«C’è una sola cosa al mondo peggiore del far parlare di sé, ed è il non far parlare di sé». Ecco, questo è un rischio che di certo non corre All’s Fair, che con Il ritratto di Dorian Gray condivide pure l’ossessione per l’eterna giovinezza, solo con più filler, più luci fredde e – certo – meno Oscar Wilde (pardon) e più AI nella writers’ room.
La nuova, campissima serie di Ryan Murphy (su Disney+) schiera un pezzo da 354 milioni di follower su Instagram: Kim Kardashian, nei panni di un’avvocata glamour di nome Allura Grant (già dal nome un cartone animato di lusso: d’altra parte, non tutti si possono permettere una Perfidia Beverly Hills). Il “peggiore show di sempre”, scrive qualcuno (anzi, più di qualcuno: su Rotten Tomatoes ha uno score del 5%, malissimo), un disastro annunciato. Ma di quelli da guardare con un certo rispetto, perché è così assurdamente levigato ed esagerato da sembrare quasi una parodia intenzionale. Intanto Kim condivide le recensioni commentando: «Avete visto lo show più acclamato dalla critica?», LOL.
View this post on Instagram
Sì, All’s Fair è davvero terribile come dicono. E forse proprio per questo perfetta nella sua totale incuranza e sfacciataggine. Ryan Murphy trasforma il femminismo corporate anni Duemila in una sfilata di tailleur color champagne e frasi pseudo-motivazionali tipo «Il lavoro è il mio modo di rilassarmi». E Kardashian le pronuncia con la stessa partecipazione emotiva di Siri che legge una sentenza di divorzio. Ovviamente, il casting della Madre di tutte le influencer funzionava meglio (o meno peggio) in American Horror Story: Delicate, dove Kim – intanto non protagonista – interpretava una PR senz’anima: una creatura famelica di notorietà, disposta a tutto pur di ottenere quello che vuole. Allura vorrebbe essere un’eroina, una figura a cui (ehm) aspirare. E invece è così liscia, lucida e super-umana da sembrare davvero uscita (again) da un laboratorio di intelligenza artificiale.
Intorno, inspiegabilmente, c’è un cast stellare che può fare poco davanti a una scrittura à la copy pubblicitario e a camminate in ralenti attraverso case pazzesche come stile di vita (e di recitazione): da Naomi Watts nel ruolo della collega Liberty Ronson (!), che insieme ad Allura ha abbandonato lo studio legale maschile (e ovviamente maschilista) in cui lavorava per fondare una nuova firma di avvocate divorziste sempre dalla parte delle donne, a Niecy Nash as Emerald Greene (!!), ex poliziotta diventata investigatrice e socia del nuovo ufficio. E poi Glenn Close (epica la sua risposta alle critiche negative sulla serie, vedi il suo Instagram) che presta il volto alla loro mentore, la musa di Murphy Sarah Paulson aka Carrington Lane, diventata nemesi delle nostre dopo essere stata malamente scaricata da loro. E Teyana Taylor (da Perfidia a Milan, qui usata pochissimo) nei panni della receptionist che deve sostenere l’esame di abilitazione alla professione, lo stesso che Kim ha tentato e di cui non si conosce ancora l’esito. LOL/2.

Kim Kardashian e Niecy Nash in ‘All’s Fair’. Foto: Ser Baffo/Disney+
Il risultato è un incrocio improbabile tra Suits e Desperate Housewives ma filtrato attraverso un femminismo post-reale, dove la sorellanza è brandizzata e i momenti di vulnerabilità hanno la durata di una story da 15 secondi. E quando la Allura di Kim dice «Ho fallito, odio fallire», è difficile capire se stia parlando del suo matrimonio (con un giocatore di football di 10 anni più giovane che non sa chi sia Liz Taylor), di una causa in tribunale o della propria performance.
Le protagoniste vincono sempre, ma non si capisce mai davvero cosa. «Amore e guerra, tu hai scelto la guerra, e noi l’abbiamo vinta», dichiara a un certo punto dopo aver risolto in maniera decisamente non ortodossa un caso contro un magnate machista. Quell’empowerment rappresentato da donne potenti, sexy e money-driven è datato? Sicuramente. Ma in modo volutamente kitsch, come se l’auto-consapevolezza fosse un accessorio da guardaroba e non una battaglia. È il campo minato preferito di Murphy: quello dove la serietà implode nel camp, e il camp diventa quasi sublime. All’s Fair è probabilmente l’idea di femminilità più tossica e scintillante che la Tv potesse partorire, e Kim Kardashian, che ha costruito un impero sulla superficie, è il suo Dorian Gray più onesto. È tutto così sbagliato da diventare in qualche modo imperdibile. Peccato che per ora siano disponibili soltanto tre puntate: fatecele vedere tutte e nessuno si farà male.

Kim Kardashian in ‘All’s Fair’. Foto: Ser Baffo/Disney+














