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‘And Just Like That…’ Carrie & friends perdono Samantha e il ‘Sex’, ma cosa ci guadagnano?

Da comedy sfrenata che ha rivoluzionato la tv, il revival di ‘Sex and the City’ passa al drama, nel bene e nel male. E si aggiorna (non senza scivoloni) al tempo e al dibattito di oggi. Provando a indicare una nuova via per le sue protagoniste

Foto: HBO/Sky

Esistono due versioni di Sex and the City, stampate nella memoria collettiva. La prima è una serie tv di fine anni ’90-inizio nuovo millennio, per moltissimi aspetti rivoluzionaria, a partire dal formato: a tutti gli effetti una comedy, nella sua durata di meno di mezz’ora a episodio, nelle trame intrecciate attorno a un “tema del giorno” e incorniciate dai commenti in voce off dell’eroina Carrie Bradshaw, nel tono brillante da commedia sofisticata che riusciva ad altalenare efficacemente momenti buffi e riflessioni sul romanticismo e le relazioni. La seconda è un fenomeno pop difficilmente eguagliabile, che corrisponde anche all’idea che di Sex and the City ha pure chi non ha mai visto mezzo episodio: tante chiacchiere tra amiche, principalmente sul sesso e sull’amore, ristoranti di grido e feste in locali in, fiumi di Cosmopolitan, una patinata Manhattan come quinta protagonista, abiti all’ultima moda e scarpe ultra costose, quintali di product placement di lusso, e via discorrendo. Entrambe queste versioni di Sex and the City sono vere, ma è vero anche che, col tempo, la seconda ha finito sempre di più per fagocitare la prima, il fenomeno ha finito per imporsi sulla serie che l’aveva generato.

Oggi, dopo 12 anni dall’ultima volta in cui sono apparse su un grande schermo e a 17 da quando hanno concluso la serie originale, tornano in tv le protagoniste di Sex and the City. È indiscutibilmente un evento: un altro di quei revival che quasi tutti pensavano non si sarebbe mai fatto, anche se non per mancanza di tentativi. Il tremendo film Sex and the City 2 aveva sì fatto inorridire la critica e buona parte dei fan, ma aveva attirato comunque in sala frotte di spettatori: un terzo lungometraggio o, appunto, una stagione revival sembravano un passo abbastanza logico, almeno commercialmente parlando, non fosse per l’opposizione di Kim Cattrall, l’interprete di Samantha che, nonostante le offerte economiche astronomiche e le implorazioni anche pubbliche di fan e colleghi, ha deciso insindacabilmente che quel ruolo non l’avrebbe vestito mai più. Può esistere Sex and the City senza Samantha? Be’, And Just Like That…, l’atteso revival di Sex and the City, è cominciato il 9 dicembre in contemporanea mondiale (anche in Italia, su Sky), quindi, naturalmente, sì, una versione di Sex and the City senza Samantha esiste. E com’è? Andiamo con ordine.

Senza Samantha, appunto

Nei primi minuti di And Just Like That… protagoniste e sceneggiatori si tolgono subito il dente, sperando che di conseguenza sparisca anche il dolore: Samantha ora vive a Londra, ha litigato aspramente con Carrie, non risponde ai messaggi di nessuna, è andata così, non ci si può fare niente, il quartetto ora è un trio. È una soluzione che, almeno da quanto vediamo nei primi episodi, lascia intendere che la porta è ancora aperta: al di là del cattivo sangue che – dicono i ben informati – scorre tra Kim Cattrall e Sarah Jessica Parker, poche cose sarebbero più apprezzate (e drammaticamente esaltanti) di una riconciliazione tra le due.

L’assenza di Samantha, però, sembra però anche incarnare e riassumere tutte le altre “mancanze” di questo revival, che non ha più il sesso nel nome e neanche nei fatti: a metà dei propri cinquant’anni, Carrie, Charlotte e Miranda sembrano aderire al ruolo di donne di mezza età più o meno realizzate, adagiate nei propri solidi, e molto casti, matrimoni. Charlotte è una tipica super mamma dell’Upper East Side, impegnata a pianificare il privilegiato futuro delle figlie e a organizzare eventi elitari; Miranda ha mollato la carriera in un grande studio legale per tornare a studiare Legge e specializzarsi nella difesa dei diritti umani, e per sua stessa ammissione il figlio adolescente Brady fa infinitamente più sesso di lei; Carrie si è convertita a Instagram e ai podcast, ed è proprio registrando un podcast che mostra tutto il proprio disagio nel parlare apertamente di sesso e masturbazione. Non possiamo fare a meno di chiederci: dov’è finita la Carrie Bradshaw che conoscevamo?

Non comedy, ma drama

Sarah Jessica Parker con Chris Noth, alias Mr. Big. Foto: HBO/Sky

Con Samantha e con il sesso, pare sparita quasi del tutto anche la commedia. Ogni tanto, nei dialoghi veloci, lo humour di un tempo fa capolino, anche se il ritmo, soprattutto negli scambi fra le protagoniste, sembra aver bisogno di ancora un po’ d’allenamento per compensare l’assenza di Samantha: come – in modo diversissimo – in Friends, ognuna delle quattro amiche portava con sé un tipo di comicità specifico e distintivo, e l’alchimia era data dalla somma delle parti. Ma And Just Like That… è un drama fin dal formato: gli episodi (che saranno dieci in tutto) sono lunghi 45 minuti l’uno, la voce fuori campo di Carrie non si sente quasi mai, il tono è in generale molto molto più serio e alla fine del primo episodio – ma se siete arrivati fin qui senza saperne niente, non saremo noi a spoilerarvi – accade qualcosa di tragico che instrada la narrazione su una china volutamente malinconica, cupa e riflessiva. “Non possiamo certo rimanere quelle che eravamo”, dice all’inizio Miranda, sottolineando le intenzioni della serie.

Woke and the City

Cynthia Nixon/Miranda con Karen Pittman, che interpreta la prof. Nya Wallace. Foto: HBO/Sky

E infatti questo scarto di registro va a braccetto con l’esibita volontà di aggiornarsi, di mettersi al passo con la contemporaneità, e anche un po’ di rispondere (rimediare?) alle tante, in moltissimi casi legittime, critiche che sono piovute su Sex and the City nel corso degli anni e dei mille rewatch (a dirla tutta, come già accadde con Friends, le perplessità sulla rappresentazione di una New York per nulla multietnica erano già state sollevate durante la messa in onda originale). Se nel 1998 una serie con protagoniste quattro amiche in carriera, indipendenti, emancipate, tendenzialmente libertine, sboccate e sincere era innovativa (e in realtà, per questi aspetti, lo è ancora oggi), non bisogna dimenticare che, al cuore, Sex and the City è sempre stata meno progressista di quanto appariva: alcuni “scivoloni” su razza, genere e orientamenti sessuali possiamo anche annoverarli come “prodotto del suo tempo”, ma l’ossessione per la ricchezza, per un ideale di vita borghese, per un “lieto fine” contraddistinto da un classico matrimonio borghese sono sempre stati lì a dirci che le nostre eroine erano più tradizionali(ste) di quanto dicevano. Anche qui, Samantha è sempre stata l’elemento più destabilizzante, e anche qui la sua assenza si fa sentire.

In And Just Like That… il suo vuoto viene riempito con nuovi personaggi, tutti, non casualmente, non bianchi: Che, comedian non binary che conduce il podcast di Carrie (Sara Ramirez, da Grey’s Anatomy); Lisa, un’altra super mamma dell’Upper East Side che fa amicizia con Charlotte (Nicole Ari Parker); Nya Wallace, professoressa universitaria con cui si scontra e s’incontra Miranda (Karen Pittman, già in Luke Cage e The Morning Show); Seema Patel, un’agente immobiliare che si avvicina a Carrie (Sarita Choudury, che trent’anni fa esordì con Mississippi Masala di Mira Nair). Le interazioni con questi personaggi sono spesso caratterizzate da un disagio, anche generazionale, che nasconde possibili evoluzioni interessanti, ma che, almeno all’inizio, assomiglia più a un elenco di “argomenti rilevanti dell’attualità” da spuntare, e che ogni tanto dà luogo ad altri scivoloni involontariamente imbarazzanti.

Ritorno al futuro

Sarah Jessica Parker nei panni di Carrie Bradshaw. Foto: HBO/Sky

Sex and the City era una comedy, ma tra le sue altre caratteristiche innovative ci fu quella di spalancare le porte alla dramedy, un genere intermedio che ci avrebbe poi regalato (e continua a regalarci) le serie più sperimentali, interessanti e autentiche della tv. Il punto, qui, è l’equilibrio: tra comicità e dramma, tra ironia e sincerità sentimentale (molto diversa dal sentimentalismo); un equilibrio difficilissimo da raggiungere e soprattutto da mantenere, un equilibrio che And Just Like That… – a tutti gli effetti un drama con elementi brillanti – ogni tanto perde. Eppure l’idea di Miranda di “non poter restare ciò che eravamo” è davvero l’unica via possibile, e il colpo di scena iniziale coraggiosamente spinge la serie fuori dalla propria comfort zone: c’è margine per parlare di cosa significhino la vita e anche il sesso (si spera) durante la mezza età (una serie con protagoniste cinquantenni è ancora oggi più unica che rara, purtroppo), di cosa possa accadere dopo il canonico “lieto fine”, di come la ricerca di se stesse sia un processo sempre in fieri, che non può mai finire, pieno di cadute inaspettate e anche di sofferenze. Per regalare al futuro una terza versione di Sex and the City, magari davvero nuova.

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