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‘The Book of Boba Fett’ renderà giustizia al più misterioso dei personaggi di ‘Star Wars’?

‘Nato’ come action figure (subito cult), apparso per la prima volta nel vituperato ‘Star Wars Holiday Special’, consacrato dai pochi minuti in ‘L’impero colpisce ancora’. Ora ha una serie tutta sua (su Disney+), spin-off di ‘The Mandalorian’. Che prova a spiegarci meglio una leggenda inspiegabile

Foto: Lucasfilm Ltd./Disney+

Quello di Boba Fett è un caso molto strano. Per provare a capirlo, l’unica è saltare in un’ideale macchina del tempo e tornare alla fine degli anni ’70. Nel 1977 è uscito Star Wars, quello che da noi all’epoca e per un sacco di tempo si è chiamato solo Guerre stellari, e che più avanti papà George Lucas avrebbe ribattezzato Star Wars: Episodio IV – Una nuova speranza. Prima del 1977 Star Wars non c’era, adesso c’è: il concetto di blockbuster era nato due anni prima con Lo squalo, ma il successo di Star Wars non ha precedenti, ha innescato una Star Wars mania collettiva, le folle hanno fatto lunghe code nei cinema per rivedersi più e più volte il film, l’attesa per un nuovo capitolo era alle stelle, il merchandising e i giocattoli messi in commercio sono stati presi d’assalto non solo da bambini e ragazzini…

Ecco, appunto, il merchandising: come spiega molto bene la prima puntata della serie doc I giocattoli della nostra infanzia, su Netflix, parte della mitologia di Boba Fett comincia già da qui, dalle immagini promozionali di una futura action figure di questo nuovo personaggio misterioso, dotato di un’armatura nuova e accattivante, e soprattutto di un jet pack, una sorta di zaino con razzi propulsori che gli consentono di alzarsi in volo. Nella versione definitiva dell’action figure il sistema per farla “volare” sparisce, per ragioni di sicurezza (i pochi prototipi di questo tipo effettivamente realizzati valgono oggi, sul mercato del collezionismo, centinaia di migliaia di dollari), ma la fantasia dei ragazzi e degli appassionati decolla lo stesso: prima ancora della sua prima apparizione ufficiale nel franchise – che avverrà nel 1978, in forma animata, nel tanto vituperato Star Wars Holiday Special – Boba Fett è già diventato un personaggio di culto, è già installato nella cultura popolare.

Proprio perché non se ne sa assolutamente nulla, e la situazione non cambia di molto quando, nel 1981, arriva finalmente nei cinema il sospiratissimo sequel L’impero colpisce ancora: Boba Fett è praticamente il secondo antagonista, dopo Darth Vader, pronuncia esclusivamente quattro battute, per un totale di una decina di minuti d’apparizione, o poco più. Bastano, comunque, a dargli un ruolo più che rilevante: è lo spietato ed efficace cacciatore di taglie che, per conto di Jabba the Hutt, cattura Han Solo e lo imprigiona nella grafite, permettendo, poco prima, uno dei dialoghi più celebri dell’intera saga (lo scambio «Ti amo!»/«Lo so» tra Leia e Han) e chiudendo il film su un cliffhanger mozzafiato. Due anni dopo, naturalmente, Boba Fett ricompare in Il ritorno dello Jedi, ma anche qui la sua apparizione dura pochissimo e ha una fine apparentemente definitiva, e a dirla tutta non proprio eroica: precipita nel pozzo della temibile creatura delle sabbie Sarlacc dopo che un colpo casuale di Han attiva per sbaglio il famoso jet pack.

Dal 29 dicembre, però, Boba Fett è di nuovo vivo e vegeto, e protagonista assoluto di una nuova serie originale Disney+ che porta direttamente il suo nome: The Book of Boba Fett. A tutti gli effetti uno spin-off di The Mandalorian, considerato anche che il team creativo e produttivo è grossomodo lo stesso: Jon Favreau, Dave Filoni, e alcuni dei registi che già si erano occupati del mandaloriano e di Baby Yoda (il pilota, l’unica puntata resa finora disponibile, è diretto da Robert Rodriguez). Anche lo stile visivo e narrativo è lo stesso di The Mandalorian, precisissimo nella ricostruzione del mondo di Star Wars, ricco di dettagli, pieno di riferimenti al genere western e avventuroso, capace di infilarsi negli interstizi della grande saga degli Skywalker per raccontare anche il lato meno epico dell’universo lucasiano.

Gli spettatori di The Mandalorian non si stupiscono di ritrovare Boba Fett vivo e vegeto, visto che il personaggio è già apparso, e con un ruolo rilevante, nella seconda stagione di quella serie; ma neppure loro ancora sapevano come fosse sopravvissuto al Sarlacc e cosa gli fosse capitato dopo gli eventi di Il ritorno dello Jedi. L’episodio pilota di The Book of Boba Fett risponde alla prima domanda e inizia a raccontarci il resto, dispiegandosi su due piani temporali: nel presente della serie, Boba, insieme all’infallibile assassina Fennec Shand (Ming Na-Wen, anche lei già apparsa più volte in The Mandalorian), ha preso il posto del defunto Jabba the Hutt come signore criminale della città di Mos Espa, sul desertico pianeta Tatooine. Ha intenzione di esercitare il proprio potere con il rispetto invece che con il terrore, ma non sembra cosa facile. I flashback, invece, illustrano come sia arrivato fin lì, sopravvivendo alla morte e a una lunga serie di disavventure che, per il momento, implicano essersi preso molte botte e aver lottato contro più di una creatura mostruosa.

Per chi rischiasse di perdersi nell’intricata cronologia di Star Wars, ricordiamo che The Book of Boba Fett, come The Mandalorian, si svolge subito dopo gli eventi di Il ritorno dello Jedi, quando il temibile Impero è stato formalmente sconfitto dagli sforzi della Ribellione e di Luke Skywalker, ma diverse zone della galassia – tra cui il remoto pianeta Tatooine – sono ancora in un limbo governativo, fuori dal controllo totale della neo instaurata Repubblica, come appunto un Far West percorso da fuorilegge, cacciatori di taglie, criminali comuni e anche nostalgici di Palpatine. In questo contesto, The Book of Boba Fett e The Mandalorian condividono, oltre all’inconfondibile armatura e all’elmo con l’apertura a T, un protagonista antieroico, non esattamente “uno dei buoni”, ma indubbiamente qualcuno con un proprio personale codice morale.

Temura Morrison sotto l’armatura di Boba Fett con Ming Na-Wen, alias Fennec Shand. Foto: Lucasfilm Ltd./Disney+

La differenza principale, allora, o almeno quella che più salta all’occhio, riguarda proprio l’elmo: per vedere il volto di Pedro Pascal in The Mandalorian abbiamo dovuto aspettare la fine della prima stagione, mentre Boba Fett ci appare subito a capo scoperto, fin dalla prima scena (nella quale è immerso in una vasca “rigeneratrice”, e ricorda la traumatica fuga dal Sarlacc). Anche perché l’interprete di Boba Fett (sotto la cui armatura nella prima trilogia c’era l’attore britannico Jeremy Bulloch, scomparso circa un anno fa) non è un nome a caso, ma (come già in The Mandalorian) l’interprete neozelandese Temuera Morrison. Una scelta perfettamente coerente con l’universo “starwarsiano”: Morrison era già stato Jango Fett nella trilogia prequel, per la precisione in Episodio II – L’attacco dei cloni e in Episodio III – La vendetta dei Sith.

Lo stesso George Lucas, infatti, consapevole dell’enorme seguito che il personaggio di Boba Fett aveva guadagnato negli anni, pensò bene di “recuperarlo” al momento di tornare all’universo di Star Wars con la trilogia prequel, ambientata qualche decennio prima della trilogia originale. È in L’attacco dei cloni che scopriamo che il padre di Boba, Jango Fett, era il miglior cacciatore di taglie della galassia e che per questo era stato scelto come modello per la creazione dell’eponimo esercito di cloni: Boba non è tradizionalmente suo “figlio”, ma un suo clone, e dunque è del tutto logico che, una volta cresciuto, in The Mandalorian e in The Book of Boba Fett, abbia le stesse fattezze, cioè quelle appunto di Temuera Morrison. Il quale, da ciò che ci è dato vedere fin qui, è una presenza imponente ed efficace, con e soprattutto senza elmo: stoico, determinato, silenzioso, acuto, pieno di risorse e fisicamente potente. Per ora è l’indiscutibile punto di forza del nuovo show, e fornisce anche l’ancora emotiva necessaria a farci venir voglia di continuare a guardare.

Attenzione, però: come ha (forse?) imparato George Lucas con la trilogia prequel, molto spesso spiegare troppo uccide la magia, e la magia di Boba Fett, come abbiamo detto, risiedeva interamente nella sua essenza di personaggio misterioso, nella sua carica elusiva, nella miriade d’avventure che spettatori di qualsiasi età potevano immaginarsi specchiandosi nell’imperscrutabile elmo di questo personaggio così evocativo. La vera sfida di The Book of Boba Fett è proprio questa: dare vita a una “realtà” e a un canone narrativo che possano almeno competere con la sterminata fantasia.

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