Rolling Stone Italia

5 serie (più una chicca) da recuperare che trovate su Disney+

Comedy per tutti i gusti (mystery, horror e coming-of-age 'indigeno'), ma anche un'indagine sull'epidemia da oppioidi in America e il reboot del romanzo cult di Nick Hornby starring Zoë Kravitz. Più i Beatles raccontati da Peter Jackson

Foto: Disney+

Dopesick – Dichiarazione di dipendenza

Tratta dal bestseller investigativo di Beth Macy sulle cause dell’epidemia di oppioidi negli USA, che rivela il ruolo che società come Purdue Pharma hanno svolto nel far diventare l’America “una nazione di zombi ingurgita-pillole”, come dice l’agente della DEA interpretata da Rosario Dawson. La serie starring (anche) Michael Keaton descrive quella che per il New York Times è “la crisi di droga più letale della Storia americana”. Va ben oltre il semplice scopo documentaristico, per esplorare davvero il mondo di una dipendenza in qualche modo legalizzata. E, soprattutto, punta il dito contro le aziende farmaceutiche che ne alimentano il fuoco, facendo pure i nomi.

Only Murders in the Building

Prendi Steve Martin e Martin Short, due miti della comedy made in USA, e aggiungi Selena Gomez, ormai sdoganata anche nella recitazione grazie a Woody Allen e a Un giorno di pioggia a New York, nei panni di tre inquilini di un condo extra-lusso dell’Upper Manhattan. Le generazioni sono diverse, certo, ma i personaggi hanno in comune una cosa: sono patiti di podcast true crime e non hanno intenzione di perdere l’occasione per trasformarsi in investigatori a loro volta. Ecco, la commedia mystery (con tocco disneyano) è servita. Fra tempi comici perfetti e il tenero omaggio a un cinema che non esiste più.

What We Do in the Shadows

Vita segreta di quattro vampiri a New York. L’esilarante mockumentary sui coinquilini allergici alla luce del sole, firmato nel 2014 da Jemaine Clement e Taika Waititi, era ambientato a Wellington, Nuova Zelanda. Questo spin-off trasferisce invece l’azione a Staten Island, dove Nadja (Natasia Demetriou), il marito Laszlo (Matt Berry) e l’ex soldato dell’Impero ottomano Nandor (Kayvan Novak) condividono una casa da diversi, sgradevolissimi secoli, perché hanno fallito nella loro missione di conquistare e schiavizzare il Nuovo Mondo. La comicità sta tutta nel mettere queste antiche creature a confronto con la quotidianità contemporanea, tipo mostrare i coinquilini non-morti che litigano per le faccende domestiche.

Reservation Dogs

Dalle nostre parti si è parlato poco di un’altra creatura di Taika Waititi, con ovvio rimando alle Iene by Tarantino. Un romanzo di formazione come non si era mai visto prima in tv e, in parte, perché non c’è mai stato un cast di giovani attori come questo. Quattro adolescenti nativi americani nell’Oklahoma rurale – meravigliosamente interpretati dagli attori indigeni Devery Jacobs, D’Pharaoh Woon-A-Tai, Lane Factor e Paulina Alexis – commettono una serie di piccoli crimini. L’obiettivo è quello di raccogliere i soldi e lasciare la riserva per una vita in California che credono migliore. Ma devono fare i conti con la famiglia, gli amici e le tradizioni. Una teen-comedy indie à la Waititi (con Sterlin Harjo) onirica e struggente.

High Fidelity

Dopo il successone della coralissima Big Little Lies e prima dell’exploit come Catwoman millennial in The Batman accanto a Robert Pattinson, questo è il primo ruolo di Zoë Kravitz da protagonista assoluta. E cioè quello di Robyn “Rob” Brooks, proprietaria del negozio di dischi nella trasposizione seriale del romanzo di Nick Hornby. Un reboot che fa i conti con la contemporaneità, a partire dal ribaltamento del genere di Rob, che nel film hollywoodiano era interpretato da John Cusack. “Le playlist saranno anche digitali, ma i cuori spezzati sono ancora scomodamente e dolorosamente analogici”, cit. Mister Hornby in persona.

Bonus: The Beatles – Get Back

Peter Jackson racconta i Beatles. E potremmo fermarci qui. Ma c’è di più, perché Get Back è un instant classic che continueremo a guardare e riguardare per anni, otto ore di segreti a cui nessuno aveva mai accennato. La docuserie sulle session di Let It Be regala una perla dopo l’altra: le battute e i battibecchi, i capolavori nati dal nulla, le conversazioni clandestine (come quella tra John e Paul dopo l’abbandono di George: i due non sapevano che la pianta sul tavolo era microfonata), la paura della fine, ma soprattutto la gioia. E il dialogo leggendario in cui Paul si domanda se la band sopravviverà. Circolava da anni, ma nessuno ne aveva mai visto le riprese.

Iscriviti