria identità sessuale. Possono seguire depressione e perdita di identità».

Il caso più famoso, tra le lolita della tv americana, è certamente quello di Brooke Shields. Spinta dalla madre Teri, Brooke posò nuda a 10 anni e interpretò il ruolo di una baby prostituta in Pretty Baby solo due anni più tardi. A questo si aggiunsero gli scatti nelle pubblicità di Calvin Klein e una immagine “provocante” che la Shield faticò a togliersi da dosso (e a cui contribuì in un certo senso anche un giovanissimo Michael Jackson, che da Oprah disse che i due si stavano “frequentando”, quando avevano poco più di 10 anni). Come ricorda il Daily Mail, le conseguenze di quella infanzia per la Shields si estrinsecarono in un rapporto poco limpido con il sesso e con la perdita della verginità avvenuta a 22 anni, «avevo paura del sesso, non c’era verso che lo facessi per puro piacere». Gli esempi però sono numerosi: dal celebre discorso di Emma Watson alle Nazioni Unite nel 2014, quando l’ex Hermione disse di essermi cominciata a fare domande sulle supposizioni gender-based già ad otto anni, quando tutti continuavano a chiamarla “bossy”, per poi essersi ritrovata oggetto di sessualizzazione a 14 anni, alle accuse di Ariel Winter – attrice di Modern Family – rivolte alla madre, fino ai casi di Britney Spears e Lindsay Lohan, tutti citati da M. Gigi Durham nel suo libro The Lolita Effect, espressione che deriva dal libro di Vladimir Nabokov, Lolita e che col passare degli anni è finita per diventare epitome della sessualizzazione dei pre-adolescenti, un problema che Hollywood e lo star system non sembrano ancora aver risolto.

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