Rolling Stone Italia

‘The Diplomat’ dà a Keri Russell quello che è di Keri Russell

Il thriller politico di Netflix vede il ritorno della star di 'The Americans' nei panni di una funzionaria degli Affari Esteri in carriera che deve affrontare una spinosa crisi internazionale. Con tanto di riflessione sulle donne al potere
Keri Russell è Kate Wyler in 'The Diplomat'

Foto: Netflix

Nelle ultime settimane è successa una cosa sorprendente: The Night Agent è diventata una delle dieci serie Netflix più viste di tutti i tempi. E non si tratta di una reazione a catena dello spy thiller, che presenta la solita maestria del creatore di The Shield Shawn Ryan, un ritmo sostenuto e delle buone interpretazioni. Ma è pure una serie senza grandi star (anche se la non protagonista Hong Chau è stata candidata all’Oscar di recente) o una premessa particolarmente attrattiva e pensata per diffondere il passaparola. È solo un buon esempio di un genere televisivo molto familiare: pare che gli spettatori abbiano apprezzato parecchio, e continuino a farlo.

Ma forse non dovrebbe essere così sorprendente. Per quanto gli snob come me si entusiasmino per serie artistiche e sperimentali come Reservation Dogs, Scissione e High School, i grandi successi in streaming tendono ad essere più semplicemente titoli che piacciono al pubblico. In particolare il modo più affidabile per avere successo in quell’ambito, a quanto pare, è pensare in ottica “Dad TV“: una combinazione di azione, suspense e mistero che ruota attorno a un protagonista maschile iper-esperto e spesso spiritoso. Niente di speciale, ma roba ben costruita per quel tipo di spettatore. Solo Prime Video sembra avere una scorta infinita di serie come Jack Ryan, Bosch e Reacher. The Night Agent sembra essere il più grande debutto di Netflix nel genere. E non stupiamoci se avremo molte serie simili nei prossimi anni.

Una di queste era già in lavorazione ed è arrivata sulla piattaforma il 20 aprile: The Diplomat, un thriller politico con Keri Russell nei panni di una funzionaria degli Affari Esteri in carriera che si trova nel bel mezzo di una crisi internazionale quando viene nominata nuova ambasciatrice americana nel Regno Unito. Non è esattamente Dad TV: la protagonista è una donna, e la principale preoccupazione della serie (al di fuori della trama) è la disparità tra uomini e donne che fanno lo stesso lavoro. Ma, nel suo desiderio di mostrare un personaggio bravo nel suo lavoro immaginario e nello stesso tempo sarcastico, sembra andare esattamente nella direzione della Dad TV, senza contare che andrà bene su Netflix. E la serie è anche estremamente divertente e sempre un po’ più ambiziosa dal punto di vista tematico rispetto a molte delle sue concorrenti.

Russell interpreta Kate Wyler, che ha costruito un’impressionante carriera nella diplomazia, ma che è stata a lungo messa in ombra da quella di suo marito Hal (Rufus Sewell). Hal sarebbe il protagonista perfetto di una versione Dad TV della serie. È il classico tipo senza scrupoli che tiene in pugno ogni stanza in cui entra e sa sempre come infrangere le regole per ottenere il risultato che desidera. La versione della serie incentrata su Kate però è parecchio scettica in proposito. Hal è forse più famoso per aver requisito un aereo per negoziare un complicato accordo diplomatico in una zona di guerra. Il problema di questa storia – come solo Kate sembra disposta a sottolineare – è che l’aereo che ha sequestrato avrebbe dovuto trasportare un gruppo di cittadini afgani che erano nei guai per aver aiutato le forze americane durante l’occupazione.

Quando la storia inizia, però, la carriera di Hal è bloccata a causa di una disputa con il Segretario di Stato Ganon (Miguel Sandoval), ed è proprio Kate ad essere in ascesa, mentre si prepara a riaprire la missione americana a Kabul. Invece il bombardamento di una portaerei britannica persuade il presidente Rayburn (Michael McKean, che si diverte un mondo) a dirottarla verso la posizione di ambasciatore aperta a Londra. Quello che Kate non sa è che Rayburn e il suo capo dello staff Billie (Nana Mensah) considerano l’incarico come una sorta di audizione di Kate per sostituire il vicepresidente, che è sul punto di dimettersi per uno scandalo che scoppierà di lì a breve.

Pur essendo all’oscuro della vera natura del suo incarico, Kate deve gestire una faida in corso tra Rayburn e Ganon, il mutevole primo ministro britannico, Nicol Trowbridge (Rory Kinnear), la diffidenza della sua controparte inglese Austin Dennison (David Gyasi) e lo scetticismo del suo nuovo vice Stuart Heyford (Ato Essandoh) sul fatto che sia pronta per il lavoro da ambasciatrice (o per quello per cui a lui è stato chiesto di controllarla in segreto).

È parecchio da chiedere a Kate, e The Diplomat, creato da Debora Cahn, pretende altrettanto da Keri Russell. Nel suo primo grande ruolo seriale dopo The Americans, l’attrice è chiamata a dare una performance da star, perché tutto si basa più sul suo carisma che sulle sue doti drammatiche. Recita nella maggior parte delle scene e quelle in cui non appare tendono a coinvolgere altri personaggi che comunque parlano di Kate. (Anche se nelle scene con Kate parlano spesso di Hal, con grande frustrazione di lei.) La parte richiede non solo magnetismo, che Russell ha in abbondanza, ma anche un buon tempismo comico (*), talento slapstick e una certa simpatia. The Americans è un classico della serialità ed è stato una straordinaria vetrina per lei, ma richiedeva anche un tipo di recitazione molto diverso da quello che le viene altrettanto bene qui. Ci sono sequenze in cui Kate è chiamata dal capo della CIA nel Regno Unito Eidra Park (Ali Ahn) per alcune attività di spionaggio, e non c’è traccia di Elizabeth Jennings (il suo personaggio in The Americans, ndt) in quello che Russell tira fuori per quelle scene (**).

(*) Gran parte dei suoi dialoghi sono intrisi di imprecazioni, al punto che Dennison parla sarcasticamente della sua “deliziosa boccaccia”. Anche se Russell ha già dato prova delle sue doti brillanti sullo schermo, qui sembra particolarmente liberata dalla frequenza con cui riesce a farlo.

(**) Promemoria: Alias è stata creata perché J.J. Abrams un giorno si annoiava nella writers’ room di Felicity e si chiedeva: “E se Felicity in realtà fosse un agente segreto?”.

Oltre al suo lavoro su Grey’s Anatomy e Homeland, Cahn ha scritto gli episodi più memorabili di West Wing dell’era post-Aaron Sorkin (in particolare The Supremes, dove Josh manovra per riempire un seggio vuoto della Corte Suprema), e c’è un mix di nobiltà d’animo e commedia leggera sul posto di lavoro simile a quello che usa qui. Kate fa riferimento a un “rispetto fondamentale per le norme istituzionali” in una scena iniziale, ma trascorre anche un episodio alle prese con le difficoltà pratiche di indossare un abito grigio invece di uno nero durante un viaggio a Washington. E in un’altra puntata deve aggiornare Rayburn mentre è tutta scarmigliata e ricoperta di foglie dopo aver litigato con il marito in giardino. Le battute di Cahn sono piacevoli e un po’ à la Sorkin senza essere così consapevolmente manierate: in una sequenza, Stuart commenta così un gesto di Rayburn nei confronti degli inglesi: “Non è niente. Apprezzeranno il suo nonnulla”. E Kate risponde: “È molto vicino al nulla”.

Keri Russell (Kate Wyler) e Rufus Sewell (Hal Wyler) in ‘The Diplomat’. Foto: Alex Bailey/Netflix

Nella trama ci sono molti capovolgimenti sui personaggi di cui Kate può o non può fidarsi, su chi è davvero il colpevole dell’attentato alla portaerei, sullo stato precario della carriera di Kate e altro ancora. E in gran parte ci sta, anche se a tratti è tutto un pochino confuso. Ma Cahn e i suoi collaboratori fanno troppi giri sulla giostra di “Hal è una risorsa o un problema per Kate?”. Una certa ambiguità è preziosa, specialmente quando le vite personali e professionali dei due sono state invischiate per così tanto tempo, e Rufus Sewell si crogiola davvero nell’opportunità di interpretare i due aspetti di Hal: l’affascinante leggenda della diplomazia e lo stronzo prepotente. Ma gli sceneggiatori devono decidere che strada prendere anche prima della fine di questa stagione.

La presenza del personaggio però consente a Cahn di scavare nei modi diversissimi in cui vengono percepiti i due coniugi. Hal viene applaudito per fare quello che vuole, come vuole, mentre Kate viene rimproverata o sfiduciata apertamente quando cerca di uscire dalle righe. Lui può essere malizioso, mentre ci si aspetta che lei si comporti sempre bene. (Quando Kate parla senza mezzi termini a Rayburn in una scena, il presidente accetta il suo consiglio, ma le chiede pure: “Tu piaci alla gente?”.) Il mondo si piega automaticamente ai bisogni di Hal, mentre ogni tentativo di soddisfare quelli di lei sembra forzato e scomodo, vedi la sequenza in cui un gruppo di diplomatici inglesi insiste, nonostante le sue mortificate proteste, per darle un cuscino in più in una stanza dove temono che le sedie siano troppo grandi per una donna così “snella”. C’è materiale altrettanto intelligente quando Stuart ed Eidra discutono della loro storia d’amore segreta e di chi dovrebbe affrontare le conseguenze professionali più pesanti se rendessero pubblica la relazione.

Possiamo chiamarla arte? No, e più dobbiamo pensare ai meccanismi della trama, meno senso sembra avere. Ma come i suoi cugini della Dad TV, The Diplomat sa benissimo quello che è e come fornire la migliore versione possibile di se stessa. Russell potrebbe di nuovo perdere l’Emmy, che le è già stato inspiegabilmente negato per la performance nei panni di Elizabeth Jennings, o addirittura farle ottenere una nomination, visto quante possibili candidature si stanno prospettando in questi mesi. Ma è prima di tutto è stata un’avventura. E una di quelle che mi sono goduto davvero.

Da Rolling Stone US

Iscriviti