Siamo quello che guardiamo. E Netflix lo sa | Rolling Stone Italia
Interviste

Siamo quello che guardiamo. E Netflix lo sa

Netflix ha prodotto “House of Cards”, “Narcos” e decine di altre somme figate. E le ha messe online. Ora arriva in Italia. Abbiamo incontrato il capo dei contenuti, Ted Sarandos

Ted Sarandos, artwork di Sebastien Sardet

Ted Sarandos, artwork di Sebastien Sardet

Hai cominciato lavorando in un video store, come Tarantino.
Gli anni al video store sono stati la mia scuola di cinema e di business – due in uno. Non ho nemmeno finito il college, per poter lavorare lì. Non c’era nessuno durante il giorno, così mi mettevo a guardare un film dietro l’altro. Credo che mi abbia preparato al mondo meglio di qualsiasi università. Mi ha fatto capire la differenza tra cosa piace a me e cosa piace al mondo. Era una specie di antesignano dell’algortimo “se ti piace questo, allora ti piacerà quello”. E dovevi essere molto bravo a farlo, se volevi lavorare lì. La gente ti chiedeva continuamente consigli.

Come in Clerks: “Hai quel film con quell’attore biondo che ha fatto quell’altro film con quell’attrice bruna?”.
Sì, esatto. Mi mancano quei tempi. La gente era davvero coinvolta, per quanto riguarda i film. E oggi mi sembra che stiamo tornando a quel periodo d’oro.

Cosa pensi dei media italiani?
Credo che il cinema sia da sempre di altissimo livello, mentre la televisione mi pare sia rimasta un po’ indietro, fino a poco tempo fa. Ora avete co-produzioni internazionali. Negli Usa abbiamo distribuito noi Gomorra, la serie, e ora stiamo coproducendo Suburra (il film, ndr). Noi lavoriamo sul crossover tra cinema e tv. Lavoriamo con Fincher, con Luhrmann. Chi sa fare buoni film, fa buone serie. Deve solo lavorare su una tela più grande. Quindi l’Italia è perfetta.

Torniamo al vostro algoritmo. Una volta hai detto che prendete le decisioni basandovi al 70% sui big data, e al 30% sull’intuizione. È una cosa stimolante, e al tempo stesso preoccupante. Da un lato potrebbe dare vita a una spirale claustrofobica in cui lo spettatore viene nutrito di cose sempre più simili tra loro, dall’altro è vero che Netflix spinge in realtà a un ruolo più attivo da parte del pubblico.
Credo che siano due forze che lavorano insieme in modo molto naturale. Ovviamente è una comfort zone quella della visione “suggerita” in base ai gusti, ma è solo la superficie. Nessuno ti impedisce di andare a cercare quello che ti pare.

Credo che Netflix abbia davvero cambiato la storia della pop culture, quando ha cominciato a produrre e non solo a distribuire.
La svolta è stata House of Cards, scritto e pensato per essere guardato in una sola lunga sessione. Così come Arrested Development o Orange Is the New Black. Il modo in cui è cambiata la cultura globale in soli due anni è una cosa assolutamente incredibile. Tutti pensavano che il video su Internet dovesse essere di scarsa qualità – sia visiva che di scrittura – insomma, YouTube style. Ora noi mettiamo online produzioni enormi in 4K – che è il top della risoluzione visiva che si possa avere. Produzioni pensate esclusivamente per il web competono agli Emmy Awards – e li vincono!

Ovviamente tutto poi passa dai contenuti. Se non aveste prodotto contenuti di qualità così alta, non sareste dove siete. E anche grazie a una certa coerenza editoriale. Credo che lo storytelling tipico di Netflix abbia a che fare con un tentativo – ambizioso ma riuscito – di forzare i confini di ciò che pensiamo di essere. Nelle vostre serie – HoC, OItNB, Bloodline, Daredevil – il male è una cosa che esiste, ed è lì nel suo inaccettabile scandalo e inevitabile realtà. Avete giocato col lato oscuro dello spettatore.
Ah ah ah. Sì, è vero. La tv ha avuto paura di farlo per anni.

Dopo Twin Peaks non c’è stato quasi nulla.
Sì, hai ragione. Una volta Lynch ha detto: “Quando vedo una donna che se ne sta tranquilla nel portico davanti a casa a mangiare frutta, io vedo il cadavere in decomposizione che sta nel seminterrato”.

Il vostro algoritmo ha scoperchiato il nostro subconscio collettivo. Insomma, siamo tutti degli stronzi.
Ah ah ah. Sì. Pablo Escobar, in fondo, piace a tutti. Francis Underwood è un bastardo. E piace a tutti. Abbiamo dato al pubblico più credito, lo abbiamo considerato più adulto, se ci pensi. Non abbiamo paura di proporre storie controverse, perché pensiamo che il pubblico sia maturo abbastanza per comprenderle. Una volta la tv era il luogo della falsa sicurezza. Perbenista e consolatoria. Se vai fuori dalla comfort zone, con prodotti di qualità, alla fine hai successo.

È questa la cosa bella. I contenuti di Netflix non sono facili, e ci dicono che si può cambiare la pop culture in meglio.
Sì, basta ignorare il “buonsenso” e il racconto convenzionale. È la nostra unica ricetta.

Una volta hai detto: “Non potrà mai esserci troppa televisione”. Mi piace, perché è come se dicessi: “Non potranno mai esserci troppi contenuti”…
È una cosa buffa. Il boss di FX aveva detto una cosa come: “Si fa troppa televisione”. Come se FX non facesse televisione! È un modo davvero vecchio di pensare ai contenuti. Non è più il tempo dei 3 o 4 network, delle 3 ore di prime time al giorno e basta. Oggi puoi avere accesso a tutti i contenuti che vuoi, dove e quando ti pare. Noi abbiamo 70 milioni di utenti. E questo non dovrebbe portarci a produrre più contenuti, e sempre migliori? La tv ha sempre avuto a che fare con il concetto di “scarsità”. Internet è abbondanza.

L’unica distinzione da fare è tra contenuti buoni e non buoni…
E infatti la televisione non è mai stata migliore di com’è oggi. Anche grazie a Netflix, credo.

Pensi che sia un modello che esporterete anche nel cinema? Avremo una prima mondiale di 007 o Star Wars su Netflix?
Siamo partiti con produzioni televisive enormi – House of Cards – mentre nel cinema stiamo andando più piano. Ma abbiamo già in produzione il prossimo film di Adam Sandler, quindi sì, ci stiamo muovendo anche in quella direzione.

Ed è lì che Tarantino comincerà a odiarvi davvero…
È l’unica cosa su cui non siamo d’accordo! Però tutti i film che lo hanno influenzato li ha guardati in Vhs! Mettiamola così: il luogo migliore dove vedere un dipinto è una galleria d’arte: silenzio, luce perfetta eccetera. Ma per fortuna non è l’unico posto in cui puoi guardare un dipinto. Sono sicuro che Tarantino usa Netflix per guardarsi i film di notte.

C’è questa idea che non comprendo: se dici che non sei contrario al guardare i film online, allora sei contrario al guardarli al cinema. È una cazzata gigantesca. Più contenuti ci sono, meglio è. Più accesso c’è, meglio è. Magari grazie a Netflix scopro il cinema, e poi inizio ad andarci.
Sì, sono d’accordo.

Viva. Un’ultima cosa. Tu hai sostenuto Obama fin dall’inizio, hai addirittura fatto fund raising per lui. Quale credi sia il suo lascito al mondo, ora che sta per terminare il suo mandato?
Credo che Barack abbia avuto a che fare con uno dei periodi più difficili della storia. Sarà ricordato come uno dei più grandi presidenti di sempre.

Questo articolo è pubblicato su Rolling Stone di novembre.
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