'First Man', a Venezia Chazelle lancia Ryan Gosling sulla Luna | Rolling Stone Italia
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‘First Man’, a Venezia Chazelle lancia Ryan Gosling sulla Luna

L'attore arriva all'anima di Neil Armstrong, che non è un eroe per aver fatto il passo più celebre della Storia, è un eroe perché è ha avuto la forza di sopravvivere a tutto il processo.

Il cast di "First Man" a Venezia 75. Il cast di "First Man" a Venezia75Foto di Karen Di Paola / ROCKETT.

Il cast di "First Man" a Venezia 75. Il cast di "First Man" a Venezia75Foto di Karen Di Paola / ROCKETT.

Lo space program al cinema è stato spesso raccontato in chiave celebrativa, quasi agiografica. Ma Damien Chazelle, il regista premio Oscar per La La Land, riesce sempre a creare qualcosa di assolutamente originale, che si tratti di ballare il tip tap o di mettere piede dove nessuno prima di allora avrebbe mai potuto immaginare. E First Man non fa eccezione. “L’astronauta è qualcuno che entra volontariamente in un mezzo, lo porta al punto di rottura per riuscire a scoprire qualcosa, sono persone di un’altra categoria, molto speciali” spiega Ryan Gosling, che di Neil Armstrong arriva all’anima, quella umile, di uomo reticente che fatica ad esprimere i proprio sentimenti.

Chazelle lancia il primo uomo sulla Luna sì, ma rende anche molto chiaro che Armstrong non è un eroe per aver fatto quel “piccolo passo per l’uomo, grande passo per l’umanità”. È un eroe perché è ha avuto la forza di sopravvivere a tutto il processo, ai colleghi che sono morti nei test, alla preparazione alla missione, dove se vomitavi un paio di volte a esperimento era una buona giornata, a una perdita devastante in famiglia. First Man è anche un film sulla morte, proiettato verso la rinascita.

“Ho avuto tantissimo aiuto dai figli di Neil, ho parlato con chi lo conosceva dall’infanzia, anche la NASA ci ha aperto le porte, sono andato al museo di Armstrong e poi c’era il libro di James R. Hansen (su cui è basato il film, nda). La sfida vera era raccontare la sua umiltà, la sua reticenza, rispettare quella parte del suo carattere ed esprimere le sue emozioni” dice Gosling.

Chazelle, 31 anni, non era nemmeno nato quando è iniziata la corsa allo spazio: “La mia generazione è cresciuta in un mondo in cui lo spazio era una cosa già acquisita, lo diamo per scontato, siamo cresciuti con immagini molto iconiche, ma più ne leggevo più mi affascinava. Poi volevo anche mostrare una sorta di documentario familiare”.

E ha tirato fuori un film lontano dal biopic, più vicino a un mission movie, che non svicola sulle difficoltà, sulle sfide con cui l’Apollo 11 si è scontrato, e le vive in maniera viscerale: ci porta claustrofobicamente dentro alle capsule, dentro al casco di originale Armstrong, indossato da Gosling. “Sei nello spazio infinito, ma ti trovi dentro una lattina volante, per me è terrificante” afferma Chazelle.

C’è la parte scientifica, ma anche quella fortemente emozionale, di uomo che deve dire ai figli che potrebbe esserci una possibilità che papà non torni e non riesce a farlo, finché la moglie Janet, una bravissima Claire Foy, non lo costringe: “Quello su cui volevo concentrarmi era il suo essere padre, a casa c’era una dinamica da poliziotto buono o cattivo. Gli Armstrong sono stati molto generosi, mai gelosi, ci hanno consegnato la storia”.

Se le soluzioni visive trovate da Chazelle sono sempre uniche, anche la colonna sonora (composta dall’amico Justin Hurwitz, che ha vinto due Oscar per il suo lavoro La La Land) e il lavoro sul suono sono sorprendenti: “Quello che sentite è davvero il respiro di Ryan dentro al casco di Armstrong” racconta il regista.

Fino a che punto Neil è un eroe americano? “Più che una vittoria patriottica, lo sbarco sulla Luna è stato un successo dell’umanità, ma io sono 100% canadese quindi…” ride Gosling “Damien lo è solo per metà, ve lo spiega meglio lui”.

“Armstrong ha spostato l’attenzione da se stesso alle 400 persone che hanno reso possibile la missione, insistendo sul fatto che lui era solo la punta dell’iceberg. Il mondo lo avrà visto come eroe americano, ma in famiglia non lo era per nulla. Abbiamo voluto rendere omaggio a Neil Armstrong, al suo modo di essere”. E (spoiler!) la bandiera a stelle e strisce sul suolo lunare quasi non si vede.