"Steve McQueen: The Man & Le Mans" ritratto inedito di un attore leggendario | Rolling Stone Italia
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“Steve McQueen: The Man & Le Mans” ritratto inedito di un attore leggendario

Dopo il debutto a Cannes, il film è stato proiettato in anteprima nazionale al Biografilm Festival di Bologna. Ma uscirà nelle sale italiane il 9-10-11 novembre

Il mito, l’uomo, le corse. Sono questi gli ingredienti di Steve McQueen: The Man & Le Mans, documentario firmato da due giovani cineasti inglesi, Gabriel Clarke e John McKenna, e distribuito in Italia da I Wonder Pictures. Il film, apparentemente incentrato sulla lavorazione de Le 24 Ore di Le Mans, girato nel 1970 da Lee H. Katzin, è in realtà il ritratto appassionato di un uomo all’apice del successo, pronto a mettere in discussione tutto quanto (vita privata inclusa) pur di realizzare il sogno di girare una pellicola sulle corse automobilistiche.

Complice il ritrovamento di oltre 300 ore di girato finora ritenute disperse, e la partecipazione della moglie e del figlio di Steve McQueen, il lungometraggio propone uno spaccato prezioso sul mondo del car racing negli anni Settanta, ma è anche in grado di raccontare aspetti inediti del carattere del leggendario attore. Oltre a mostrare footage inedito, il documentario contiene interviste esclusive a Derek Bell, cinque volte vincitore a Le Mans, e a David Piper, che perse una gamba in un grave incidente durante le riprese.

Dopo il debutto mondiale al Festival di Cannes, Steve McQueen: The Man & Le Mans è stato proiettato in anteprima nazionale il 4 giugno al Biografilm Festival di Bologna, dove abbiamo avuto occasione di intervistare il produttore Andrew Marriott e il regista John McKenna.

Siete appassionati di corse automobilistiche?
Andrew Marriott: Assolutamente sì: sono stato un giornalista sportivo per oltre 50 anni. Pensi che la prima grande gara che mi trovai a seguire fu proprio quella di Le Mans, prima che girassero il film, nel 1965. Per me è un cerchio che si chiude!
John McKenna: Non sono appassionato: non che non mi piacciano le auto, ma non le conosco così a fondo. Credo comunque che sia stato un vantaggio perché mi ha concesso uno sguardo ingenuo e non troppo ossessivo rispetto ai motori.

Quando avete scoperto che esistevano più di 300 ore di girato inedito de La 24 Ore di Le Mans?
AM: Abbiamo cercato per lungo tempo di rintracciare Chad McQueen, il figlio di Steve, e non è stato facile perché lui è una persona davvero molto riservata. Quando finalmente siamo riusciti a parlare con lui ci ha dato un sacco di contatti e ci ha raccontato che aveva cercato più volte il footage di Le Mans senza mai riuscire a rintracciarlo. Il nostro responabile dell’archivio, un vero topo di biblioteca, a quel punto ha fatto l’impossibile ed è riuscito a trovare tutto quanto ad Hollywood con 40 anni di polvere sopra e l’audio completamente sparito. Abbiamo dovuto fare un lavoro enorme per poter utilizzare parte di quel materiale, compreso digitalizzarlo.

Il film è diventato un culto tra gli appassionati di corse automobilistiche. Pensate che possa diventarlo anche il documentario?
JMK: Speriamo che il film piaccia agli appassionati di automobili, ma anche a chi non è amante di quello sport e persino a chi non è un fan sfegatato di Steve McQueen. Quello che ci premeva raccontare era prima di tutto una storia umana e personale. Io stesso, che non sono appassionato di corse, sono rimasto davvero colpito dalla vicenda di un uomo che per realizzare il suo sogno ha perso completamente la strada.

Steve McQueen dichiarò che con La 24 Ore di Le Mans voleva «rompere le barriere del cinema». Pensa che il documentario sia il mezzo ideale per realizzare questo obiettivo?
JMK: Penso che il documentario non riesca esattamente a rompere le barriere del cinema ma quantomeno vada molto più a fondo di un film. Quello che McQueen cercava di fare era rappresentare la realtà delle corse nuda e cruda, senza finzioni né fronzoli, esattamente come accade in un documentario.

Il cronografo TAG Heuer Monaco originale indossato da Steve McQueen nel 1970 nelle riprese del Film ‘Le 24 Ore di Le Mans’

Il cronografo TAG Heuer Monaco originale indossato da Steve McQueen nel 1970 nelle riprese del Film ‘Le 24 Ore di Le Mans’

Pensate che a Steve McQueen sarebbe piaciuto il film?
JMK: Suo figlio Chad mi ha detto «Avete fatto un documentario che a mio padre sarebbe davvero piaciuto» ed è stato un complimento straordinario.
SM: Beh, è piaciuto al figlio, è piaciuto alla moglie, quindi direi che sì, sarebbe piaciuto anche a lui.

Durante la realizzazione del documentario, il pilota David Piper ha scoperto dopo 40 anni che McQueen aveva insistito per fargli avere i proventi del film, senza mai riuscirci. Quindi con il film avete contibuito anche a raccontare il lato umano e generoso di una superstar che tutti pensavano di conoscere.
AM: Avremmo potuto raccontare un McQueen diverso, magari egoista o stupido, ma la verità è che era un uomo semplice e generoso che aveva perso la strada per perseguire il suo sogno e la sua ambizione.
JMK: Quello in cui Piper ha letto le lettere di McQueen è stato un momento incredibile. Io personalmente l’ho amato ancora di più dopo aver girato il film su di lui e spero lo farà anche il pubblico, scoprendo lati del suo carattere che non conosceva.

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