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Ode a ‘Chi l’ha visto?’, unica parentesi verista in una televisione dilaniata dalle favolette

Il programma condotto da Federica Sciarelli ha il potere di ricordarci che non siamo dei supereroi: no, siamo più simili a una manica di zoticoni dell'Alabama, e tutto ciò che ci separa dalla pazzia è una brutta giornata

Forse non ve ne siete accorti ma, nella giornata che segue la puntata settimanale di Chi l’ha visto?, il celebre programma Rai dedicato alla ricerca delle persone scomparse e all’approfondimento dei misteri italiani più inaccessibili e insoluti, per gli amanti del trash a buon mercato Twitter diventa una vera e propria miniera d’oro.

Eppure, non appena quella patina di ironia inizia a dissiparsi, entriamo in contatto con la dura realtà dei fatti: guardare Chi l’ha visto? con le lenti giuste consente di cogliere quella frattura che separa la realtà dall’apparenza, in modo tale da scoprire nel ridicolo il fondo di sofferenza e, viceversa, nel tragico l’aspetto ridicolo. La mission del programma potrebbe essere sintetizzata così: «I tagli al welfare, l’aumento delle disuguaglianze sociali e le divisioni create da una società sempre più polarizzata generano mostri. E ricordatevi che quei mostri potreste essere voi». 

In Chi l’ha visto? l’obiettivo abbandona la retorica dello sfarzo per condurci in presa diretta in un Paese sfinito, ridotto al macero dalle dinamiche dell’austerity, animato sempre di più da un nuovo sottoproletariato affamato di pane che, giorno dopo giorno, è costretto a inventarsi un espediente che possa rivelarsi utile per sbarcare il lunario; e, da un momento all’altro, quella miseria potrebbe trasformarsi nel brodo primordiale di risvolti tragici e inaspettati. È questa l’impronunciabile verità che l’hashtag #chilhavisto ci sbatte sotto al muso di settimana in settimana quando entra in tendenza e squarcia un velo di Maya che credevamo indistruttibile, portando alla nostra attenzione un’Italia che esiste ma che la maggior parte di noi fa finta di non vedere o avverte come una dimensione parallela; una specie di “mondo di sotto” a cui facciamo caso soltanto raramente, in cui gli intervistati non sembrano i nostri dirimpettai rassicuranti a cui chiediamo lo zucchero per l’impasto della torta, ma ricordano da vicino i tratti stereotipati degli abitanti di una cittadina anonima del Sud degli Stati Uniti in cui non succede mai nulla ma che, nel breve termine, potrebbe rivelare il suo volto peggiore e sanguinario, proprio come accadrebbe in un romanzo di Stephen King.

Forse, il programma condotto da Federica Sciarelli si è assunto il fardello di ricordarci che, sotto al sostrato di convenzioni sociali che abbiamo accettato per convivere pacificamente per evitare di trasformarci in bestie assetate di sangue, si cela un microcosmo perturbante fatto di denti storti, storie di provincia e di sangue, disagi psichici, orrende calamite che disegnano mosaici inquietanti sui frigoriferi, foto di famiglia catartiche, contesti domestici al limite dell’assurdo e outfit, come dire, un pelino eccentrici.

Scorrendo il feed nel giovedì post Chi l’ha visto, la sensazione che si prova è simile a quella che si potrebbe percepire durante la lettura di un romanzo di Cormac McCarthy, la visione di un film dei Coen o di una di quelle serie che, negli ultimi anni, hanno rimaneggiato quella materia e quel tipo di immaginario: con la differenza che, nel caso di Chi l’ha visto?, è tutto maledettamente vero.

Il male è a un passo da noi e, come ci ha insegnato Alan Moore in uno dei suoi capolavori, The Killing Joke, «Basta una brutta giornata per ridurre l’uomo più assennato del pianeta a un pazzo». Un giorno accompagni tuo figlio a scuola, il giorno dopo potresti ritrovarti a fabbricare metanfetamine in garage per pagare le sue cure, come Walter White; un giorno sei Batman, quello dopo potresti trasformarti in Joker. È forse questa la lezione più importante che possiamo trarre da una puntata di Chi l’ha visto?, unica parentesi verista in una televisione dilaniata dalle favolette.

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