'Bohemian Rhapsody', il film maledetto dei Queen | Rolling Stone Italia
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‘Bohemian Rhapsody’, il film maledetto dei Queen

Il protagonista Rami Malek e il produttore Graham King raccontano tutte le difficoltà superate per portare la storia di Freddie Mercury sul grande schermo

‘Bohemian Rhapsody’, il film maledetto dei Queen

Quando il teaser trailer di Bohemian Rhapsody, il biopic dei Queen, è stato pubblicato online, tutto il mondo ha finalmente visto per la prima volta l’incredibile trasformazione di Rami Malek (Mr. Robot) in Freddie Mercury. Quello che non hanno visto, invece, è l’odissea che il film aveva vissuto fino a quel momento – tra le altre cose: problemi di casting rivelati al mondo intero, difficoltà nel ridurre la saga della leggendaria band in un film di due ore, la dipartita del regista Bryan Singer a fine produzione. «È stato frustrante», dice il produttore Graham King. «Ma con le buone o con le cattive, ero davvero determinato a fare questo film».

L’epopea è iniziata circa un decennio fa, quando il chitarrista Brian May parlò per la prima volta di un film sui Queen con Sacha Baron Cohen nei panni di Freddie Mercury. La contrattazione con Cohen, però, finì prima ancora di iniziare; nel 2016 la star di Borat raccontò la sua versione dei fatti a Howard Stern, spiegando che secondo un membro della band Mercury sarebbe dovuto morire a metà film. «Gli ho detto: e allora che succede nella seconda parte?», ha raccontato l’attore. «Mi ha risposto: “Beh, vediamo come ha fatto la band a superare quel momento”. Senti, gli ho detto, nessuno vuole vedere un film dove il protagonista muore di AIDS a metà film». May, naturalmente, ha sempre negato questa versione dei fatti.

«Sacha non è mai stato ufficialmente parte del progetto», spiega King. «Non ho mai pensato che un attore bianco potesse interpretare Freddie. E non è mai esistita una sceneggiatura dove muore a metà racconto. Mai. Non ho mai commentato quelle dichiarazioni, ma quella che hai appena ascoltato è la versione ufficiale».

Dopo Cohen si è parlato per un po’ di affidare il ruolo da protagonista a Ben Winchell, ma tutto è cambiato quando King ha ricevuto una telefonata dal co-produttore Denis O’Sullivan: «Ho trovato Freddie». Poco dopo ha inviato al collega un video di Malek mentre fa il suo miglior Mercury. «Ho pensato: Eccolo, è lui!», dice King. «L’avevamo trovato. Non abbiamo mai avuto un ripensamento, da parte nostra sapevamo che nessun altro avrebbe potuto interpretare Freddie Mercury». L’entusiasmo della produzione è stato uno shock per Malek. «Pensavo fosse tutto uno scherzo», dice. «Poi ho parlato con Graham e ho capito che forse era tutto vero. Sono tornato sulla terra. Ero enormemente emozionato… ho capito subito l’importanza di quello che stava succedendo, un peso estremo. Mi sembrava che potesse tutto finire in un battito di ciglia».

Per prepararsi al ruolo Malek si è procurato un’infinità di libri sui Queen, poi documentari e interviste, tutto quello che riusciva a trovare. Poi ha parlato con Brian May e Roger Taylor, «mi hanno detto che Freddie era sempre il paciere», dice. «Non è difficile capire che tra di loro c’era un legame unico, un legame che sopravviverà per sempre attraverso la loro musica. È stato molto bello sentire la storia raccontata da chi l’ha vissuta in prima persona, sono ancora molto affezionati a lui».

Terminato lo studio “storiografico” della band, Malek si è rivolto a un professionista per imparare le iconiche mosse di Freddie, oltre che il suo particolare accento. Poi si è fatto costruire una protesi dentale per somigliargli ancora di più. «Era molto insicuro per i suoi denti», dice Malek. «Se guardate con attenzione le sue interviste noterete quante volte provava a coprirli, con le labbra o le mani».

Il protagonista Rami Malek nei panni di Freddie Mercury

Ma c’è una cosa che non si può imitare, nemmeno con l’aiuto dei migliori. La voce. La maggior parte delle scene “cantate” sono state girate utilizzando i master dei Queen o registrazioni di Marc Martel, un cantante canadese capace di imitare alla perfezione il timbro di Freddie. «Se chiudi gli occhi ti sembra di stare con lui», dice King. «E questa è una cosa davvero difficile».

Nel frattempo la produzione lottava con alcune domande fondamentali. Quanto dobbiamo mostrare della sua vita prima dei Queen? Quanto tempo dobbiamo dedicare alla sua vita privata, alla sua sessualità? Il pubblico dovrebbe vedere Mercury nei suoi ultimi anni, quando l’AIDS stava mangiando il suo corpo? «Eravamo alla ricerca dell’equilibrio giusto», dice King. «Questo è stato un film molto difficile da mettere insieme».

Alla fine hanno deciso di sviluppare la storia a partire dal leggendario Live Aid, il climax del film, ricreato con dettaglio impressionante. Poi la difficilissima incisione di Bohemian Rhapsody, e basta. Il film non va oltre il 1985. «Non ci sembrava necessario raccontare la sua morte», dice King. «Non volevamo un film troppo dark. Volevamo mostrare i segreti dei Queen, come lavoravano insieme e come hanno dato vita a questa incredibile collezione di canzoni».

Freddie Mercury

Poco prima della fine delle riprese il regista Bryan Singer ha abbandonato il progetto. La notizia è arrivata dopo settimane di rumor che raccontavano di un rapporto impossibile con il cast e la troupe. Dexter Fletcher ha chiuso il film al suo posto, ma non apparirà nei crediti. «Pensavo che Freddie mi stesse ostacolando di proposito», dice King. «Certo, è stato difficile superare l’abbandono di Singer, ma è andata così. Sapevamo che avremmo chiuso il film a tutti i costi».

Ci sono riusciti. Malek dice che prima del film non aveva così tanto rispetto per il talento di Mercury. «Ecco un uomo capace di cantare We Are The Champions in un’arena piena di gente, e tutti cantavano con lui», spiega. «La sua abilità di unire la gente al di là delle differenze, era davvero avanti con i tempi. Non c’è nessuno come lui».

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