Com'è "20,000 Days on Earth", il documentario su Nick Cave (ma non solo) | Rolling Stone Italia
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Com’è “20,000 Days on Earth”, il documentario su Nick Cave (ma non solo)

È stato premiato al Sundance Festival, è stato presentato al Festival di Torino e dal 2 dicembre sarà al cinema. È un viaggio che non vi potete perdere

Un documentario sulla carriera di Nick Cave? No, 20,000 Days on Earth è tutt’altro. È molto di meno, perché non svela granché del percorso che ha portato il rocker australiano al successo, ma è molto di più, e quel di più ha un valore enorme.

Con il loro film, che Rolling Stone ha visto in anteprima a Berlino, i registi Iain Forsyth e Jane Pollard ci mostrano il lato più privato e intimo della figura di Nick Cave, ma lo fanno non narrando la sua storia come in un biopic classico, bensì seguendo il nostro con la telecamera, mentre si sveglia, va in bagno, si guarda allo specchio, mentre va a pranzo da Warren Ellis (scena cult che non anticipo per non rovinarvi la visione), mentre rovista nel suo ricco archivio di fotografie e filmati («quando morirò lascerò tutto in eredità al Nick Cave Memorial Museum», confida l’ex Birthday Party scherzando sulla propria vanità). E ancora, mentre è in studio con i Bad Seeds, mentre alla guida della sua elegante Jaguar chiacchiera con colleghi e amici come Kylie Minogue e Blixa Bargeld che gli compaiono davanti come visioni, mentre guarda con i figli un film in tv (Scarface!) o ricorda il momento in cui si innamorò della bellissima moglie, l’ex modella Susie Bick.

Il risultato è un intrigante viaggio tra fiction e realtà non tanto, o non solo, nella vita di Cave, quanto nella sua mente. Una psicanalisi per immagini (e non uso questo termine a caso, dato che nel film compare anche un vero psicanalista, Darian Leader) attraverso cui scopriamo ciò che l’autore delle Murder Ballads pensa della musica e del processo creativo che sta dietro alla musica.

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Come nascono le sue canzoni? Che cosa significa per lui salire su un palco? Come la sua quotidianità s’intreccia con la sua arte? Cave risponde a queste domande e parla di metamorfosi, dice che durante i concerti, di fronte al suo pubblico, si trasforma in altro. Di più: spiega anche che gli piace, lo diverte, mettere in soggezione la platea, stregarla dall’alto del suo ruolo di rockstar. Afferma che l’ispirazione non è qualcosa che semplicemente arriva; va alimentata, coltivata. Confessa che la sua paura più grande è perdere la memoria.

Si capisce, dalle sue parole, che nel corso della sua carriera l’istinto, la pancia, il cosiddetto talento naturale, si sono sempre mescolati con la testa, la ragione, la costanza; che dietro al suo lavoro di performer e songwriter si nasconde una lucidità al tempo stesso folle e rigorosa. La stessa lucidità che gli ha permesso di vivere la tossicodipendenza come una parentesi, che lo ha spinto a scrivere pagine e pagine di versi ispirandosi al mare di Brighton, la località inglese dove vive da tempo, e ai cambiamenti meteorologici. La stessa folle e rigorosa lucidità che gli ha consentito di diventare ciò che è oggi.

Se vuoi diventare Nick Cave devi volerlo, non accade per caso. È questo il messaggio di fondo di 20,000 Days on Earth. Premiato all’ultimo Sundance con il World Cinema Documentary Award per la regia e il montaggio, sarà presentato il 27 novembre al Torino Film Festival per poi approdare nelle sale il 2 e 3 dicembre grazie a Nexo Digital. Non perdetevelo, merita.