Se non siete ancora tornati al cinema, fatelo per vedere ‘Sognando a New York – In the Heights’ | Rolling Stone Italia
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Se non siete ancora tornati al cinema, fatelo per vedere ‘Sognando a New York – In the Heights’

L’adattamento del premiatissimo musical pre-'Hamilton' di Lin-Manuel Miranda è una meraviglia per gli occhi, le orecchie e il cuore, con un nucleo politico e una visione 'larger than life'. Ne abbiamo parlato con i protagonisti

Se non siete ancora tornati al cinema, fatelo per vedere ‘Sognando a New York – In the Heights’

Corey Hawkins e Leslie Grace. Foto: Macall Polay/Warner Bros.


«Non mi sembrava vero, finché non abbiamo visto il film con la mia prima famiglia, il cast originario di Broadway, e… wow! C’è una scena nell’ultima parte del numero di apertura, in cui Anthony & C. ballano fortissimo su quella strada a Washington Heights, il posto a cui ho dedicato questa lettera d’amore. Abbiamo iniziato tutti a urlare: ci sono stati momenti bellissimi, quello è stato incredibile». Lin-Manuel Miranda è il re Mida del musical contemporaneo, ma quando parla di Sognando a New York – In the Heights, l’adattamento cinematografico del suo musical vincitore di quattro Tony Award nel 2008 (nelle sale italiane dal 22 luglio), ha spesso gli occhi lucidi. Perché poi è arrivato Hamilton, certo, ma tutto è partito da qui, da quell’hood latino di New York in cui è cresciuto e vive tuttora.

«Ho iniziato a scrivere durante il mio secondo anno di college, e in quel momento mi sentivo vicino al personaggio di Nina: lei è l’orgoglio della comunità perché ce l’ha fatta, è andata via dal quartiere per frequentare Stanford, ma si sente fuori posto a scuola e anche una volta tornata a casa. A me è successo lo stesso molte volte nella vita. Mi sono posto tante domande, alcune anche molto complicate, insieme a Quiara. E abbiamo riversato tutto nei nostri personaggi».



Il risultato è una meraviglia per gli occhi, le orecchie e il cuore: «I musical cinematografici che mi piacciono non sono necessariamente adattamenti pedissequi degli originali», continua Lin. «Uno dei miei preferiti è Cabaret, e Bob Fosse si è preso grande libertà nel tradurlo sullo schermo, ma quello che emerge al cinema è una concentrazione di temi ancora più forte. E credo che molto del merito di questo per Sognando a New York vada proprio a Quiara, che ha fatto scelte coraggiose e brillanti».

Quiara è Quiara Alegría Hudes, colei che ha scritto il libretto del musical e che lo ha rivisto ora per il film: «Con questo genere abbiamo l’opportunità di affiancare una visione pazzesca nei numeri cantati e ballati a momenti privati dove le conversazioni sono quasi sussurrate, come quella tra abuela Claudia (Olga Merediz, già titolare del ruolo a Broadway, nda), la matriarca-riferimento della comunità, e Nina (Leslie Grace, nda)», spiega la sceneggiatrice. «Insomma, si possono fare le cose in grande, ma anche virare su un terreno più intimo e personale. E ricordo che John ed io spesso ci siamo confrontati su quanto potevamo spaccare e nello stesso tempo essere umani, spingendoci agli estremi per creare questo dinamismo».

La visione larger than life, che porta il film a misurarsi con i classici della Golden Age, sempre in bilico tra il qui e ora e il realismo magico, è di Jon M. Chu, già regista di due Step Up e, sopratutto, di Crazy & Rich: «È stato parecchio stressante ma guardate quanto talento, questo cast ha così tanto da dare. Abbiamo cercato persone che potessero muoversi su tutti i piani del film: recitazione, ballo, canto. E che non solo eccellessero nelle performance ma fossero anche in grado di esprimere in ogni modo possibile l’autenticità con cui Lin ha scritto questo musical sulle strade in cui è cresciuto, l’amore che Quiara ha messo nelle parole. Non volevo confrontarmi con la versione di Broadway ma cercare la naturalezza, il cuore da cui tutto è partito».

Anthony Ramos e Melissa Barrera. Foto: Macall Polay/Warner Bros.

È un inno alla gioia, In the Heights, come dev’essere un grande musical, ma sotto al romanticismo e all’escapismo ballerino e canterino è anche una vibrante celebrazione della comunità, della perseveranza e delle proprie radici. E per questo la questione sociale e quella politica sono potenti ancor più che nella versione teatrale. Dalla gentrificazione urbana – “Da quando gli affitti sono aumentati”, dice il proprietario della bodega Usnavi (Anthony Ramos), “è folle, ma viviamo con quel che abbiamo” – al razzismo, “che in questa nazione è passato da latente a palese”, afferma il nipote teenager Sonny (Gregory Diaz IV).

«Come attore black so cosa significhi non essere notati, sentire che la propria voce non solo non viene celebrata, ma nemmeno ascoltata», spiega uno degli interpreti, Corey Hawkins, aka Benny, il coordinatore dell’azienda locale di taxi. «Con questo progetto abbiamo davvero aperto un portone, era il momento. È un onore per me raccontare la comunità latina: quando una comunità vince, vinciamo tutti, indipendentemente dal colore della pelle».

Anthony Ramos. Foto: Warner Bros.

Nella storia tutti hanno un sueñito, un piccolo, grande sogno da realizzare. Come l’Usnavi di Anthony Ramos (già amatissimo in Hamilton e qui vera e propria instant star), che risparmia ogni centesimo guadagnato nella sua bodega per tornare un giorno in patria, nella Repubblica Dominicana, e riaprire il chiringuito di suo padre: «Credo che il mio sueñito per questo film sia che le persone escano dal cinema felici di essere vive e di potersi di nuovo incontrare e stare insieme», dice Anthony. «Spero che vedere questi personaggi che hanno la tenacia di inseguire i loro desideri nonostante tutto dia loro la forza di combattere per avverare i propri sogni. Per questo sono così felice di aver girato questo film e di averlo fatto a Washington Heights: sentivamo le vibrazioni positive della comunità, le persone, i suoni, gli odori. Vorrei che tutti tornassero fortissimamente a sperare e a raccontare le proprie storie, condividendo le proprie origini con il mondo».

Se poi siete in grado di farlo come Lin e Quiara, intrecciando dialoghi e brani pazzeschi, che mescolano abilmente salsa e merengue, ritornelli Broadway-style e hip-hop e che il pubblico canticchia e cerca su Spotify già all’uscita (su tutti In the Heights, Breathe, 96,000 e Paciencia y Fe): «La cosa migliore è essere parte di questa incredibile comunità di artisti che In the Heights ha creato e dentro cui ho vissuto per metà della mia vita», conclude Quiara. «Qui ho imparato che il sogno non è il traguardo, il risultato, ma il viaggio. Ogni passo fatto».