‘Sugar’, Colin Farrell detective hard-boiled in una serie che non è quello che sembra | Rolling Stone Italia
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‘Sugar’, Colin Farrell detective hard-boiled in una serie che non è quello che sembra

L'attore candidato all'Oscar è un investigatore privato old-fashioned che cerca una donna scomparsa a Los Angeles. Fino a un colpo di scena che mina totalmente tutto quello che è successo prima. No spoiler, promesso

‘Sugar’, Colin Farrell detective hard-boiled in una serie che non è quello che sembra

Colin Farrell in 'Sugar'

Foto: Jason Laveris/Apple TV+

Il pezzo di critica televisiva più conciso che abbia letto negli ultimi dieci anni è questo tweet di 58 parole by Topher Florence:

Purtroppo non esiste nessuna serie che si intitoli Surf Dracula, ma il problema di Surf Dracula oggi è onnipresente in Tv. Troppe serie trattano l’intera prima stagione come se fosse una lunga premessa, richiedendo da sei a dieci episodi prima di poter arrivare alla storia che i creatori vogliono effettivamente raccontare. Di tanto in tanto, il pubblico è disposto a essere paziente, come abbiamo visto quando la prima stagione di House of the Dragon ha trasformato il suo primo anno in un prologo per la guerra civile all’interno di Casa Targaryen. Il più delle volte, però, le serie che impiegano un’eternità per arrivare al punto non durano molto.

HBO ha realizzato una serie su Perry Mason che ci ha messo quasi tutta la sua prima stagione per consentire a uno degli avvocati immaginari più famosi di tutti i tempi di esercitare la professione legale. (La seconda stagione, con Perry come avvocato a tempo pieno, era molto meglio, ma a quel punto il pubblico aveva comprensibilmente abbandonato la pratica.) Abbiamo anche avuto un nuovo adattamento di Mosquito Coast la cui prima stagione si è conclusa con i personaggi ben lontani da quella costa, oltre ad altri titoli come The Nevers, Preacher e I Am Not Okay with This, che hanno indugiato per un po’ prima di rivelare quale tipo di serie avrebbero voluto essere da grandi.

Il nuovo dramma di Apple TV+ Sugar (dal 5 aprile sulla piattaforma i primi due episodi, poi uno nuovo a settimana) è un caso estremo anche per gli standard di Surf Dracula: è come se ci fosse una serie intitolata semplicemente Surf Guy e dovessimo arrivare fino alla fine della stagione per scoprire che il nostro aspirante surfista era, in effetti, il signore dei vampiri.

Non posso dirvi di cosa tratti realmente Sugar. Quello che posso dirvi è che inizia come un dramma poliziesco hard-boiled contemporaneo, con Colin Farrell nei panni di John Sugar, un uomo ben vestito e ben pagato specializzato nella ricerca di persone e cose smarrite per clienti ricchi e potenti. Viene assunto dal leggendario produttore cinematografico Jonathan Siegel (James Cromwell) per ritrovare la nipote scomparsa Olivia (Sydney Chandler), e deve capire se il fratellastro Davy (Nate Corddry), il padre Bernie (Dennis Boutsikaris) o le matrigne Melanie (Amy Ryan) e Margit (Anna Gunn) abbiano qualcosa a che fare con la sua sparizione.

Basandoci su tutto ciò che possiamo vedere, Sugar è un eroe dal cuore puro. Offre costantemente ai cattivi una via d’uscita pacifica dai loro guai, fiducioso che vincerà sempre se la situazione diventa violenta e spaventato dal lato di sé stesso così capace di ferire gli altri. Si offre volontario per pagare il viaggio di un senzatetto per tornare a casa e stare con la sorella che l’uomo si vergogna troppo per chiamare, e in seguito accoglie il cane di lui. Quando inavvertitamente riesce a convincere l’ex rockstar Melanie a rispondere adeguatamente alle sue domande, si assicura di riportarla a casa sana e salva e di ignorare le sue avance da ubriaca. Ruby (Kirby Howell-Baptiste), che gestisce i suoi affari, è sempre preoccupata che Sugar stia investendo troppo dal punto di vista emotivo in ogni caso di cui si occupa.

Se Sugar sembra troppo bello per essere vero… be’, è davvero così. Ma non è solo un investigatore privato “santo”, ed è l’altra faccia della medaglia a rendere Sugar molto più complicato sia da raccontare che da guardare. Ci sono diversi indizi nei primi episodi sul fatto che Sugar non sia del tutto quello che sembra. Come dice Melanie durante il loro primo incontro, “C’è di più in te di quanto sembri. Hai dei segreti. Tieni le cose nascoste”. Ma occorre fino alla fine del sesto episodio (sugli otto totali della prima stagione) per svelare quali siano i suoi segreti, e quale sia la sua vera storia. Apple ha dichiarato che la serie, creata da Mark Protosevich (The Cell, Io sono leggenda), “rivoluziona il genere”. È una definizione riduttiva. Quando finalmente si fa un po’ di chiarezza, la trama della donna scomparsa sembra essere stata solo una sorta di riscaldamento prima che Protosevich arrivi al vero cuore del progetto.

E tutto questo è frustrante su diversi livelli, non ultimo il fatto che il pastiche dell’investigatore privato è molto divertente. Diversi episodi sono diretti dal grande regista brasiliano Fernando Meirelles (City of God), e lui e Protosevich non nascondono le loro influenze. Sugar è un grande appassionato di cinema (*), in particolare del genere noir degli anni Quaranta e Cinquanta a cui è ispirata la serie, quindi i suoi viaggi attraverso la Los Angeles di oggi sono spesso intervallati da spezzoni di La morte paga doppio, La morte corre sul fiume, Un bacio e una pistola, Piombo rovente e altri ancora. Non è uno strumento di racconto nuovo, anche se più spesso utilizzato da satire come Il mistero del cadavere scomparso o la prima sitcom della HBO Dream On. Sarebbe perciò facile far sembrare Sugar un pessimo imitatore di Mike Hammer e compagnia, ma le sequenze sono montate nel modo giusto, anche perché la performance di Colin Farrell è così carismatica e “vissuta” che non è difficile immaginarlo protagonista di una versione del Grande caldo, se fosse nato nello stesso periodo di Glenn Ford.

(*) In modo molto divertente, a un certo punto viene menzionato l’amore del protagonista per L.A. Confidential, senza mai sottolineare il fatto che sta lavorando per un uomo che assomiglia tantissimo al cattivo di quel film.

Sugar — Official Trailer | Apple TV+

Il mistero in sé è piuttosto contorto, ma nel modo in cui il genere lo richiede. E ci sono alcuni piccoli intoppi, come Anna Gunn che interpreta la madre di Nate Corddry nonostante abbia solo nove anni più di lui. (Davy è un’ex star bambina, e forse il team creativo ha pensato che Corddry potesse passare per molto più giovane; ma le loro scene insieme sono imbarazzanti.) La versione che Sugar finge principalmente di essere per sei episodi probabilmente andrebbe bene se non ci fosse il grande colpo di scena. (Aiuta il fatto che la maggior parte delle puntate duri circa 35 minuti, evitando che la storia si impantani come fanno tante serie in streaming.)

In ogni caso, anche la serie che Sugar alla fine risulta essere è interessante. Semplicemente mina in toto ciò che è accaduto prima, arrivando anche troppo tardi per sembrare del tutto compiuta, nel momento in cui Protosevich decide che è finalmente ora di scoprire le carte. Il che sembra quasi un imbroglio, perché la storia è raccontata dal punto di vista di Sugar, completa di voce narrante fuori campo che non parla in alcun modo di “quella cosa” (no spoiler) finché il pubblico non l’ha scoperta. Tutto viene presentato in questo modo per togliere il terreno sotto i piedi agli spettatori, ma senza che ne venga ricavato un vantaggio. Se guardassimo lo svolgersi dei fatti attraverso, diciamo, gli occhi di Melanie (Ryan è fantastica, così come tutti gli attori secondari) e poi venisse fuori “quella cosa”, ecco, avrebbe un peso reale. Idem per una versione della storia in cui Sugar in qualche modo non sa di “quella cosa”, e noi la apprendiamo nello stesso momento in cui ne viene a conoscenza lui.

Così è solo farla un po’ sporca fine a sé stesso, ed è controproducente nonché fastidioso. La risoluzione del mistero diventa quasi un ripensamento, mentre la realtà di cos’è realmente Sugar non ha abbastanza spazio per essere pienamente digerita. Questi due concetti potrebbero funzionare molto bene insieme con Farrell come star, il resto del cast e la grande cura nella creazione dell’aspetto e dell’atmosfera di quel mondo. Ma bisogna permettere loro di coesistere, anziché tenerli in panchina per settimane e settimane, il tutto a favore di un’esplosione di WTF in un colpo solo.

Quando arrivo alla fine di una di queste stagioni pilota, cerco di avere speranza riguardo all’eventuale continuazione della serie in questione. Questo ottimismo a volte viene premiato (vedi, di nuovo, la seconda stagione di Perry Mason), ma spesso questo tipo di serie non ci arrivano alla seconda stagione, perché gli spettatori giustamente diventano impazienti. E quelli che ritornano tendono a farlo trascinando i piedi, come se fossero ormai abituati a prendere tutto troppo lentamente. Le parti singole e contrastanti di Sugar sono abbastanza interessanti da rendermi ancora una volta uno spettatore speranzoso, se mai questa dovesse tornare. Ma se così non fosse, i creatori non avranno nessuno da incolpare se non loro stessi. Lasciate che Dracula surfi, ragazzi. Per favore. Le persone vogliono vedere la serie che state cercando di fare, non un riscaldamento infinito prima che la storia cominci.

Da Rolling Stone US

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