La verità (che non fa male) su Caterina Caselli | Rolling Stone Italia
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La verità (che non fa male) su Caterina Caselli

Da quando Mina le disse «non fare questo lavoro di merda» ai momenti più bui della sua vita, la cantante e discografica si racconta per la prima volta sul grande schermo. E ci parla soprattutto di un mondo che non c'è più

La verità (che non fa male) su Caterina Caselli

Foto: Stefania M. D'Alessandro/Getty Images for RFF

Tra le (pochissime) citazioni che ricordo a memoria ce n’è una di Caterina Caselli che lessi in un’intervista di qualche anno fa. Diceva: «Spesso il talento è timido». Credo si riferisse al suo primo incontro con uno degli artisti con cui ha lavorato, forse proprio Elisa.

Non so perché questa frase mi avesse colpito così particolarmente: non ho talenti particolari, almeno tra quelli che si possono raccontare in pubblico, e di sicuro non sono timido. Mi aveva però incuriosito che una discografica di successo, che era stata a sua volta una popstar di successo, cercasse la timidezza come segnale da captare quando alla ricerca di nuove voci o penne da firmare. Una sorta di segno distintivo che forse sapeva riconoscere in quanto portatrice lei medesima. Chissà.

Casco d’oro prima dei Daft Punk, la storia di Caterina Caselli arriva al cinema in un documentario, Una vita, cento vite, firmato Renato De Maria, che sarà nelle sale il 13, 14 e il 15 dicembre. Lavoro che è stato presentato alla Festa del cinema di Roma dove l’abbiamo visto in anteprima (qui trovate il trailer).


Cento vite, dicevamo, che partono dalle balere emiliane per arrivare in città, a Roma, alle prime serate al Piper, dove tra i tanti artisti che passavano di là incontra pure Mina, a cui chiede un consiglio su come affrontare la vita da cantante. Risposta: «Non fare questo lavoro di merda». La verità ti fa male, lo so.

Caterina però non segue la raccomandazione. «Ascoltando te mi sembra che tutto il resto sia vecchio», le dicono i discografici che la osservano mentre canta, balla e si muove come nessuna ragazza aveva fatto prima. Arriva Nessuno mi può giudicare, scritta per Celentano che decise di non utilizzarla. Boom. Arriva Perdono, vedi sopra. Ne arrivano tante altre. Seguono anni in cui Caterina è ovunque: Sanremo, televisione, Cantagiro, musicarelli (il primo costò 80 milioni e incassò un miliardo, roba che a leggere le classifiche di oggi vien da cavarsi gli occhi).

Caterina Caselli - Cento giorni


Ma allora mica era come adesso. C’era tempo di costruirsi un repertorio, di crescere. L’industria musicale non era fatta di centesimi di euro corrisposti per qualche click. E al centro del documentario c’è proprio questo: il racconto di un mondo che non c’è più. Il racconto di un mondo in cui le star avevano il tempo di diventare star, di imprimersi nella memoria collettiva. Caterina Caselli passa da essere la ragazza del beat a collaborare con Paolo Conte (che firma Insieme a te non ci sto più insieme a Vito Pallavicini) ma pure con Gaber, Guccini, Battiato. Fino a quando decide di cambiare vita. Sposa Piero Sugar, smette di cantare. Diventa la moglie di un discografico, diventa la moglie del boss. E poi diventa il boss.

Dentro Una vita, cento vite c’è tutto questo, ma c’è anche altro. Nota per essere una che la vita privata la vive davvero in maniera privata, Caterina Caselli apre per la prima volta pubblicamente qualche cassetto doloroso. «Ogni volta in cui mi succedeva qualcosa di bello, arrivava una brutta notizia a riportarmi alla realtà». C’è la morte del padre, per depressione, quando era solo adolescente. Caterina si commuove, lo spettatore pure. Ci sono tanti amici che se ne vanno. Ma, in un modo o nell’altro, la musica mette (quasi) sempre tutto a posto.

E di musica ce n’è tantissima: dai primi esperimenti con la piccola etichetta Ascolto, poi divenuta Insieme, con la quale firmò Area e Mauro Pagani, agli anni più recenti della Sugar. Motta, Malika Ayane, Madame, Negramaro, Raphael Gualazzi e Sangiovanni ieri sera erano lì, a sfilare con lei sul red carpet della Festa. In segno di riconoscenza, sì, ma pure perché le cento vite di Caterina sono pure quelle dei “suoi” artisti.

Sangiovanni, Malika Ayane, Madame, Caterina Caselli, Giuliano Sangiorgi, Francesco Motta e Raphael Gualazzi con Caterina Caselli sul red carpet di Una vita, cento vite. Foto: Elisabetta Villa/Getty Images for RFF

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