Aspettando gli Oscar 2021: le migliori colonne sonore | Rolling Stone Italia
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Aspettando gli Oscar 2021: le migliori colonne sonore

Nell’anno in cui, per la prima volta, sono candidati due compositori black (Jon Batiste per ‘Soul’ e Terence Blanchard per ‘Da 5 Bloods’), la sorpresa potrebbe essere ‘Minari’. Ma pure la doppietta di Trent Reznor e Atticus Ross non passa inosservata

Aspettando gli Oscar 2021: le migliori colonne sonore

‘Minari’ di Lee Isaac Chung

Foto: Plan B Entertainment

Soul

La vittoria di Soul pare un po’ scontata già a partire dal titolo, dall’essenza dal cartoon, dalla storia che vede protagonista un pianista jazz e dal dream team dietro l’impresa musicale: Trent Reznor & Atticus Ross (con doppia candidatura, vedi anche Mank più avanti) dietro lo score originale, e Jon Batiste, nominato ai Grammy e attuale direttore della band del Late Show with Stephen Colbert, che ha scritto le composizioni jazz originali e gli arrangiamenti per il film (è uno dei due musicisti black nominati nella categoria insieme a Terence Blanchard, ci arriveremo). Soul è ambientato in due universi distinti – New York City e l’Ante Mondo – e i nostri hanno dovuto comporre due stili di musica per aiutare a plasmarli e definirli. Per Reznor sta tutto nella «capacità di amplificare il modo in cui qualcuno sperimenta qualcosa emotivamente». Del jazz invece Batiste dice: «È un modo sottile per rendere omaggio e allo stesso tempo presentare a un pubblico completamente nuovo questi tipi di suoni». Missioni compiute.

Minari

Classe 1985, membro del gruppo indie rock The Dig, Emile Mosseri è alla sua terza colonna sonora per il cinema dopo The Last Man in San Francisco di Joe Talbot (purtroppo ancora inedito da noi) e Kajillionaire – La truffa è di famiglia di Miranda July (passato all’ultima Festa di Roma); più, sul piccolo schermo, la seconda stagione della serie “made in Amazon” Homecoming. Per il film di Lee Isaac Chung, il musicista compone un delicatissimo commento che parla la lingua del folk contemporaneo, impreziosito dal brano Rain Song cantato da Han Ye-ri (che avrebbe meritato un posto tra le canzoni originali). È il nome che potrebbe sparigliare: una statuetta la meriterebbe eccome.

Mank

Seconda candidatura alla 93esima edizione degli Academy Award per la supercoppia Trent Reznor-Atticus Ross, stavolta in solitaria. Per l’Hollywood movie di David Fincher, il loro mentore cinematografico (e colui che li ha portati, al loro primo score per il grande schermo, a vincere subito l’Oscar: era il 2011, la partitura era quella di The Social Network), i due pescano direttamente dalla tradizione melodica del periodo in cui è ambientato il film, cioè la Golden Age tra i ’30 e i ’40. Fino alla canzone originale – anch’essa misteriosamente non candidata – [If Only You Could] Save Me, che pare uno standard dell’epoca e invece è scritta oggi. Quota 100% cinéphile: non si tradurrà in una statuetta, ma non poteva mancare.

Da 5 Bloods – Come fratelli

Terence Blanchard è una leggenda della musica jazz, pioniere dei compositori black a Hollywood e contraltare sonoro del cinema di Spike Lee fin dai tempi di Jungle Fever. A “suonare” il ritorno di questo gruppo di soldati afroamericani in Vietnam c’è un’orchestra di 90 elementi dal vivo e il risultato è potente e solennissimo, rimanendo sempre nel solco del classico. L’azione e la gravitas del film sono amplificate da splendidi arrangiamenti e dalla variegata tavolozza di Terence. Dall’apertura epica con What This Mission’s About, il lavoro di Blanchard (che si integra alla perfezione con ben sei brani tratti da What’s Going On di Marvin Gaye, concept album del 1971 raccontato dal punto di vista di un veterano del Vietnam che torna a casa per rendersi conto che non c’è giustizia né pace per i neri) è un potente accompagnamento all’audace esplorazione della Storia e dell’umanità di Spike.

Notizie dal mondo

La più classica tra le soundtrack candidate, e anche quella che (con tutta probabilità) non vincerà. Nonostante il veterano James Newton Howard, che la firma, abbia già ricevuto otto nomination prima di questa: la prima nel 1992 per Il principe delle maree di Barbra Streisand, l’ultima nel 2009 per Defiance – I giorni del coraggio di Edward Zwick. L’ora della certificazione “gold” è insomma ampiamente arrivata, però a questo giro il compositore non si segnala per originalità: epica western in (splendida) chiave sinfonica, cioè tutto quello che serve per l’occasione, ma che suona già piuttosto sentito. In altri tempi (e, forse, in un’altra Hollywood) sarebbe stato un vincitore assicurato. Ma la musica è cambiata.