Purché sia difficile. L'intervista a Tom Hardy | Rolling Stone Italia
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Purché sia difficile. L’intervista a Tom Hardy fuori oggi con “Mad Max: Fury Road”

L'attore ama i personaggi complicati: è stato il Bane che voleva uccidere Batman, ora è un agente segreto di Stalin. Ci parla dal set, seduto di fianco a DiCaprio

Tom Hardy, 37 anni: «Quanto ho accettato la parte in Child 44, DiCaprio mi ha detto preoccupato: “Come farai a recitare con l’accento russo?”».

Tom Hardy, 37 anni: «Quanto ho accettato la parte in Child 44, DiCaprio mi ha detto preoccupato: “Come farai a recitare con l’accento russo?”».

Quando recita, Tom Hardy diventa per settimane il personaggio che interpreta. Perciò immaginate come mi risponde al telefono da Los Angeles, dove è sul set del thriller western The Revenant, del regista Premio Oscar Alejandro González Iñárritu. È un cacciatore di pellicce insieme a Leonardo DiCaprio – che, mi dice, è seduto al suo fianco mentre parliamo. In questi giorni, al cinema, è anche un ex poliziotto che lotta in un mondo apocalittico (Mad Max: Fury Road, dal 14 maggio) e un orfano diventato eroe di guerra (in Child 44 – Il bambino numero 44, dove se la vede con un killer che ha ucciso 53 donne e bambini fra il 1978 e il 1990, Andrej Romanovich Chikatilo, detto il macellaio).

Interpreti spesso personaggi complessi…
Sono interessato ai risvolti del carattere delle persone. Più un personaggio è coinvolgente e multidimensionale, più io lo trovo stimolante. In fondo, mi piace interpretare personalità che vorrei vedere recitate dai miei attori preferiti. Amo immedesimarmi in questi personaggi, studiarli finché non riesco a trovare il loro battito cardiaco.

In Child 44 insegui un killer di bambini. Chi uccide l’entusiasmo dei più piccoli oggi?
Credo siano le grandi aziende che ci nutrono e che non ci danno le informazioni delle quali abbiamo bisogno. Senza voler sembrare hippie o new age, non penso che sia necessariamente un’ideologia ad allontanarci oggi dai valori più umani, come accadeva nella Russia che vedete in Child 44. Ora sono gli effetti del consumismo sui bambini a preoccuparmi.

Come hai lavorato al tuo personaggio in Child 44 insieme al regista, Daniel Espinosa?
Quando abbiamo iniziato a studiare Leo Demidov, abbiamo puntato a creare un bellissimo mostro. Leo non è nato in un ambiente ideale (siamo nella Russia stalinista) e ha costruito se stesso partendo dal nulla in un mondo dove tutto era spietato. È un agente che ha raggiunto un livello di successo all’interno della polizia segreta sovietica, ma che poi si vede i suoi gradi strappati di mano quando sceglie di proteggere sua moglie. È forzato a prendere una decisione tra quello in cui crede e quello in cui credeva. E proprio quando decide di prendersi cura della moglie (Noomi Rapace), scopre che lei non lo amava nemmeno. Espinosa aveva un obiettivo: mettere in scena un mostro con un cuore – anche se il mio personaggio in realtà non è un mostro, lo diventa per colpa delle circostanze. Child 44 è stato un film lungo, epico. Molto di quello che è stato girato non appare sullo schermo. Vorrei proprio vedere il director’s cut.

Questo articolo è stato pubblicato su Rolling Stone di Maggio.
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