'Lorena', il caso Bobbitt e un'ossessione fallica lunga 25 anni | Rolling Stone Italia
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‘Lorena’, il caso Bobbitt e un’ossessione fallica lunga 25 anni

La nuova docuserie di Amazon racconta uno dei processi più mediatici della storia americana, la nuova vita di John (sprofondato nell'alcolismo dopo varie ospitate negli strip club) e la rivincita della moglie Lorena

‘Lorena’, il caso Bobbitt e un’ossessione fallica lunga 25 anni

La fotografia del pene tagliato di John Wayne Bobbitt è forse la madre di tutte le dick pics? L’inizio di una lunga tradizione di falli esposti nella pubblica piazza? L’enorme coverage dello “scandalo Bobbitt” del 1993 – la moglie di John Wayne, Lorena, gli tagliò il pene in preda alla rabbia, innescando un circo mediatico che per mesi ha messo la coppia sulle prime pagine di tutti i tabloid – ha dato vita a due decadi di peni infilati a forza nel dibattito nazionale americano. Brett Favre, Anthony Weiner, Jeff Bezos… scegliete quello che preferite. Ed è impossibile guardare Lorena, la nuova docuserie di Amazon che ripercorre l’incidente (e i due processi che ne sono conseguiti) alla luce del movimento #MeToo, senza pensare alla nostra antica ossessione fallica.

Quella che ricordiamo tutti, comunque, è proprio la storia di quel particolare pene: di come è stato salvato da un team di professionisti che l’hanno recuperato in un campo della provincia del Virginia, dove Lorena l’aveva gettato, nascosto in un contenitore da hot-dog pieno di ghiaccio del più vicino 7-Eleven e trasportato in fretta e furia all’ospedale più vicino, dove è stato restituito al suo proprietario con un’operazione chirurgica miracolosa e molto costosa. Più avanti, quel pene avrà il suo momento di gloria nel mondo del porno.

Quella che non conosciamo, presi com’eravamo dai titoli accattivanti e dalle battute dei late nights sulla “caccia al pene di John”, è la storia dell’abuso che ha portato a quel taglio così estremo. Ma Lorena, prodotta da Jordan Peele e diretta da Joshua Rofé, è qui per sconfiggere la nostra terribile ignoranza.

La serie inizia con il momento in cui la storia è entrata nella memoria collettiva, cioè la notte della mutilazione e della caccia al fallo scomparso. «Non crederai a quello che sto per raccontarti», disse un poliziotto a un collega. «Ma la moglie di questo tizio… gli ha tagliato l’uccello!». La serie mostra i ricordi dei primi soccorritori, che raccontano come i poliziotti stringessero incosciamente le gambe nella sala d’attesa dell’ospedale, sconvolti da quanto fosse disturbante il caso in cui erano incappati. «Oh, ho cominciato a pensare a mia moglie…», dice un altro poliziotto. Il palcoscenico era pronto: questa storia era la svolta barbarica nella guerra dei sessi, e tutti avevano un’opinione.

Ma lo shock viscerale di quel crimine non è l’unico fattore che ha trasformato quel caso di cronaca in un evento nazionale. I Bobbits erano una giovane coppia attraente – lui un Marine, lei una bella ragazza dal viso angelico. Nel secondo episodio della serie, una canzone d’amore fa da sottofondo alla ricostruzione della notte in cui Lorena, allora 19enne, accettò di ballare con il soldato Bobbitt. Non aveva mai ballato con nessuno e, come ha ricordato in una straziante testimonianza del processo, le sembrava un sogno diventato realtà. Ma dopo 10 mesi di corteggiamento e un matrimonio affrettato, la loro storia è degenerata rapidamente. John non riusciva a tenersi un impiego. Abusava della moglie, che invece lavorava a tempo pieno per supportare la famiglia. Presto, dice Lorena, il suo fallimento diventò un dolore anche per lei. Iniziò a bere sempre di più, a picchiarla, a insultarla. I vicini e colleghi della ragazza confermano la sua versione della storia, e racconteranno sia in tribunale che alla stampa come quella piccola donna diventasse sempre più invisibile, ricoperta di lividi e umiliata, racconteranno di averla sentita urlare dentro l’appartamento che condivideva con John.

A un certo punto la violenza è diventata sessuale. John la gettava sul letto e la stuprava analmente mentre piangeva. (Due amici hanno testimoniato che l’uomo si vantava di far “saguinare e contorcere dal dolore” le donne con cui faceva sesso). Secondo Lorena, l’abuso è diventato onnipresente – John minacciava di farla internare, le diceva che era ripugnante, la picchiava e gettava sulle mura della casa, la stuprava regolarmente.

Le leggi americane erano diverse negli anni ’90, e nessuna di queste prove fu ammessa durante il processo di John. Furono presentate durante quello di Lorena, che vediamo attraverso riprese che mostrano un mondo sottosopra. Nell’aula del tribunale, la ragazza racconta una vita di torture orrende; poco fuori l’atmosfera era circense, un gruppo di cameraman di testate provenienti da tutto il mondo si faceva spazio tra magliette celebrative e biscottini a forma di pene. Tutti raccontavano Lorena come se fosse “pazza”, o “una testa calda”. Forse era gelosa, sussurrava la gente – di cosa, esattamente, non è chiaro.

Dopo il processo, i Bobbitt hanno preso strade diverse. Lorena fu ricoverata in un ospedale psichiatrico, dove è rimasta per 45 giorni. Poi ha scelto una vita riservata, è andata al college, si è sposata, ha avuto un figlio e ha fondato una non-profit per le vittime di abusi domestici. Ha ignorato il denaro facile della celebrità, e pare che abbia rifiutato un milione di dollari da Playboy, che voleva fotografarla nuda.

John, al contrario, ha sfruttato tutte le opportunità che gli sono capitate per aumentare la sua notorietà. Dopo i processi è “andato in tour”, il protagonista di eventi inquietanti in alcuni strip club. È diventato un ospite della trasmissione di Howard Stern, dove elogiava i vantaggi di aver subito un’operazione di “miglioramento del pene”. Ha girato un porno basato sulla storia con Lorena. Poi, quando quella fonte di denaro si è prosciugata, si è spostato a Las Vegas, dove ha lavorato al bordello Bunny Ranch, anche lì con pessimi risultati: beveva troppo sul lavoro, e minacciava il management che voleva licenziarlo.

Ha anche collezionato una lista di denunce di violenza sessuale lunga un decennio, compilata da diverse donne in diversi stati. (Per uno di questi casi ha scontato una condanna di 15 mesi in Nevada). Gli autori della serie l’hanno raggiunto a casa sua, a Las Vegas, dove ha offerto il suo punto di vista seduto comodamente su una poltrona reclinabile color crema. Poco fuori, la sua Jeep Cherokee espone con orgoglio la targa “DJTRUMP”. John Wayne Bobbitt si comporta come un camionista di lungo corso mentre ripercorre le notti oscure nascoste nella sua memoria. Impiega un sacco di tempo a descrivere Lorena come una donna feroce, folle e vendicativa. Ha un’opinione simile di tutte le sue vittime – gold-diggers, opportuniste.

Poi, negli ultimi 15 minuti della serie, tutto prende una piega surreale. John cerca di giustificare le sue azioni: «Io… io un po’ capisco Lorena», dice, «perché a mia madre è successa la stessa cosa». Elenca una serie di dettagli orrendi sulla sua infanzia tossica, quando il padre beveva e picchiava la madre, e John e i suoi fratelli venivano molestati da uno zio. Nella scena l’uomo cerca di mostrarsi cambiato, quasi un patetico tentativo di redenzione. Per rendere tutto ancora più bizzarro, Lorena rivela che John le scrive ancora – su Facebook, oppure con lettere vecchia maniera. Legge alcuni dei suoi messaggi: John scrive che Lorena è ancora l’amore della sua vita, e che si è “pentito profondamente” del modo in cui l’ha trattata. Aggiunge anche che se tornassero insieme farebbero un mucchio di soldi.

L’uomo vive il suo rimorso di malavoglia, come se questo accenno di coscienza fosse fuori controllo. La sua redenzione, anche dopo tutto questo tempo, sembra poggiare su basi fragili. Nell’ultima scena, la camera segue Lorena mentre guida la sua auto, gli occhi fissi sulla strada. Con questa serie ha ripreso il controllo della sua storia, se l’è ripresa dopo anni dedicati a un dannato pene. Nonostante si mostri sicura di sé per tutto il tempo, la sua espressione sembra tormentata, come se il dolore provato non fosse ancora abbastanza lontano. Sono passati 25 anni, e a noi sembra lo stesso. Nell’era di Harvey Weinstein e Donald Trump, la rabbia di Lorena vive ancora, e ribolle sotto la superficie.

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