Michel Gondry parla di terrorismo, supereroi e masturbazione | Rolling Stone Italia
Interviste

Michel Gondry parla di terrorismo, supereroi e masturbazione

Il regista di film onirici ha girato un'opera adolescenziale e personale. Parla delle differenze tra Francia e USA, del terrorismo e di come i film di supereroi stanno rovinando tutto

Michel Gondry parla di terrorismo, supereroi e masturbazione

Un'immagine dall'ultimo film di Michel Gondry, "Microbo & Gasolina"

Sembra strano che l’uomo responsabile per qualcosa di così dolorosamente tenero come il capolavoro romantico e concettuale Se mi lasci ti cancello possa ora mettere nel suo lavoro il proprio background. Tuttavia, l’ultima commedia del regista francese Michel Gondry, Microbo e Gasolina, può essere considerata la sua pellicola più personale.
Basandosi sulle sue esperienze di teenager francese tra il teppista e il nerd smanettone, il regista ha filtrato le sue memorie d’infanzia all’interno di una commedia sull’amicizia, capace di congiungere lo spazio che intercorre tra i fatti realmente accaduti e il modo in cui lui si è sempre immaginato che accadessero.
Una coppia di ragazzini emarginati, da cui il film prende il titolo – così soprannominati perché Daniel (Ange Dargent) non è più alto di un metro e un barattolo, mentre Theo (Théophile Baquet) lavora come apprendista meccanico – costruisce un’automobile-rifugio per un viaggio on the road attraverso il paese, riuscendo così a compiere uno degli irrealizzati ultimi sogni d’infanzia di Gondry – e allo stesso tempo una dichiarazione sincera di come la creatività possa rappresentare una via d’uscita dalla noia e dalla solitudine.
In una conversazione schietta, il regista (e divinità dei video musicali) ha discusso del suo fascino adolescenziale per i macchinari, della piaga dei film sui supereroi, delle difficoltà a trattare di masturbazione con i propri genitori e di come suo figlio sia miracolosamente scampato ai tragici attentati terroristici di Parigi dello scorso novembre.

Dopo Mood Indigo del 2013 questo è il tuo secondo film ambientato in Francia a seguito di una serie di progetti “americani”. C’è stato qualcosa che ha determinato il ritorno nella tua terra d’origine?
Volevo fare qualcosa di realmente personale, che includesse le memorie dei miei anni da teenager. Non penso sarebbe stata la stessa cosa in America.

È difficile per un regista riuscire a portare avanti un progetto più intimo in America?
Nel mio caso dipende dall’età del personaggio. Ho vissuto negli Stati Uniti per quindici anni, avanti e indietro – il mio cervello ha memorizzato tutte le dinamiche della vita adulta in lingua inglese. Se però dovessi ritornare a prima a quel periodo, alla mia adolescenza, allora penserei da francese. Diventerebbe più complicato – non impossibile – cambiare quel modo di ricordare. È diverso. Sono sicuro che sarei riuscito a farlo, ma ci sono molte idee che sarebbero state più complesse da rendere.

Quando eri giovane, avevi la stessa inventiva dei protagonisti del film?
Quando ero molto giovane, avevo creato un piccolo aeroplano con i Lego. Avevano prodotto un motore che era stato pensato per essere inserito nel modellino di un treno e io l’ho tirato fuori e messo dentro l’aereo che avevo fatto io. L’aeroplano ha iniziato a muoversi in avanti e ho pensato di aver creato un propulsore, ma mio padre mi spiegò, “No, non è un propulsore, il tuo aereo potrebbe facilmente muoversi all’indietro. Sono le vibrazioni che lo stanno muovendo in avanti”. Quelle parole uccisero il mio sogno. Tuttavia continuavo a costruire molte cose, e nel mentre imparavo il loro funzionamento.
Più tardi mi sono iscritto alla scuola d’arte, quindi non ho mai smesso di inventare.
Non avevo nozioni di arte moderna, e ho iniziato a creare questi piccoli spettacoli facendo uso di pezzi di carta. Assomigliava alla Pop Art, ma a quel tempo non lo sapevo. In seguito, da quel piccolo effetto 3-D mi sono rivolto all’animazione e poi a fare video. Tutto sommato, era come se cercassi di fare ancora quello che facevo da bambino.

Pensi che per i bambini di oggi, alla luce dell’enorme progresso tecnologico, quello spirito immaginativo sia ancora così forte com’era prima?
Davvero non saprei. Quando mio figlio aveva undici anni, caricò un piccolo video su YouTube. Aveva fatto un sacco di effetti – non realizzati artigianalmente, ma tutti creati sul video. Io preferisco lavorare sull’oggetto fisico, ma non posso negare la creatività di chi lavora sui video.

In proposito, ti preoccupa che una così larga parte della creazione di un film sia passata dalla pellicola al digitale?
Ciò che maggiormente mi preoccupa sono i film di supereroi. Stanno invadendo ogni cosa. La cosa più importante non è se siano creati al computer. Ma è il soggetto, la sceneggiatura, il personaggio.

Tu hai diretto Lanterna Verde, però…
Non è davvero nelle mie corde. Era pensato come uno sguardo ironico sui supereroi, ma suppongo che il pubblico non abbia gradito. Sono molto esigenti su cosa aspettarsi da questo tipo di film.

Non pensi che un giorno vorrai rivisitare il genere?
No. Beh, se avessi avuto successo, forse. Mi piace l’universo di Christopher Nolan, fa roba impressionante. Tuttavia non penso di essere nella stessa categoria, o di voler fare le stesse cose.

Come hai scoperto questi due giovani attori?
Le caratteristiche di Daniel erano molto precise: doveva essere piccolo, con i capelli lunghi, e assomigliare a una ragazza, ma comunque possedere una personalità forte. Ho provinato dai sessanta agli ottanta ragazzini. Dovevano avere un determinato aspetto fisico, ma ancor più importante, dovevano avere qualcosa di frizzante nel loro carattere. E, naturalmente, dovevano essere in grado di recitare.
La prima volta che ho incontrato Ange Dargent era davvero esilarante. Aveva un’espressione molto dolce, e un sacco di storie buffe.

Si sente dire di un sacco di registi che hanno problemi con attori inesperti o non professionisti, in maniera particolare con i bambini.
Per me è stato grandioso. Prima di tutto, loro imparano l’intero copione! Le loro battute, quelle degli altri personaggi – è magnifico. In secondo luogo, non hanno ego. Puoi dire “Questa scena è stata una merda” senza preoccupartene, ed è un bene perché così hai la libertà di provare qualcosa di diverso. Loro sono solamente felici di essere lì, come fosse un lavoro estivo.

Molti dei tuoi film comprendono elementi di magia o del surrealismo. Quest’opera rappresenta uno spostamento deliberato verso un registro più realistico?
Sì, avevo appena finito Mood Indigo, e volevo girare con una cinepresa, un obiettivo, concentrandomi esclusivamente sui personaggi e ciò che si sarebbero detti. Mentre stavo scrivendo la prima metà della storia, ho avuto dei sogni che sarebbero diventati la seconda parte. Pensai che la scrittura doveva aver innescato le idee che avevo sognato, anche se non capisco quali elementi mi ci abbiano portato nel sonno. So di aver fatto molti film in cui le immagini rendono evidente il fatto di star guardando un sogno, ma quando ci sei dentro, non sembra mai strano. Quindi ho provato a renderli in quel modo, senza effetti speciali.
I sogni sono spesso spaventosi e senza senso. Utilizzano materiale del tuo passato, e in quel modo, sono strani ma coerenti. Nel momento in cui ti svegli, puoi sentirti come se avessi sognato per ore, anche se non è successo. Nella vita vera non hai un montaggio. È come se lasciassi questa stanza e subito fossi per strada. Quindi seguiamo ogni passo. Al contrario nei film, vai da un posto all’altro, come se ti fossi dissolto. Nelle memorie e nei sogni senti le modifiche. Nella vita vera non disponi di un montaggio. Lascio questa stanza e improvvisamente sono in strada. Facciamo parte di un tempo continuo. Al contrario nei film, vai da un posto all’altro, come se ti fossi dissolto. Nei ricordi e nei sogni puoi sentire il montaggio.

Quali sono i tuoi film preferiti sul tema dell’infanzia?
Ho guardato Gazzosa alla menta di Diane Kurys, un film su due ragazze ambientato negli anni ’60. Kes, di Ken Loach. Il mio preferito è di Jean Eustache, Mes petites amoureuses. Anche se non li ho presi come riferimento mentre facevo questo film. Mi piace questo film per il modo in cui è stato girato, nella maniera più imparziale possibile nei confronti dei personaggi. Ti affezioni al bambino, perché è come se lo stessi vedendo nella vita reale. E lui non sta recitando in maniera stravagante – è umano. Ti affezioni perché è realmente lui.

Come cambiano i comportamenti riguardo al sesso e alla sessualità dall’America alla Francia?
È difficile da dire, perché non so realmente come funzioni qui. Ci sono troppe cose spiegate e categorizzate. In Francia, molto è lasciato sul vago. Ricordo che i miei genitori un giorno mi dissero, “Ti masturbi ed è totalmente normale”. Sentire un discorso del genere è stato frustrante e orribile! Non vuoi parlare di queste cose con tuoi genitori!
Per come ricordo, sin da quando avevo sei anni, volevo fare sesso. Una volta ero a Venice, in California, quando ricevetti una chiamata da mio figlio Paul; avrà avuto nove anni circa. Mi disse, “Papà, voglio fare sesso con una donna”. Gli risposi, “Ehm, okay, quello che devi fare è trovare una ragazza che ti piace, portarla al cinema, e provare a baciarla”. E lui rispose, “No, non sto parlando di quello, voglio una ragazza con le tette grandi e gambe lunghe”. Alla sua età non avrei neanche saputo articolare un discorso del genere.

Daniel guarda suo fratello dall’alto in basso perché membro di una band punk; questo episodio è tratto dalla tua giovinezza?
Ero sempre un passo indietro, perché ero più giovane. Quando arrivò il movimento punk, tenevo ancora i capelli lunghi e ricordavo un po’ un hippie. In seguito ho tagliato i capelli ed entrai nel giro grazie a un amico. Mio fratello era un metallaro quando arrivò il movimento, e noi diventammo dei punk solo quando tutti si spostarono verso la New Wave.

Questo è un periodo difficile per la Francia, dopo gli attacchi terroristici. Qual è stata la tua reazione dopo gli attentati di Parigi di novembre?
Questa non è esattamente una risposta: mio figlio doveva essere lì, al Bataclan. Stavano aspettando un amico che non si presentò e si era fatto tardi, quindi rinunciarono e andarono in un ristorante invece che al concerto. Hanno visto la gente scappare per la strada. È orribile, ma rispecchia un problema che le persone non vogliono affrontare. Quando qualcosa del genere accade, devi schierartene contro, e naturalmente lo fai. Ma forse si dovrebbe capire perché questi ragazzi sono diventati degli estremisti. Forse vivono in condizioni orribili; forse siamo noi i responsabili di tali condizioni.

Credi che farai lavori più politici?
La cosa più vicina alla politica che abbia mai fatto è l’Home Movie Factory, dove do ad artisti indipendenti la libertà di essere creativi come un gruppo. La mia politica si basa sul fatto che le persone si conoscono un po’ – “Oh, lo conosco appena,” “andavamo a scuola insieme,” – e pensano che il mondo sia piccolo. Ma il mondo sembra piccolo solo perché non condividiamo. Questo è il modo per cui puoi avere tantissimi rapporti senza entrare in contatto col 99% della gente. E li ignoriamo. Bisogna coinvolgere quelle persone, più che si può. È un modo grandioso di canalizzare l’energia. In Francia le periferie sono come i ghetti qui in America. La gente ha tutta questa energia, e non sa dove sfogarla. Arriva al punto di ebollizione, e si trasforma in qualcosa che non ci piace vedere.

Altre notizie su:  Michel Gondry