‘Call My Agent – Italia 3’: la recensione della terza stagione della serie Sky | Rolling Stone Italia
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‘Call My Agent – Italia 3’: noi balliamo da soli

Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi. La terza stagione della serie Sky sui retroscena del nostro showbiz è diventata adulta. E i suoi agenti possono camminare anche senza guest (comunque irresistibili)

‘Call My Agent – Italia 3’: noi balliamo da soli

I tre agenti della CMA: Gabriele (Maurizio Lastrico), Vittorio (Michele Di Mauro) e Lea (Sara Drago)

Foto: Chiara Calabrò

Come si (ri)costituisce una memoria cinematografica in un Paese che sembra averla persa, in cui nessuno o quasi va più al cinema, dove si continua a rilanciare uno star system che forse ci vogliamo (possiamo) solo immaginare? Creando un mondo in cui quella memoria non solo esiste, ma dove anzi non è memoria: è realtà. Call My Agent – Italia non è però una distopia: è una realtà che assomiglia molto a quello che eravamo, e che possiamo (vogliamo) ancora essere.

Certo, questo mondo l’abbiamo dovuto prendere in prestito dai francesi (ora di Dix pour cent stanno girando il film con, tra gli altri, George Clooney, o così pare); dai francesi che un’industria, uno star system e gente che va al cinema ce l’hanno. (L’altra sera a Parigi sono andato a vedere un piccolo film francese d’autore in un piccolo multisala che dava solo piccoli film francesi d’autore, ed era pieno di gente, e mi veniva da piangere).

A un certo punto della terza puntata della terza stagione di Call My Agent – Italia (dal 14 novembre su Sky e NOW), la Luana Pericoli di Emanuela Fanelli, cioè l’attrice mitomane che si percepisce star (come tutti oggi), dice a Stefania Sandrelli: «Tu già mi conoscerai, perché immagino ti sia arrivato alle orecchie che io sono un po’ considerata la tua erede». E quel mondo così finto e così vero, in cui l’attrice mitomane dice alla grande gloria, sentendosi sua pari, che ricorda tutti i suoi grandi film («Io la conoscevo bene, C’eravamo tanto amati, Dramma della gelosia…»: Luana Pericoli non sa niente, come tutti oggi), non implode su sé stesso, ma sembra invece del tutto plausibile.

Call My Agent Italia S.3 | Trailer Ufficiale

Però poi quel mondo, nelle due solidissime stagioni che l’hanno portato lontano dalla matrice originale (la showrunner, come si dice oggi, era Lisa Nur Sultan, la regia era di Luca Ribuoli), è diventato talmente riconoscibile che oggi può allontanarsi pure da sé stesso. O meglio: posto che quest’angolo di multiverso adesso esiste, il giochino su che-attore-famoso-fa-cosa è meno rilevante della crescita di quel mondo stesso, che ormai ha i suoi abitanti, le sue leggi, i suoi teneri e imprevedibili sviluppi. Ed è lì che ora ci interessa davvero andare.

Se vogliamo che tutto rimanga com’è, eccetera eccetera. E allora in queste nuove puntate qualcosa cambia (la guida della sceneggiatura è affidata a Federico Baccomo, che firma con Tommaso Renzoni e Camilla Buizza, la regia è di Simone Spada), ma non cambia niente. Anche se cresce la linea orizzontale, come si dice oggi, cioè le storie degli agenti (ci si affeziona ancora di più a Michele Di Mauro, Sara Drago e Maurizio Lastrico, sempre più bravi), degli assistenti (Sara Lazzaro, Francesco Russo, Paola Buratto, Kaze, anche loro cresciuti come i loro ruoli), più i nuovi ingressi (Gianmarco Saurino villain, Nicolas Maupas love interest a sua insaputa) e i soliti regular, come si dice oggi (Fanelli, Corrado Guzzanti e, non ce ne vogliano gli umani, il cane Marcello). E si capisce che, per farci stare belli comodi lì dove ci ha portati, un mondo deve diventare una famiglia.

Qui sta il paradosso, e il successo, di Call My Agent. Il fatto di essere una serie che parla di cinema facendo quello che le serie non fanno più: essere delle serie, appunto, e non dei film allungati. Essere un mondo che vive degli archi ampi e sempre più complessi dei suoi personaggi, che diventano col tempo clan non distopici ma semplicemente alternativi. Creare l’abitudinarietà, più che l’evento.

Michele Di Mauro alias Vittorio con Stefania Sandrelli. Foto: Chiara Calabrò

Poi, ovviamente, c’è il giochino “meta” delle vere star nel mondo fittizio. Oltre a Sandrelli, in questa stagione ci sono, brillantemente, Luca Argentero, Michelle Hunziker e Aurora Ramazzotti, il cast di Romanzo criminale – La serie, Miriam Leone, Ficarra & Picone. Ma tutti, anche qui, sembrano più al servizio delle trame principali che – come avveniva anche all’inizio dell’originale francese – viceversa.

La puntata finale della seconda stagione (dove, en passant, c’ero anch’io: lasciate che perduri pure il mio momento da attore mitomane) ci lasciava a Venezia, sulla spiaggia dell’Excelsior, con una nota malincomica da commedia all’italiana. Da lì si ricomincia per questo terzo atto. Da quello spleen perché Marzia Ubaldi, la grande Elvira, non c’è più. Perché i personaggi che prima non sapevamo chi fossero adesso sono diventati grandi e devono provare a diventare grandi anche le loro storie. Perché noi quel mondo lo conoscevamo bene, e poter credere che da qualche parte possa esistere ancora ci fa sentire forse illusi, ma felici.