The Sanremo Dispatch, giorno 4: Quando vedi il bar dell’Ariston capisci cos’è l’Italia | Rolling Stone Italia
Vintage o vecchio?

The Sanremo Dispatch, giorno 4: Quando vedi il bar dell’Ariston capisci cos’è l’Italia

I cronisti contro i local che non vedono l’ora che sia finita. Per fortuna ci sono gli stylist che si picchiano e i bambini cino-sanremesi che spiegano ai papà chi sono i Ricchi e Poveri

The Sanremo Dispatch, giorno 4: Quando vedi il bar dell’Ariston capisci cos’è l’Italia

«Quando vedi il bar dell’Ariston capisci cos’è l’Italia», dice l’amico che incontri alla festa, e poi al bar dell’Ariston ci capito anch’io ed effettivamente è così, «ci sono quelli che passano e fanno “che bello, che vintage”, ma è solo vecchio, come tutto» (sempre l’amico). Io non so se è vintage o vecchio, so solo che la barista, mentre son lì, borbotta: «Domani è sabato e finalmente se ne vanno, non voglio vedere più nessuno».

E su questo i fuorisede a Sanremo si dividono. Da una parte quelli (tutti) che appunto sostengono i locali non ci vogliano, «quando sono partita mi hanno avvisata: “Preparati perché tutti ti vorranno fregare”», dice un’altra amica; dall’altra io che continuo a ripetere «ma che dite, sono gentilissimi», però poi al bar paghi tredici euro per una colazione al banco e boh, forse è il segno che dopo tre giorni l’ospite puzza davvero, ed è il loro modo per dirtelo.

Vintage, vecchio, chissà com’è/cos’è Sanremo e com’è/cos’è questo Paese, però adesso la svolta contemporaneo-glam si vede anche qui. Il pettegolezzo più goloso in circolazione, ormai diventato un telefono senza fili quindi va’ a sapere com’è andata davvero, riguarda una stylist, e sappiamo che ormai gli stylist sono quelli che tengono in piedi il Festival, altro che Amadeus. O almeno così ci racconta la narrazione – o la narrativa? come si dice oggi?

Una delle top stylist (scusate), che qui veste un top artist tra quelli in gara, durante una delle prime feste avrebbe tirato i capelli (e uno schiaffo!) a una sua ex assistente poi messasi in proprio (lesa maestà!). È il caso Will Smith che ci possiamo permettere, e almeno smuove un po’ questo Sanremo di fronte a cui i cronisti sono tutti sdraiati, tutto bellissimo, bravo Ama, grandi canzoni, grandi ascolti – giusto i fischi a Geolier hanno smosso un po’ la situa, ieri sera.

E fortuna è arrivata la pioggia, a spazzare via il Barnum che s’è ormai insediato nelle vie attorno all’Ariston, gli imitatori di strada, i talent scout che sperano di trovare la nuova Silvia Salemi, le aspiranti Nuove Proposte dei Sanremo futuri. Spazza via, la pioggia, anche le ultime feste rimaste. Fuggono tutti dalla terrazza alle tende sotto cui ripararsi, e il più colto nella stanza sospira «È Fellini, è E la nave va», e torniamo al vintage, o forse al vecchio.

Di sicuro è vintage il ristorante cinese da cui passiamo per procacciarci del cibo da mangiare davanti a Mahmood e ai suoi tenores. Quando entriamo, dentro il televisore – ogni posto di Sanremo ha il televisore sintonizzato su Sanremo – ci sono Paola e Chiara che cantano Sarà perché ti amo in spagnolo. Il titolare, un signore cinese simpatico che si premura che i nostri ravioli arrivino a casa caldi, non è sicuro che quelli che sono con loro sul palco siano i Ricchi e Poveri, ma il figlio, davanti a un’altra tv nascosta sotto la cassa, gli dice che sì, sono loro, «ma sei sicuro?», «sì sì, sono i Ricchi e Poveri!».

È un sino-sanremese di dieci, undici anni ed è cresciuto in questo posto in cui forse alle scuole elementari ti portano nei camerini dell’Ariston , come a noi ci portavano a vedere le incisioni rupestri dei Camuni. E non so se un bambino di Sanremo che spiega a suo padre chi sono i Ricchi e Poveri sta nel vintage o nel vecchio, mi sembra solo bellissimo.

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