‘Adults’ è il ‘Friends’ della Gen Z? | Rolling Stone Italia
Paul Baker & C.

‘Adults’ è il ‘Friends’ della Gen Z?

In ogni generazione c'è una sitcom da hangout: leggera nella trama e ricca nell'alchimia di un gruppo di giovani adulti che trascorrono troppo tempo insieme in una grande città. Non c'è niente di buono però in una comedy che cerca di autoproclamarsi modello per un'intera fascia d'età. E questa serie non ci prova, per fortuna

‘Adults’ è il ‘Friends’ della Gen Z?

From left: Amita Rao, Lucy Freyer e Owen Thiele in ‘Adults’.

Foto: CR: RAFY/FX

In ogni generazione nasce una sitcom da hangout: leggera nella trama e ricca nella’alchimia di un gruppo di giovani adulti che trascorrono troppo tempo insieme nella grande città. La Gen X ha avuto Friends. I millennial ne hanno avute troppe per contarle, tra cui New Girl, How I Met Your Mother e Happy Endings. La Gen Z non ha ancora avuto il suo momento, in parte perché la maggior parte dei creatori di serie ha almeno trent’anni, in parte perché il mondo della Tv dà per scontato che la maggior parte della Gen Z pubblichi i propri video su piattaforme non tradizionali (forse c’è un equivalente Gen Z di Happy Endings che appare a pezzi su TikTok?). Ci sono state alcune sitcom universitarie recenti create da millennial, tra cui The Sex Lives of College Girls e Overcompensating, ma il territorio è perlopiù aperto a esplorazioni, soprattutto da parte di autori che non sono molto più grandi dei personaggi che creano.

La nuova comedy Adults (su Disney+) avrà difficoltà a diventare un punto di riferimento generazionale, se non altro perché oggi tutti fruiscono dei media in modi molto diversi. Ma è un’aggiunta promettente alla tradizione, scritta da e su ventenni, piena di spensieratezza e vibrazioni amichevoli in egual misura.

Creata dagli autori del Tonight Show Ben Kronengold e Rebecca Shaw, che avevano 27 anni quando la vendettero a FX, Adults segue un gruppo di amici che trascorrono gli anni successivi al college nella casa d’infanzia di Samir (Malik Elassal) nel Queens, i cui genitori sono in viaggio per un giro del mondo apparentemente senza fine. Samir è cresciuto con Billie (Lucy Freyer) ed è andato al college con Issa (Amita Rao) e Anton (Owen Thiele, anche lui in Overcompensating). Relativamente nuovo nel gruppo è invece Paul Baker (Jack Innanen), il fidanzato di Issa, che – come Will Tippin in Alias, Colin Robinson in What We Do in the Shadows e Jordan Catalano in My So-Called Life – viene sempre chiamato soltanto con il suo nome completo.

Adults non perde tempo a dichiarare il suo tono, con una scena iniziale in cui Issa decide che il modo migliore per combattere uno che si masturba in metropolitana è gratificarsi a voce alta allo stesso tempo, senza accorgersi o preoccuparsi del fatto che tutti gli altri nel vagone la stiano filmando – e che il pervertito che sta cercando di umiliare sia eccitato dalla sua bravata. La serie è piena di storie in cui il quintetto adotta il peggior approccio possibile per risolvere un problema, senza alcun reale interesse per la privacy o il decoro.

Quando Issa scopre che un’amica del suo giro esterno potrebbe essere stata molestata, prende il telefono e detta il messaggio: “Kyle, virgola, molestata, punto interrogativo?”. In un altro episodio, si ritrova nella cappella di un ospedale mentre Billie sta subendo un intervento e si sfoga con un “dio non confessionale” sul fatto che Paul Baker sembri capace di divertirsi senza di lei. Sta vivendo la giornata peggiore, si lamenta, “e so che sembra imbarazzante, perché qui ci sono ragazzi malati di cancro”.

Adults | Official Trailer | FX

Issa è la più narcisista e la meno consapevole del gruppo, ma sono tutti nelle loro bolle, a vari livelli. Nel terzo episodio della stagione, i coinquilini sono scioccati ma anche no dal fatto che Anton sia diventato amico di una minaccia locale, “l’accoltellatore di Bayside”, perché ha la tendenza a essere “uno che concede amicizia a tutti”, fingendo un interesse intenso per perfetti sconosciuti, scambiando qualche messaggio con loro e poi dimenticandosi della loro esistenza (ha 4mila messaggi non letti sul telefono). In una sottotrama, Paul Baker e Samir visitano un banco dei pegni per cercare di vendere un’arma che Samir non vuole in casa, ma Paul Baker fa fatica a parlare con il proprietario, che sembra progressista nelle sue azioni e convinzioni, e completamente retrogrado nel suo linguaggio. (Dopo che l’uomo usa senza giudizio un vecchio insulto per descrivere una sorella con disabilità dello sviluppo a cui chiaramente vuole bene, Paul Baker gli dice che nessuno usa più quella parola: “Il cast di Glee ci riusciva in un certo senso grazie al potere delle canzoni”.)

Quell’episodio è il punto più alto che ho visto nella stagione d’esordio, un’impressionante miscela di farsa, satira sociale e character comedy, e un’eccellente messa in luce dei punti di forza di tutti e cinque gli attori. Altri episodi sono più incerti, in particolare nell’uso della cringe comedy. Il quinto episodio, in cui Billie fa una figuraccia di fronte agli amici del suo fidanzato molto più grande di lei (interpretato da Daredevil in persona, Charlie Cox), mentre Samir fallisce un colloquio di lavoro, è così imbarazzante che mi sono chiesto più volte se avessi la forza di finirlo.

Ma soprattutto la chimica tra i protagonisti e il senso di estrema e dettagliata intimità che gli autori danno ai personaggi fanno sì che tutto funzioni. Il secondo episodio inizia con Billie in bagno, mentre gli altri coinquilini la sorprendono uno alla volta, tutti a loro agio nella stanza mentre lei è lì, al punto da chiederle anche se sta facendo pipì o cacca (hanno anche memorizzato i tempi del ciclo mestruale di Billie). Un altro episodio mostra come il gruppo si riunisca periodicamente per darsi regole unilaterali, come quando Issa ordina a Billie di smettere di tornare al suo vecchio liceo ogni volta che si sente triste (chiaramente non funziona, dato che Cox è il suo ex professore di Lettere).

Non c’è niente di buono in una commedia che cerca di autoproclamarsi un modello per un’intera generazione. (Quando, nel primo episodio di Girls, Hannah si chiedeva se fosse “la voce di una generazione”, molti spettatori hanno pensato di interpretare quelle parole come un’affermazione di Lena Dunham, anziché come un segno degli autoinganni di Hannah.) Fortunatamente, Adults non ci prova. Ci sono riferimenti occasionali alla fascia d’età dei personaggi e a come le generazioni più anziane li percepiscono – Bille pensa che tutti credano che “siamo nevrotiche, irresponsabili, senza una meta [e] che mentiamo sull’uso delle coppette mestruali” – ma non così tanto da sembrare il punto focale di Adults, una serie che vuole soltanto parlare di cinque persone simpatiche che si divertono insieme.

“Ho sempre pensato che il mondo mi avrebbe aspettato”, si lamenta Samir a un certo punto, “e invece tutti sono infastiditi dalla mia presenza”. Chiunque guardi questo show sarà molto più divertito che infastidito.

Da Rolling Stone US

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