La recensione di 'The Conjuring - Il rito finale' | Rolling Stone Italia
la fine è l'inizio

‘The Conjuring – Il rito finale’, come chiudere una saga con stile

Il 4 settembre è uscito al cinema l'ultimo capitolo del franchising che ci ha fatto diventare tutti demonologi. E che si è confermato ancora una volta come uno dei migliori prodotti horror in circolazione

The Conjuring il rito finale

Mia Tomlinson è Judy Warren in 'The Conjuring - Il rito finale'

Foto: courtesy of Warner Bros

C’è chi aspetta il nuovo film di Robert Eggers, e poi c’è chi salta sulle poltrone del cinema quando legge: The Conjuring – Il rito finale in cartellone. Modestamente, posso dire di appartenere a entrambe le categorie.

Per questo tremavo e sì, di spavento (non avreste temuto anche voi che avrebbero rovinato tutto proprio sul più bello?), quando ho afferrato il mio secchio di pop corn e mi sono preparata per vedere Ed (Patrick Wilson) e Lorraine Warren (Vera Farmiga) sullo schermo per l’ultima volta, nel primo e allo stesso tempo l’ultimo caso della loro carriera cinematografica. Non poteva essere che così: gli americani con le storie ci sanno fare. Stringono i fili come nessun altro. Sanno che il seminato andrà sempre raccolto.

The Conjuring - Il rito finale | Trailer Ufficiale

Fa quasi ridere che, parlano di marionette, il Gran Burattinaio del franchising di The Conjuring sia stato proprio James Wan, l’uomo nella stanza quando nacque il primo capitolo di Saw (e che si appresta a tornarci, tra quei bottoni, con l’undicesimo capitolo di una storia che non sembra voler finire). Si infila dappertutto, nei crediti. Regia, scrittura, produzione, he’s done it all. Stabilendo uno standard preciso per qualunque film che, dopo il 2013, volesse misurarsi con il genere “casa infestata”, ma pure “possessione demoniaca”.

Nel senso che, bene come The Conjuring (il modestissimo parere tutto mio), non ne hanno ancora fatti, recentemente. Il motivo è uno e preciso (ne parlavamo anche qui): perché The Conjuring spiega. Ogni movimento ha una origin story. Anzi, di più: fin dal primo film, uscito dodici anni fa, abbiamo saputo come muoverci in autonomia all’interno della storia. Le regole dei demoni non cambiano. Mutano forma, “perché prendono quella delle peggiori paura di chi è sotto attacco”; sono spiriti che non sono mai stati umani, “altrimenti sarebbero fantasmi”, e i demoni potrebbero usarli come scudo per nascondere la propria presenza. Siamo tutti un po’ più demonologi, dopo The Conjuring.

Conjuring il rito finale

Vera Farmiga è Lorraine Warren. Foto: Giles Keyte per Warner Bros

Quelli veri, i coniugi Warren, invece non ci sono più. Ed dal 2006 (era della Vergine), Lorraine dal 2019 (lei, invece, un Aquario). Proprio a Lorraine è dedicato The Conjuring – Il rito finale, che vede veramente entrare in scena per la prima volta (personalmente non conteggio Annabelle 3, il suo ruolo è strano ed è l’unica cosa che non mi torna nel franchising insieme alla duplice possessione dello stesso povero cristo in The Nun e The Nun II) la figlia dei Warren, Judy, interpretata da Mia Tomlinson.

Judy è ancora viva, ed è veramente sposata con Tony Spera. Pure lui arriva nel film, l’attore è Tom Hardy, e i due gestiscono la New England Society for Psychic Research, ovvero ciò che si è costruito attorno all’eredità e all’attività dei Warren (qui qualche foto spaventosa tratta da alcuni casi a cui hanno lavorato). Anche Judy è un’investigatrice dell’occulto, e il “museo” dei suoi genitori vive ancora. Una cosa: Annabelle, la bambola dei terrori, protagonista di tre spin-off di The Conjuring, è in tour per gli Stati Uniti e pare “abbia ucciso” Dan Rivera, collaboratore dei Warren-Spera. Ma questa è un’altra storia, soprattutto un’altra supposizione.

Conjuring il rito finale

Patrick Wilson è Ed Warren, Vera Farmiga è Lorraine Warren. Foto: Warner Bros

Dicevo, il quarto e ultimo Conjuring porta in scena due personaggi nuovi e la conclusione (appunto circolare) di una storia vecchia. Quella del primo caso a cui avevano lavorato, giovani, impacciati e gravidi di Judy, Ed e Lorraine. Gli ingredienti sono un negozio di antiquariato, uno specchio terrificante che mai regalerei a mia nipote (spoiler: qualcuno regalerà uno specchio terrificante a sua nipote), un demone perfino più perfido di Valak (l’angelo caduto che vestiva i panni di una suora satanica e spilungona) e la sua voglia (be’, ci sta) di finire ciò che lui, a sua volta, aveva cominciato, entrando in contatto con Judy quando era ancora un feto nel ventre di Lorraine. Perciò: mentre si racconta (ed esagera sempre un po’, Wan ha più volte parlato della difficoltà adrenalinica di dover superare il “Google test” degli spettatori: “The Conjuring è basato su una storia vera?”) il caso della famiglia Smurl, la cui abitazione i Warren decretarono infestata, la vera storia è quella dei Warren. E, per la prima volta nella saga, le emozioni cambiano di passo.

Conjuring il rito finale

La famiglia Smurl. Foto: courtesy of Warner Bros

Beninteso: un horror funziona se, detta spiccia, ce ne frega qualcosa dei personaggi, ed Ed e Lorraine Warren sono quelli di cui ci è fregato di più, nell’ultimo decennio. The Conjuring ha sempre lavorato sull’asse male estremo-estremo bene. Dormiamo sonni tranquilli solo perché ci è fornita senza incertezze una soluzione al problema: la fede cristiana o in generale (tra l’altro, che spottone alla Chiesa cattolica, altro che il Padre Amorth di Russell Crowe). Allora ecco che finalmente li vediamo sciogliersi, fare la gag poliziotto buono-poliziotto cattivo quando un mezzo sconosciuto dice che vuole sposare Judy, preparare una festa di compleanno, invecchiare con moderazione. C’è tanta storica extra-demonica, ed è una novità per tutto il franchising.

Conjuring il rito finale

Steve Coulter è Padre Gordon. Foto: courtesy of Warner Bros

È un bene, è un male. Il ritmo dei jump scare ne patisce, ma Michael Chaves, regista veterano della saga (suoi anche La Llorona – Le lacrime del male, che però bisogna notare, ha solo un flebile legame narrativo con il resto dei film, e non è ufficialmente inserito nel Conjuring-verse; The Nun II, The Conjuring – Per ordine del diavolo) ci salta fuori egregiamente. La sua firma, rispetto allo stile di Wan, che aveva diretto The Conjuring – L’evocazione e The Conjuring – Il caso Enfield (questi due rimangono, per me, i film della saga, sarà che so’ purista), si riassume nella formula molto forte, incredibilmente vicino. Quindi pure più scuola, mentre Wan si è sempre dimostrato divergente – cioè, mica con Aquaman, penso a Insidious e ancora a Saw.

E in fondo pure la formula Conjuring, dopo tutti questi anni, aveva fatto scuola. A malincuore, è giusto che sia tutto finito. E se la sto portati a casa con un discreto stile (le mie paure al pop corn ringraziano). Meglio fermarsi un passo prima che scavalcare un recinto magico di firewood e invitare lo spettro dannato di una donna latina in casa propria, corretto? Sempre che i protagonisti non possano diventare Judy e Tony, ora. Sempre che il posto di Vera Farmiga non possa essere preso dalla sorella Taissa con un colpo di mano, dato che già interpretava Suor Irene nei due capitoli di The Nun – strizzatina d’occhio che ho sempre apprezzato, nel contesto della saga. Come anche che, qualche anno prima, Taissa Farmiga avesse fatto parte del cast di American Horror Story: Coven nei panni di una giovane strega.

Conjuring il rito finale

Mia Tomlinson è Judy Warren. Foto: courtesy of Warner Bros

Insomma: se gli ultimi dieci anni sono stati un esperimento, what a ride. Se è stato tutto un sogno, gradirei ricominciare da capo. Sperando che un sollievo per i nostri occhi, stanchi di horror inconcludenti (e che non per forza pretendono Get Out – Scappa, né altri titoli arthouse, cioè sì, ma solo qualche volta), arrivi presto. Se non riesco a staccarmi dal caffè, che è una dipendenza fatta e finita, figuriamoci da un guilty pleasure. Ed e Lorraine Warren, possiate riposare in pace. Siete stati il mio guilty pleasure per lungo tempo. E spero, sinceramente, che ci incontreremo di nuovo. Sempre che non finisca a infestare qualche casa come un fantasma senza causa.