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Il personale è (sempre più) politico, nella terza stagione dell’‘Amica geniale’

Le storie di Lila e Lenù si scontrano con la Storia che, alla vigilia degli anni ’70, irrompe con una prepotenza ancora maggiore. Costringendo i due personaggi di Elena Ferrante a fare i conti con la propria ‘smarginatura’, con l’eterno stare dentro e fuori la vita

Foto: HBO/Rai Fiction

Nella seconda puntata della prima stagione dell’Amica geniale c’è una scena (la prima di molte) che fa gelare il sangue: il padre della piccola Raffaella “Lila” Cerullo, dopo averle proibito categoricamente di proseguire gli studi oltre le elementari, per mettere a tacere le proteste della bambina la solleva e la getta di peso dalla finestra. La casa si trova al pianterreno, Lila ne esce praticamente illesa, almeno nel fisico: ma il gesto del padre – inatteso, violento, insensato – è di impressionante chiarezza simbolica. Da quel momento, Lila è brutalmente e dolorosamente gettata “fuori”: da un mondo possibile, da un futuro migliore, e anche da sé. È forse il momento in cui tutto deraglia irrimediabilmente, i confini delle cose si confondono, si prefigura “la smarginatura”, comincia – per dirla con Elena Ferrante – a «saltare l’indentatura delle cose».

Viene da ripensare a quella scena, ritrovando Lenù e Lila all’inizio della terza stagione dell’Amica geniale, cominciata su Rai 1 il 6 febbraio, dopo un’attesa allungata terribilmente dalla pandemia. La nuova stagione, tratta dal terzo romanzo di Ferrante, Storia di chi fugge e di chi resta, ritrova le due amiche in luoghi che più lontani non si potrebbe. E la serie stessa sceglie di “separare” le due protagoniste, incentrando il primo episodio su Lenù e il secondo su Lila. La prima, come abbiamo visto nel finale della stagione precedente (che era finita a inizio marzo 2020, un attimo prima del primo lockdown… insomma, in un’altra era!), ha pubblicato un libro, molto chiacchierato anche perché molto esplicito, e sta per sposarsi con Pietro Airota, figlio di un professore in procinto di diventare professore a sua volta. Tornata al rione in attesa del matrimonio – ma impegnata a viaggiare fino a Milano per le presentazioni del suo romanzo –, è una presenza ormai quasi del tutto estranea all’ambiente in cui è cresciuta, da cui si sente, ancor più del solito, aggredire e soffocare. Lila, invece, si consuma in fabbrica, tra turni massacranti, molestie all’ordine del giorno e un impatto sul suo fisico che si fa giorno dopo giorno sempre più debilitato.

Margherita Mazzucco alias Elena Greco detta Lenù. Foto: HBO/Rai Fiction

Con il 1968 la politica irrompe anche nelle vite delle due ragazze: il fidanzato di Lenù appartiene a una ricca famiglia di intellettuali di sinistra, e la coppia decide di sposarsi civilmente e non in chiesa, suscitando le ire della madre Immacolata. A Milano per una presentazione, Lenù incappa anche in un’occupazione degli studenti dell’Università Statale, che le ispirano un senso di liberazione, ma di cui non può non individuare le contraddizioni. Per quanto riguarda Lila, invece, gli amici d’infanzia Enzo (con cui prosegue un rapporto dolce e complicato) e Pasquale si sono iscritti al Partito Comunista e, dopo aver ascoltato il racconto dei soprusi cui è costretta in fabbrica, organizzano insieme ad alcuni studenti azioni di volantinaggio destinate a inasprire lo scontro anche con i fascisti del rione.

Lenù, come sempre, segue la corrente; Lila, sempre più sfinita, non può fare altro che opporsi a ogni tipo di costrizione, autorità o ordine (foss’anche quello dei giovani aspiranti rivoluzionari). Il suo fisico e la sua mente sono sempre più sofferenti. Ed ecco che, chiamata al capezzale dell’amica febbricitante in un minuscolo appartamento popolare, Lenù realizza che, per quanto apparentemente agli antipodi dell’amica, avrebbe potuto esserci lei, in quel letto, sfatta e sofferente: se fosse stata gettata anche lei, come molte altre, fuori dalla “finestra” delle possibilità future, dello studio, della crescita, della consapevolezza di sé, dell’accesso alla conoscenza, della costruzione di un’identità.

Cambia regista con questa terza stagione, L’amica geniale, ma continua un viaggio coraggioso perché inedito nel panorama televisivo italiano, e non solo in casa Rai. Daniele Luchetti in carriera ha affrontato più volte temi politici (il suo Il portaborse, con Nanni Moretti attore, anticipò Tangentopoli; Mio fratello è figlio unico, con Elio Germano e Riccardo Scamarcio, affondava in quegli stessi travagliati anni ’70 che faranno da sfondo a questa stagione dell’Amica geniale) e, raccogliendo le redini del progetto da Saverio Costanzo, continua a cogliere la potenza della letteratura di Ferrante: quella di Lila e Lenù non è una semplice storia d’amicizia, o una saga familiare, ma un modo di rileggere la Storia d’Italia (e non solo) attraverso la storia delle donne.

Gaia Girace nei panni di Raffaella ‘Lila’ Cerullo. Foto: HBO/Rai Fiction

“Il personale è politico” è un classico slogan femminista, spesso anche frainteso, ma in questo caso è più che mai appropriato: ogni aspetto dell’esistenza delle protagoniste dipende dal posto che, in quanto donne, il mondo vorrebbe assegnare loro, dalle gabbie più o meno dorate in cui la società, per quanto in evoluzione, vorrebbe rinchiuderle. Lila, come sempre, è accesa da una ribellione indomabile che spesso la brucia, in quella che lei stessa chiamerà “smarginatura”; l’apparente libertà di Lenù, invece, è il segno di una diversa “addomesticazione”, quella nei confronti di un ceto intellettuale che – come sottolinea proprio la vicenda di Lila – è troppo lontano dalla realtà operaia per poter fare la differenza. L’odiato (dai fan, che siano lettori o spettatori) Nino Sarratore è tanto detestato anche perché incarna un tipo di violenza maschile più subdola e pericolosa rispetto a quella sfacciata di personaggi come Michele Solara o Stefano Carracci.

Le tensioni politiche dell’Amica geniale, però, prendono vita ancora una volta nel rapporto tra Lenù e Lila, in quell’irrisolvibile grumo di amore e rivalità, competizione e rispecchiamento che le ha caratterizzate fin dal primo giorno in cui si sono conosciute, bambine, sui banchi di scuola. Il personale è politico anche perché, più che in qualsiasi altra cosa, continuano a ritrovare se stesse l’una nell’altra: l’unica recensione del romanzo che interessa davvero a Lenù è quella della sua amica Lila, l’unica persona a cui Lila sa di poter affidare il figlio è Lenù.

La scelta di conservare nel ruolo le attrici Gaia Girace e Margherita Mazzucco, scelte adolescenti al tempo della prima stagione e maturate davanti ai nostri occhi nel corso degli episodi, è allora più che mai sensata: sì, sono giovani, ma hanno raggiunto una simbiosi di autenticità impressionante con i loro personaggi; e anche nel loro essere “piccole”, apparentemente “indifese” nei confronti di un universo ostile, si rivela, insieme, la loro fragilità e la loro forza. Nell’Amica geniale riescono a dare corpo e spirito a quelle vite invisibili che raramente sono state protagoniste della Storia, sul grande o sul piccolo schermo; e, come chiede Lila a Lenù sul finire della seconda puntata di questa terza stagione, ci implorano soprattutto di continuare a guardarle, sempre, «anche quando ce ne andiamo».

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