‘Litvinenko’, indagine su un governo non al di sopra di ogni sospetto | Rolling Stone Italia
L’ora del tè

‘Litvinenko’, indagine su un governo non al di sopra di ogni sospetto

La serie Sky sulla morte del dissidente a Londra riapre il vaso di Pandora dei rapporti tra la Russia di Putin e la classe dirigente del Regno Unito. Confermando che questa storia è una ferita ancora apertissima (e attualissima)

‘Litvinenko’, indagine su un governo non al di sopra di ogni sospetto

Foto: Sky

Sono passati poco più di sedici anni, ma potrebbe essere successo ieri o accadere domani. È il 23 novembre del 2006 quando Aleksandr Val’terovič Litvinenko, un dissidente russo in Gran Bretagna, ex agente della FSB, l’organo che si occupa di vegliare sulla sicurezza del Paese all’interno dei suoi confini, spira dopo oltre tre settimane di agonia in un ospedale londinese. Causa del decesso: avvelenamento da polonio, che nella terra di Shakespeare sembra quasi una presa in giro. Il mandante dell’omicidio viene indicato dallo stesso Litvinenko prima di morire: Vladimir Putin, all’epoca Presidente russo e precedentemente direttore dell’FSB. Motivo dell’esecuzione: le molte accuse che Litvinenko ha mosso nei confronti del suo ex superiore negli anni successivi alla defezione, compreso l’omicidio di Anna Stepanovna Politkovskaja, avvenuto il 7 ottobre del 2006. La giornalista, incrollabile oppositrice di Putin attraverso le sue inchieste e i suoi reportage, fu trovata morta nell’ascensore del palazzo in cui abitava, quattro colpi di pistola di cui uno alla testa, un regolamento di conti in piena regola. Guarda caso, era il giorno del compleanno di Putin.

Tutto questo per dire che vedere oggi la serie Litvinenko – Indagine sulla morte di un dissidente (su Sky Atlantic e in streaming su NOW, le prime due puntate sono andate in onda il 25 gennaio, le conclusive due il 1° febbraio) fa ben capire come il tempo sembra essersi cristallizzato. Il mondo è ancora oggi nelle mani di un agente del caos che può fare i comodi suoi dove e quando vuole. E dato che anche nel cinema niente accade per caso, il buon David Cronenberg, con la complicità di Steven Knight (il creatore di Peaky Blinders) aveva ben capito che dare un’occhiata al sottobosco russo a Londra poteva essere interessante. E la cosa in realtà non è cambiata. Quando l’anno scorso Boris Johnson si è visto costretto – in pochi hanno creduto alla spontaneità e al trasporto – a sanzionare i ricchi oligarchi che hanno scelto la terra d’Albione come patria d’adozione, si è scatenato il panico in città. E non tra i diretti interessati, ma tra i molti che grazie a loro vivono una vita fatta di agi e privilegi. Esiste una vera e propria corte dello Zar nel Regno Unito di oggi, tra Knightsbridge e Highgate, la zona dove ci sono le case più costose di Londra. E dove, per esempio e guarda caso, vive Andrey Guryev, un signore che nel portafogli si ritrova oggi qualcosa come quasi cinque miliardi di dollari, una fortuna raggiunta grazie alle sue abilità imprenditoriali e al fatto che abbia potuto comprare metà della PhosAgro, colosso dei concimi e dei fertilizzanti, a un tozzo di pane dal precedente proprietario, Mikhail Khodorkovsky, opportunamente messo in galera dall’appena insediato Putin nel 2004. Khodorkovsky aveva in cassaforte una quindicina di miliardi, dollaro più dollaro meno, derivanti dal controllo della maggior parte del gas siberiano gestito in un consorzio ricchissimo noto come Yukos. Purtroppo il buon Mikhail aveva anche dei difetti, almeno secondo Putin. Uno di questi si chiamava Open Russia, un’organizzazione il cui intento era lo smascheramento della corruzione e la promozione della democrazia in zone a rischio di dittatura. Come, che so, la Russia.

Nel 2003, nel corso di un dibattito televisivo proprio con il nostro caro Vladimir, l’impavido e ingenuo Khodorkovsky si lasciò sfuggire che a suo parere nei palazzi del potere serpeggiava e dilagava la corruzione. Detto fatto: dopo qualche mese viene arrestato con l’accusa di frode, la Yukos viene confiscata dallo Stato (ed è una delle ragioni per cui oggi ci moriamo di freddo) e lui condannato a nove anni di carcere. Vlad (come quel conte che vive in Transilvania, guarda un po’) è però un uomo dal cuore d’oro, e in vista del Natale 2013 decide di dargli la grazia e concedergli di rifarsi una vita altrove. E dopo un periodo in Svizzera, anche Khodorkovsky adesso vive a Londra, quasi in rovina (si è no un 500 milioni per le piccole spese).

Potrei raccontarvene a pacchi di storie come queste, come quelle delle ricche mogli e concubine degli oligarchi che passano il tempo da sole nei loro appartamenti da alcuni milioni a pochi passi da Harrods, tra bottiglie di champagne a colazione e punturine di botox per aperitivo, mentre i loro mariti passano il tempo nei club privati veri, non una Soho House qualunque, offrendo i loro libretti degli assegni (virtuali, naturalmente) al member of Parliament di turno in cambio di un occhio di riguardo. D’altronde, hanno fatto la Brexit, adesso si devono occupare dei brexiters.

Tutta questa digressione per spiegare bene che quello che successe nelle ultime settimane del 2006 a Londra non è stato un evento fine a se stesso, ma parte di una strategia che stava funzionando meglio di una guerra che doveva essere lampo e che sta diventando globale. Ma si sa, non tutti nascono marxisti di tendenza Groucho. Per chi fosse troppo giovane per ricordare, quello che fece seguito alla morte di Litvinenko fu una psicosi su scala europea. Un uomo era stato avvelenato con una sostanza radioattiva nel centro di Londra, tra l’Itsu (popolare catena di fast food giapponese) di Piccadilly Street (sta ancora lì, è di fianco la sede dei BAFTA, dove ho visto la prima puntata di Litvinenko, ci ho mangiato una zuppa prima di entrare in sala) e il Millennium Hotel di Mayfair (dopo essere rimasto chiuso qualche tempo per una rinfrescata, ha riaperto con una nuova identità, ora si chiama The Biltmore). Questa sostanza era stata portata a Londra, era andata in giro per la città, venendo a contatto potenzialmente con migliaia di persone che potevano avere assunto radiazioni, diventando quindi pericolose per sé e per gli altri. E non solo nella capitale britannica, ma anche viaggiando, in aereo, in treno, magari andando nel Vecchio o nel Nuovo Continente. Insomma, l’omicidio Litvinenko oggi potrebbe essere visto come una sintesi tra Černobyl’ e il Covid, con la regia dell’uomo che sta oggi facendo la guerra al mondo.

Una scena di ‘Litvinenko’. Foto: Sky

Nelle quattro puntate della serie diretta invece da Jim Field Smith questa paranoia è raccontata bene, così come le indagini e la morte di Litvinenko, interpretato dal sempre bravo David Tennant, che negli accenti è secondo solo al nostro Pierfrancesco Favino. Il suo russo è stato ritenuto eccessivo da molti critici della stampa britannica, certamente su indicazione di valenti consulenti madrelingua. Tennant è anche produttore esecutivo di Litvinenko, serie che è in patria è stata scelta per inaugurare ITVx, la piattaforma streaming del terzo canale nazionale britannico. La critica non ci è andata leggera, in particolare il Guardian ha accusato gli showrunner di avere trasformato un dramma umano in un poliziesco procedurale, a discapito della verità.

C’è da dire che quest’ultima, o almeno la ricerca della stessa, è stato proprio il governo inglese a cercare di insabbiarla per anni, per non compromettere i rapporti diplomatici (ed economici) con la Russia di Vladimir Putin. Solo nel 2011 Marina Litvinenko, la vedova, ebbe modo di far avviare una perizia sul corpo del marito per stabilire esattamente le cause della morte, perizia che per una ragione o per l’altra era sempre stata rimandata. Nel 2015 finalmente riesce a ottenere un’inchiesta (decisione presa dall’allora Ministro degli Interni Theresa May…) che porta all’incriminazione dei sospettati principali, Andrei Lugovoi e Dmitry Kovtun, mai estradati dalla Santa Madre Russia. Nel settembre del 2021 la Corte Europea per i Diritti Umani ha sentenziato che è il governo russo il responsabile della morte di Litvinenko, condannandolo a un risarcimento di 100mila euro nei confronti della famiglia, soldi che probabilmente non verranno mai erogati. Decidete voi dov’è il danno e dove la beffa.

“Questa storia non finirà finché esisterà Vladimir Putin”, ha detto con calma olimpica Marina Litvinenko alla presentazione della serie. E non c’è molto altro da dire. Aleksandr Val’terovič Litvinenko è seppellito nel cimitero di Highgate. A poche centinaia di metri dalla casa da 30 milioni di sterline di un ricco e potente amico di Vladimir Putin.

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