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Amore e lobotomia: elogio di Temptation Island

Guardare la prima puntata del programma di Mediaset ci assolve dai nostri peccati: uno zoo di mammoni e predatrici, e non possiamo farne a meno
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Niente da fare, ne guardi mezz’ora ed è tipo subire un raschiamento cerebrale, ma ne vuoi sempre di più. Temptation Island ha un ingrediente segreto come la Coca Cola, che ti rende subito dipendente. Per carità, come ogni dipendenza c’è di che vergognarsene, perché si tratta di assistere a una continua perdita di dignità di chi vediamo sullo schermo, ma deve esserci qualcosa di più.

Ogni anno i concorrenti sono più sfacciatamente ridicoli, privi di qualsiasi base logica, ogni anno l’edizione è meglio di quella prima, che già era stata il top. Ti chiedi se esista davvero gente così e se magari sia tutto finto, tutto studiato a tavolino. Poi li guardi mentre flirtano con quelle frasi melense e capisci che si, è tutto vero. A ogni edizione il livello sale. Quest’anno siamo alle stelle, nell’epica della tv trash. Se i fan sono ancora memori dello storico falò di Bettarini, quello in cui l’ex calciatore si difendeva da uno pseudo tradimento ai danni della sua compagna chiamando “test per capire quanto mi ami” i suoi flirt, qui siamo già oltre. Sull’isola c’è il ragazzo cornificato già al primo giorno dalla ragazza che avrebbe dovuto sposare e che lo accusa di essere un mammone, di farle da serva. La risposta è epica: «Ma quale pulizie che non fai niente, deve sempre pensarci mia madre!». Nemmeno venti minuti dopo, la scena è già un meme e circola di post in post sulla bacheca dei tuoi amici.

Prendere in giro è facile ed è la prima cosa che ti viene da fare osservando i comportamenti di queste persone, prive di ogni pudore o consapevolezza, che vanno al macello in tv svendendo la propria intimità pur di farsi notare. Il fatto è che i tratti comuni a tutte le storie d’amore spesso si somigliano (guardatevi il capolavoro Tommaso di Kim Rossi Stuart che racconta il dramma del maschio non più alpha). Insicurezze, ansie, gelosie, sensazione di essere incompresi. Osservando i concorrenti come delle piccole cavie da laboratorio, tipo dei topi, possiamo notare che hanno delle reazioni lontanamente simili alle nostre, solo più sguaiate. Ed è forse qui l’ingrediente segreto… si tratta di rispecchiarsi in delle dinamiche che abbiamo tutti, ma al tempo stesso di non sentirci tanto ridicoli quanto quelli sullo schermo dove lo scenario è un vero disastro.

Gli uomini appaiono come dei bambini eterni (uno dice: «Non sono più libero di farmi una partita alla Playstation, non sono più me stesso») bisognosi di una figura femminile a cui dare ordini come hanno fatto con la madre. Le donne invece come delle predatrici che chiamano “mettersi in gioco” la loro facoltà di limonare con uno sconosciuto o si sentono più libere ed amancipate in bikini e chiappe in mostra.

Entrambe le squadre sono composte da sconosciuti che dopo poche ore sembrano amici da una vita. Si rivelano le cose più intime, sparlano del partner con cui stanno da anni di fronte al primo sorrisetto, insomma uno scempio. Più che educazione sessuale nelle scuole forse si dovrebbe far vedere questa roba per ricordare alle persone quanto sia importante l’autostima come base di una relazione d’amore sana.

Tolto l’attentato alla morale che rappresenta Temptation Island, gli autori hanno messo in campo puro genio maligno. Dopo mezz’ora ti sembra di aver mangiato la pillola di Maccio Capatonda, quella che ti fa diventare l’italiano Medio, ma tanto sei sul divano di casa tua, nessuno ti vede, una piccola distrazione te la puoi concedere. In fondo è così rassicurante vedere che c’è chi sta peggio.

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