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‘The Morning Show’ è il ‘Techetechetè’ dell’America che riflette su sé stessa

Con la seconda stagione, lo serie di punta di Apple TV+ (starring Jennifer Aniston e Reese Witherspoon) è sempre 'prestige television' che affronta un 'Tema Importante': gli abusi e il movimento #MeToo. Ma la riflessione sull'attualità incontra sempre la nostalgia per il piccolo schermo di una volta: vedi la new entry Julianna Margulies

Foto: Apple TV+


Ogni tanto mi mancano le serie tv. Che – mi rendo conto – in un panorama che, pur nonostante la pandemia, produce centinaia di serie l’anno, può suonare come un’affermazione bizzarra. Il 2020 ha rallentato obbligatoriamente la corsa, ma in generale, è vero, non sono mai state realizzate nella storia così tante serie come nell’ultimo decennio. Però, ecco, tra le cose veramente meritevoli ci sono sempre più spesso le miniserie, o le serie antologiche, stagioni brevi e magari autoconclusive che ci siamo abituati a divorare in pochi giorni o addirittura poche ore, avendole disponibili tutte intere, nello stesso momento, sulle nostre piattaforme. Ogni tanto mi mancano le serie tv, allora: quelle per cui è necessario aspettare una settimana per una nuova puntata, e magari molti mesi aggrappati a un cliffhanger tra una stagione e l’altra, quelle che ti incatenano allo schermo con i loro colpi di scena, quelle che sanno come si fa l’intrattenimento puro senza per questo scadere nella faciloneria o nella banalità.

Serie come E.R. – Medici in prima linea o The Good Wife (se avete nostalgia, trovate la prima interamente su Prime Video, e della seconda c’è il bellissimo spin-off The Good Fight su TIMVISION), e anche serie come The Morning Show. Non ho scelto titoli a caso, perché dalla seconda attesa stagione di The Morning Show, che comincia il 17 settembre su Apple TV+, al già foltissimo cast si aggiunge una new entry che di E.R. e The Good Wife è stata la star: Julianna Margulies, l’ex infermiera Carol Hathaway, l’ex avvocata Alicia Florrick. Per la gioia di Jennifer Aniston, che, ha raccontato, ai tempi di Friends incontrava tutti i giorni Margulies tra gli studi della NBC, stringendo un’amicizia che finalmente si è tramutata in un’opportunità di lavorare insieme. Anche se – no spoiler – i rapporti tra l’Alex Levy interpretata da Aniston e la giornalista-celebrità Laura Pieterson impersonata da Margulies non sono, almeno all’apparenza, dei più amichevoli.

Julianna Margulies e Reese Witherspoon in ‘The Morning Show 2’. Foto: Apple TV+

Ecco, The Morning Show è indiscutibilmente lo show di punta di Apple TV+, una piattaforma relativamente nuova e con un catalogo relativamente piccolo, ma fatto quasi solo di cose belle e/o interessanti (dall’ucronia spaziale For All Mankind al teen drama in costume Dickinson, dalla commedia musical Schmigadoon! al thriller shyamalaiano Servant, e a breve arriva l’anticipatissima Fondazione da Isaac Asimov). I folti dividendi dell’azienda di Cupertino permettono che non si badi a spese, e The Morning Show dà fondo a tutto il proprio ingente budget: innanzitutto con una parata di stelle nel cast – oltre alle protagoniste e produttrici Jennifer Aniston e Reese Witherspoon, ci sono Billy Crudup, Steve Carell, Mark Duplass, Marcia Gay Harden, Mindy Kaling, e da questa seconda stagione, appunto, Julianna Margulies e Hasan Minaj, Greta Lee, Holland Taylor, Adam Sandler e perfino la nostra Valeria Golino in un ruolo disturbante e imprevedibile –, e poi con l’ampiezza, la ricchezza e la molteplicità dei set.

Ha, insomma, l’aspetto della patinata prestige television di cui parlavamo a proposito di Nine Perfect Strangers (e che soprattutto Witherspoon ormai frequenta spesso, vedi Big Little Lies e Little Fires Everywhere) e un “Tema Importante” ed estremamente d’attualità come gli abusi nel mondo dello spettacolo, il movimento #MeToo e i suoi effetti. Ma è anche una serie, come dicevamo prima, d’intrattenimento puro, con l’anima soap propria della serialità orizzontale e con molti innesti di commedia accanto all’inevitabile dramma. È l’opposto di una miniserie, o “limited series” come si dice negli USA: successo e contratti degli attori permettendo, The Morning Show potrebbe durare anni (magari non quindici come E.R., ma sette come The Good Wife, perché no).

È anche una serie fortemente debitrice di Aaron Sorkin, in particolare di Sport Nights e The Newsroom, data l’ambientazione negli studi e nei corridoi di grandi network televisivi, qui nello specifico la fittizia rete UBA e il programma di news e intrattenimento mattutino The Morning Show (appunto). Per questo ci sono lunghi e articolati dialoghi, qualche piano sequenza (un plauso alla regia non pirotecnica ma sempre elegantissima di Mimi Leder), battute brillanti e di tanto in tanto qualcuno si lancia in un appassionato mini-monologo (soprattutto Billy Crudup, che, sempre sull’orlo dell’overacting, pare divertirsi come mai prima nella sua carriera).

Da The Newsroom la serie – che è stata ideata da Jay Carson, ex consulente dei Clinton, ma è sviluppata e coordinata da Kerry Ehrin, già penna di Friday Night Lights, Parenthood e Bates Motel – prende anche la volontà di rimettere in scena e commentare direttamente fatti e notizie realmente accaduti. La prima stagione, ambientata di qualche anno nel passato, affrontava tra le altre cose gli incendi in California e la devastante sparatoria a Las Vegas; questa seconda corre veloce verso il nostro oggi, e dunque si trova a un certo punto nel bel mezzo della pandemia da Covid-19 (e delle elezioni presidenziali 2020, ovvio). Inizialmente sottovalutato, non considerato abbastanza “interessante” per il pubblico, il virus travolgerà, come sappiamo, le vite di tutti: dopo un prologo che ci mostra gli effetti immediati della ribellione in diretta di Alex e Bradley alla fine della prima stagione, la seconda annata di The Morning Show ci porta a spasso in una New York deserta, tra i riconoscibilissimi luoghi turistici abbandonati e silenziosi, in uno scenario lugubre da Io sono leggenda. Nessuno sceneggiatore avrebbe potuto prevederla, ma è un’immagine che aderisce perfettamente al nocciolo tematico della serie: non importa quanto si cerchi di non vederlo, di mettere delle pezze, di “tornare alla normalità”, quello che chiamiamo “movimento #MeToo” è stato un terremoto culturale, uno slittamento di paradigma, e nulla potrà essere davvero più come prima. La UBA ha apparentemente cacciato le “mele marce” e assunto più giovani e più persone non bianche: ma è un vero cambiamento o solo un ritinteggiare le pareti? E come si possono conciliare le smisurate ambizioni e i sempre più intensi sensi di colpa?

A differenza delle serie di Sorkin, nessuno dei personaggi di The Morning Show è davvero convinto di poter cambiare il mondo con il proprio lavoro: sono tutti contemporaneamente molto più cinici e molto meno seriosi e autocompiaciuti, e semmai il percorso di molti di loro è quello opposto, è un prendere coscienza di avere il potere (e dunque, Spider-Man insegna, la responsabilità) di agire per la collettività, e non solo per il successo personale. E, più ancora della prima, la seconda stagione di The Morning Show prova a mettere in scena il caos di un mondo pieno di interessi opposti, di ego immensi, di contraddizioni incompatibili. Una realtà in cui siamo finalmente tutti più consapevoli, ma non per questo ci è più facile rimediare ai danni, essere onesti, agire nel modo migliore, fare la cosa giusta. Anzi.

L’anima doppia di The Morning Show, in fondo, sta lì dall’inizio, davanti ai nostri occhi, già dentro il suo titolo, che è contemporaneamente quello della serie e quello del programma che la serie racconta. Un programma generalista – il fittizio show del mattino condotto da Alex/Jennifer Aniston e Bradley/Reese Witherspoon – che più generalista non si potrebbe: un pilastro della “vecchia” televisione, quella che faceva compagnia a un pubblico larghissimo e trasversale, alle famiglie mentre si preparavano per andare al lavoro o a scuola, alle casalinghe che rimanevano a casa, a chi si fermava a guardare di sfuggita nei luoghi pubblici, nei centri commerciali e nei bar. Una televisione fondata sulle abitudini e sulla familiarità, in cui era lo spettatore ad adeguarsi al palinsesto, in cui si proponeva un misto di informazione light e di intrattenimento innocuo, per piacere a tutti e non disturbare nessuno. Una televisione che oggi sta scomparendo, perché il pubblico è sempre più fratturato, e anche perché le sempre più numerose piattaforme streaming (come, appunto, Apple TV+) stanno abbattendo a picconate i vecchi consumi culturali: ognuno può vedere quello che vuole, quando vuole, dove vuole (anche se poi, molto spesso, va a finire che guardiamo quasi tutti l’ennesimo ultimo successo Netflix). Che The Morning Show provi a raccontare la vecchia tv dallo spazio privilegiato di una piattaforma nuova può sembrare quasi uno sfottò, una presa in giro; ma che lo faccia con le forme e i modi di un buon drama generalista, certo altalenante ma quasi mai semplicistico, con attenzione al coinvolgimento emotivo ma pure alle sfumature, be’… sembra quasi, per quella vecchia televisione, un atto d’amore.

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