‘Eric’: la recensione della serie Netflix con Benedict Cumberbatch | Rolling Stone Italia
NOT SO SUNNY DAY

Se volevate una nuova serie dark e weird con Benedict Cumberbatch, non perdete ‘Eric’

Il fuoriclasse british interpreta il creatore di un show per bambini à la Jim Henson dei Muppet la cui vita sta cadendo a pezzi dopo la scomparsa del figlio

Se volevate una nuova serie dark e weird con Benedict Cumberbatch, non perdete ‘Eric’

Benedict Cumberbatch, con Eric

Foto: LUDOVIC ROBERT/NETFLIX

La nuova miniserie Netflix Eric pone una domanda universale: e se Jim Henson fosse stato un alcolista emotivamente violento, suo figlio fosse scomparso a metà degli anni Ottanta a New York City, l’indagine avesse coinvolto poliziotti corrotti, una strana discoteca, un accampamento sotterraneo per i senzatetto, e Henson avesse iniziato ad avere conversazioni allucinate con il suo nuovo Muppet per affrontare la situazione? Sapete, la solita vecchia storia.

Tecnicamente Benedict Cumberbatch non interpreta Henson, ma una versione immaginaria del defunto, grande burattinaio: Vincent Anderson, creatore e boss di un amato e longevo programma televisivo per bambini intitolato Good Day Sunshine. In un episodio, Vincent e il suo produttore Lennie (Dan Fogler) discutono addirittura di un incontro passato con Henson, che è forse il modo in cui la creatrice di Eric, Abi Morgan, si assicura che nessuno confonda l’uomo di cui sta scrivendo con l’originale.

Eric chiede quasi di essere guardata attraverso una lente a forma di Kermit la rana. Good Day Sunshine, come Sesame Street (dove Henson presentò per la prima volta Kermit, Ernie e tanti altri Muppet iconici) nel periodo di massimo splendore degli anni Settanta, funziona come un riflesso luminoso dello specchio della Grande Mela durante la sua epoca più cupa e infestata. (Il suo motto, che i bambini adoranti recitano alla fine di ogni puntata, è: “Sii buono, sii coraggioso, sii gentile, sii diverso”.)

Quando Eric inizia, però, sia lo show che il suo inventore hanno visto giorni migliori. I dirigenti di quella Tv pubblica, desiderosi di rimanere nello Zeitgeist, stanno facendo pressioni su Vincent e Lennie affinché aggiungano un personaggio con uno stereo portatile. Il matrimonio di Vincent con Cassie (Gaby Hoffmann) è degenerato in litigi senza sosta. E intanto il figlio Edgar (Ivan Morris Howe) ama il lavoro di Vincent al punto da voler creare un nuovo pupazzo: Eric, appunto, un mostro gigante burbero ma gentile, che assomiglia meno allo Sweetums del Muppet Show e più al Sully di Monsters & Co., ma è anche diventato comprensibilmente diffidente nei confronti del comportamento instabile del padre.

Una mattina, dopo aver assistito a un’altra violenta discussione tra i suoi genitori, Edgar prova a fare da solo il tragitto fino alla scuola elementare e sparisce. Data la fama di Vincent – ​​così come l’influenza del padre magnate immobiliare, Robert (John Doman di The Wire) – al detective Michael Ledroit (McKinley Belcher III) viene ordinato di utilizzare tutte le risorse della polizia di New York per affrontare il caso, anche se questo significa che Vincent stesso risulti essere responsabile di qualunque cosa sia accaduta a Edgar. E mentre la sua vita va in pezzi, Vincent inizia a vedere un Eric tridimensionale, che lo tormenta ovunque vada.

Eric | Trailer ufficiale | Netflix Italia

La carriera di sceneggiatrice dell’inglese Abi Morgan tende a spostarsi avanti e indietro nel tempo, tra film drammatici (Sex Traffic, vincitore del BAFTA nel 2005) e film storici (The Hour, su un telegiornale della BBC degli anni Cinquanta, con Ben Whishaw, Dominic West e Romola Garai). Questo è un period piece ambientato nella stessa epoca di gran parte del suo copione per il biopic su Margaret Thatcher, The Iron Lady, ma questa volta l’ambientazione è dall’altra parte dell’oceano. È un cambiamento enorme, non solo perché lo scenario è così lontano da casa sua, ma anche perché cerca di coprire così tante questioni socioeconomiche attraverso l’indagine di Ledroit e il tentativo di fondere la narrativa urbana tentacolare in stile Richard Price con l’elemento fantasy di Eric, che diventa letteralmente il compagno di viaggio di Vincent.

Alla fine, Morgan e i suoi collaboratori (inclusa la regista Lucy Forbes) probabilmente cercano di comprimere troppi concetti e toni in soli sei episodi. Ma le idee dietro Eric – sia la serie Netflix che il pupazzo brontolone – sono abbastanza intriganti, e la maggior parte dell’esecuzione abbastanza efficace da risultare sempre interessante, anche quando è disordinata.

La Manhattan degli anni Settanta e Ottanta, prima dell’elezione di Rudy Giuliani a sindaco e del conseguente utilizzo di tattiche draconiane da parte della polizia per ripulire la città, può essere difficile da drammatizzare senza cadere nella caricatura. The Deuce della HBO ce l’aveva fatta. La New York di Eric assomiglia un po’ troppo a una visione oscura, esagerata – o, almeno, alla visione di un turista – per essere efficace quanto vorrebbe nel contrastare la sua realtà con le sequenze in cui Vincent e Eric litigano o sniffano cocaina insieme nella discoteca Lux.

Il Lux diventa anche il fulcro della ricerca di Edgar da parte di Ledroit, anche se è chiaro che ha una lunga storia con il proprietario del club, Gator (Wade Allain-Marcus), il che gli rende difficile essere obiettivo. I tentacoli del caso si estendono al club, alla crisi dell’AIDS che colpiva gli uomini gay di quel periodo, ai tentativi pre-Giuliani di ripulire le strade con ogni mezzo necessario e altro ancora, in modi che approfondiscono e interferiscono con la storia. L’indagine sul bambino scomparso è così urgente ed emozionante che travolge tutto il resto nei primi capitoli, rendendo le sottotrame in gran parte non correlate – inclusa una sulle lotte politiche nel backstage di Good Day Sunshine – elementi di pura distrazione. Come per rimediare, Morgan racconta molto di quello che è successo a Edgar a metà dei sei episodi, e questo consente alle altre storie di sembrare più vitali, ma toglie molta suspense dalla trama principale.

Eppure, nonostante tutto ciò, il concept è così irresistibilmente weird, e Cumberbatch e Hoffmann sono così credibili e sinceri, nei panni di questi genitori feriti, in conflitto e terrorizzati, che Eric funziona anche nei momenti in cui sembra aver perso il filo. E il mondo di Good Day Sunshine alla fine riesce ad ancorare tutto il resto. Quando Cassie chiede a Lennie perché lui, Vincent e tanti altri siano ossessionati dai pupazzi, Lennie suggerisce: “Possono dire le cose che noi non possiamo dire”.

Morgan ovviamente non è la prima persona a guardare il mondo creato da Jim Henson e a vederci possibilità creative anche per gli adulti. Il musical vincitore del Tony Avenue Q ha trasformato il sottotesto gay tra Bert ed Ernie in un testo per i litigiosi compagni di stanza Rod e Nicky, e ha fatto cantare al suo analogo Cookie Monster una canzone chiamata The Internet Is for Porn. La poliziotta della omicidi Melissa McCarthy ha collaborato con un detective privato fantoccio in Pupazzi senza gloria del 2018. Serie tv recenti come Greg the Bunny, Wonder Showzen, Kidding e altri hanno utilizzato personaggi simili ai Muppet in storie per adulti.

Del resto, lo stesso Henson cercò spesso di evitare di essere definito esclusivamente come un artista per bambini. Per la prima stagione di Saturday Night Live, aveva creato un gruppo di burattini per uno sketch ricorrente ambientato in un mondo fantastico chiamato Gorch. Uno dei primi episodi pilota di quello che divenne il Muppet Show era sottotitolato Sex and Violence. E una volta portati con successo Kermit, Fozzie e Miss Piggy sul grande schermo, Henson ha usato la sua influenza a Hollywood per realizzare film fantasy più intensi e meno adatti ai bambini come Dark Crystal e Labyrinth.

I tentativi di Henson di evitare il typecasting non furono molto apprezzati durante la sua vita. Lo staff del SNL odiava scrivere gli sketch di Gorch, il pubblico in studio non rideva e furono abbandonati a metà di quella stagione. Le stagioni finali del Muppet Show erano molto più orientate alle famiglie. E sebbene Dark Crystal e Labyrinth siano diventati entrambi dei classici di culto, all’epoca ricevettero risposte contrastanti da critica e pubblico.

Ma dato il suo desiderio di portare i pupazzi in luoghi strani e “adulti”, e visto che Morgan distingue abbastanza chiaramente Vincent dall’uomo che lo ha ispirato, non posso fare a meno di pensare che il vero Jim Henson avrebbe potuto davvero apprezzare Eric.

Da Rolling Stone US

Altre notizie su:  Benedict Cumberbatch Eric netflix