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In ‘The Undoing’ è tutto ‘porn’, a partire dai cappottini di Nicole Kidman

Ma anche attici newyorkesi, abiti da sera, beach house vista oceano. Nella serie con la diva australiana e Hugh Grant che ha fatto impazzire gli USA, è tutto perfetto. Attenzione: si rischia l’overdose da figaggine

Foto: Niko Tavernise/HBO

Prima d’iniziare a parlare di The Undoing – Le verità non dette – nuova serie HBO creata da David E. Kelley e diretta da Susanne Bier: dall’8 gennaio tutti gli episodi sono on demand su Sky e in streaming su NOW TV – tocca aprire un paio di parentesi. La prima: se l’invidia sociale è una brutta bestia contro la quale combattete estenuanti battaglie, non guardatela, vi fareste soltanto del male. La seconda: se un doppio carpiato nel benessere più sfrenato non vi spaventa, decidete sin da subito se preferite un’overdose o una dipendenza. Mi spiego meglio: una volta visto il primo dei sei episodi che la compongono, sarà difficile, quasi impossibile, smettere. Quindi, regolatevi in anticipo in base ai vostri ritmi sonno/veglia, ai vostri impegni lavorativi e alla vostra personale autodisciplina. Vero è che avere una specie di imprescindibile appuntamento quotidiano, di ‘sti tempi che somigliano a un eterno giorno della marmotta, non è una cattiva idea. Ciò consigliato e chiuse tutte le parentesi, veniamo a noi.

Grace Fraser (Nicole Kidman) è una terapista di successo, abita a New York con suo marito Jonathan (Hugh Grant), uno stimato oncologo pediatrico, e con il figlioletto Henry (Noah Jupe), che incredibilmente non assomiglia a nessuno dei due, manco mettendocisi d’impegno. Sono ricchissimi, elegantissimi, ammiratissimi, azzarderei pure colti, e vivono la vita che chiunque dotato di un minimo di senno sognerebbe. Le cose vanno a gonfie vele finché un violento omicidio e i suoi inquietanti risvolti sconvolgono l’equilibrio famigliare, seguendo il vecchio e infallibile impianto del nulla è come appare, dietro alla presentabilità sbandierata a destra e a sinistra chissà che segreti si nascondono. Metà thriller psicologico, metà drammone coniugale, in ogni puntata non succede praticamente niente se non un capovolgimento nei minuti finali, con un furbissimo cliffhanger piazzato lì solo per aumentare la nostra salivazione e farcene desiderare sempre di più.

Nicole Kidman con la pelliccia tosata verde già cult. Foto: Niko Tavernise/HBO

La domanda attorno alla quale ruota la serie – «Chi ha ucciso Elena Alves?» (una Matilda De Angelis molto nuda e molto sexy) – è chiaramente il motore che manda avanti la baracca: sarà stato Hugh? Sarà stata Nicole? Sarà stato il marito cornuto di Elena? Sicuri che la migliore amica di Nicole la racconti giusta? Ma perché, scusa, il suocero no? (Nota a margine, il suocero in questione è Donald Sutherland.) Il problema – o forse dovrei dire il bello – è che l’identità dell’assassino della povera Elena – che muore subito, nel primo episodio – diventa secondaria rispetto allo tsunami di porn che ci troviamo a dover gestire. Negli Stati Uniti, dove The Undoing è andata in onda a novembre facendo letteralmente impazzire il pubblico (e le Kardashian). Non c’era magazine femminile che non citasse la sfilza di cappotti favolosi esibita da Grace Fraser, realizzati dalla costumista danese Signe Sejilund. Uno in particolare, la pelliccia tosata verde oliva, sarebbe in grado di trasformare qualsiasi donna nel mostro delle paludi, ma non lei: lei d’altronde è Nicole Kidman, ha dalla sua quei capelli, quegli occhi, quel portamento e quell’ottimo chirurgo plastico che riesce a levarle gli anni di dosso, senza regalarle senso del ridicolo.

Grace (Nicole Kidman) col figlio Henry (Noah Jupe). Foto: Niko Tavernise/HBO

Il cappotti-porn è uno spettacolo parallelo a The Undoing, che scatena però importanti interrogativi di natura umana e meteorologica: come fa Grace Fraser ad andare in giro a New York, in pieno inverno, con un misero capotto? Al massimo con i guanti (di pelle, sia mai!), rinunciando a una sciarpina di lana e a un berretto? Quando ha maturato una sopportazione così stoica del freddo – c’ho vissuto, so di che parlo: ai tempi miei si sfiorò un -18° – che le permette di non sacrificare lo stile sull’altare del calore e della comodità? È forse una creatura ultraterrena? Il dubbio è legittimo, soprattutto considerata l’assenza di rughe (è la mancanza di preoccupazioni che accompagna l’agio, osserverebbero i maligni), nonché l’assoluta perfezione del vestito da sera plissettato che sfodera in occasione della raccolta fondi organizzata dalla scuola del figlio non somigliante ai genitori. Un dress-porn in piena regola firmato Givenchy, che è andato sold out in un battito di ciglia: nulla di anormale, se non che per levarsi lo sfizietto erano necessari settemila dollari – circa cinquemila durante i saldi, usufruendo di un generoso sconto del 30% – e che il 2020 non verrà certo ricordato per feste o raccolte fondi. Ma chi siamo noi per sottilizzare.

Nicole Kidman (con il vestito Givenchy andato a ruba) e Hugh Grant. Foto: Niko Tavernise/HBO

Certo, pure Hugh Grant in smoking è notevole (tuxedo-porn, non so se esista ma concedetemelo), e gli si perdona che faccia la parte che gli riesce meglio, quella dell’adorabile stronzo impenitente, soltanto nella prima puntata. Un po’ perché, come era già successo per Big Little Lies – sempre David E. Kelley, sempre Nicole Kidman – ci sono le case a distrarci, con gli interni da servizio su Architectural Digest e un real estate-porn che qui tocca il suo apice. La townhouse dell’inizialmente invidiatissima coppia – toni caldi, cucina con mattoni a vista, mobili in legno, letto padronale con meraviglioso telaio in bronzo – è una proprietà su Fifth Avenue valutata 30 milioni di dollari. Il superattico con vista su Central Park del suocero, invece, è un tripudio di marmi, oro, sublimi parquet e preziosi quadri, con ambienti così austeri e formali da assomigliare a un museo. La beach house di famiglia, su una spiaggia nel nord di Long Island, infine, è esattamente come ci s’immagina il buen retiro dei ricchi: legno, grandi verande, predominanza di blu e verde in stile vintage, accesso diretto all’oceano. La buona notizia è che si può trovare in affitto su Airbnb, la cattiva che in media la richiesta è di mille dollari al giorno, Nicole e Hugh esclusi.

In The Undoing sono tutti talmente fighi ed è tutto talmente, dannatamente bello, che manco ci s’accorge che, nell’arco di quarantacinque minuti, non accade quasi nulla. Si sta lì, un po’ imbambolati, a sospirare davanti a cappotti, zigomi, pianoforti, sale da pranzo e camere da letto, e pian piano la domanda attorno alla quale ruota la serie – «Chi ha ucciso Elena Alves?» – passa in secondo piano rispetto a una questione assai più urgente, che oserei definire di principio. E cioè, possibile che Nicole Kidman, psicanalista di grido da trecento dollari a seduta, non avesse capito un tubo di quel che le stava succedendo intorno? Che non avesse mai subodorato il Grande Trauma del passato del marito? Che non si fosse mai posta qualche dubbio sui suoi nebulosi trascorsi? Cosa li paghiamo a fare, gli analisti, se nemmeno s’accorgono che il coniuge ha una doppia vita? Non so come si siano comportati i clienti di Grace Fraser, ma io minimo minimo avrei chiesto un risarcimento.

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