Se amate il cinema, guardate ‘Irma Vep’ in tv | Rolling Stone Italia
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Se amate il cinema, guardate ‘Irma Vep’ in tv

In tempo di crisi delle sale, il rifacimento televisivo di Olivier Assayas del suo film cult del 1996 riflette sull’incontro/scontro tra grande e piccolo schermo. E stravince

Se amate il cinema, guardate ‘Irma Vep’ in tv

Alicia Vikander in ‘Irma Vep’ di Olivier Assayas

Foto: HBO

«Non sto facendo una serie, sto facendo un film», sbuffa René Vidal, il regista riluttante costretto ad assecondare l’esprit du temps, ma soprattutto ad andare là dove ci sono i soldi. Che ora, lo sappiamo, non stanno nel e nei cinema, disertati pure dai cinefili più osservanti, ma in tv (pay) e sulle piattaforme.

Il regista riluttante è il protagonista di Irma Vep (su Sky e NOW dal 3 agosto: data peggiore non poteva esserci), interpretato dal sempre grandioso Vincent Macaigne. Ma è anche lo stesso Olivier Assayas, che prende il rifacimento per la televisione (produce HBO) del suo film omonimo del 1996 come occasione per riflettere sul cinema – il suo, e quello di tutti – e, in definitiva, su sé stesso.

Per i cinefili che, appunto, al cinema ormai ci vanno pochissimo pure loro, questa è un’occasione ghiottissima. Il primo Irma Vep, protagonista l’allora compagna del regista, l’hongkonghese Maggie Cheung, era già una riflessione sui remake. Alla base, là come qua, c’è uno dei primi serial della storia, I vampiri di Louis Feuillade (1915), che appunto diventava, e ridiventa, Irma Vep.

Irma Vep | Official Teaser | HBO

Ma qui Irma Vep è anche la serie fittizia che sta girando René sulla base del proprio film, a sua volta ispirato a quei succhiasangue d’antan… se vi siete persi, non importa. Siamo dalle parte dell’autoanalisi pura: professionale e personale (anche l’immaginario Vidal deve fare i conti con la sua ex cinese, guarda un po’…), in un cortocircuito tra i più seducenti visti di recente.

Si può seguire, ovviamente, la trama pura e semplice: l’attrice protagonista, una star del grande schermo stavolta americana (anche se la sua interprete, Alicia Vikander, è svedese), finirà quasi per combaciare con l’eroina in tutina nera che dà il titolo alla “serie nella serie”. E poi ci sono il suo ex (Tom Sturridge), la sua ex (Adria Arjona), un collega tedesco col vizietto dell’hashish (Lars Eidinger), e il solito rapporto maestro-musa tra regista e attrice.

Ma, cinefilicamente guardandolo, il bello di Irma Vep sta, appunto, nella riflessione sul cinema di oggi, prendendo quel “cinema” per un concetto largo, che, dicevamo, riguarda sempre di più la produzione audiovisiva seriale. «Oggi non si fanno più film, ma contenuti che devono star dietro all’algoritmo», si sente pronunciare, e non senza un gran sconforto generale. Ma forse è sempre andata così: anche i primi film, all’epoca del muto, erano “contenuti”, fa presente qualcun altro; non erano pensati come oggetti d’arte, ma come prodotti confezionati per fare soldi e riempire un contenitore nuovo, esattamente come accade coi servizi di streaming oggi. E ancora: «I grandi romanzieri hanno sempre serializzato le loro opere», che vale anche un po’ come (auto)giustificazione. Hanno tutti ragione, non ha ragione nessuno.

Vincent Macaigne è l’alter ego del regista Olivier Assayas nella serie. Foto: HBO

Vorrei aver partecipato alle riunioni tra Assayas, il francese duro e puro, e HBO, la major USA attenta alla “conversazione” del tempo corrente, per sapere come sono arrivati al punto d’incontro su battute come «Guardate gli Oscar, ormai ci son solo registi coreani e messicani», a endorsare e insieme sbertucciare l’ansia di inclusivity dell’industria americana; o anche quel «Stai sessualizzando l’aggressione a Irma!» urlato dalle assistenti woke per accusare il regista di sessismo.

Irma Vep è la televisione che piace ai cinefili, o forse detto così è riduttivo. «Pensavo che un film di otto ore», così il finto/vero regista definisce il suo progetto per il piccolo schermo, «mi avrebbe portato alla redenzione». Che avrebbe risolto le cose irrisolte, scacciato i fantasmi, dato la risposta definitiva all’eterno conflitto fra arte e mercato. Invece, resterà tutto come prima. Forse il cinema non è morto perché non è mai nato. Siamo ancora al punto di partenza, vampiri sempre in cerca di nuovo sangue per illuderci di sopravvivere.