The Sanremo Dispatch, giorno 3: Ognuno ha il suo Festival (e gli influencer non hanno più lavoro) | Rolling Stone Italia
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The Sanremo Dispatch, giorno 3: Ognuno ha il suo Festival (e gli influencer non hanno più lavoro)

La radio varesotta che si occupa solo di artisti del Varesotto. Il siciliano che sogna eternamente la rivoluzione. E chi è rimasto senza brand: se li sono presi tutti gli artisti in gara

The Sanremo Dispatch, giorno 3: Ognuno ha il suo Festival (e gli influencer non hanno più lavoro)

A un certo punto – non che fino a un attimo prima non fosse chiaro – capisci che il Festival sono mille Festival, che ognuno ha il suo. La tizia che lavora per una radio del Varesotto si occupa solo dei cantanti in gara del Varesotto o “otti” in qualche modo limitrofi. Cioè Clara, la Carol Alt di Varese appunto, Mr. Rain, perché «la sua canzone parla di un fatto bruttissimo avvenuto nelle nostre zone». Io ho visto solo la cover del suo singolo fuori da un parchetto per bambini sul lungomare e mi è venuta paura.

Invece il tipo simpatico della radio siciliana al suo ventesimo Festival sogna gattopardianamente da vent’anni la solita rivoluzione. Cioè, in gara solo cantanti indie, «perché ci sono tantissime realtà che qui non arrivano mai, Amadeus dovrebbe avere più coraggio», e Annalisa e Geolier superospiti, «così risparmiamo su Russell Crowe». Potrebbe essere un’idea.

I pugliesi, quest’anno fortissima la rappresentanza in gara, stanno tra di loro agli stand con le orecchiette, ed è giusto così. Però i bookmakerz (con la zeta, come dicono tutti) continuano a prevedere una vittoria napoletana, Geolier o Angelina Mango, che merita la vittoria, piace a tutti, e oltretutto è Sanremo royalty, e che per mille motivi imprecisati tutti considerano napoletana.

La signora alla cassa del bar canticchia Il Volo, che è una canzone tutt’altro che brutta, pensatela cantata dai Backstreet Boys, solo che alcuni proprio non riescono a dirlo, non sanno relativizzare, e in fondo va bene così, a ciascuno il suo Festival, e per alcuni Il Volo non è proprio tollerabile. «Però voglio che vinca la Bertè» – sempre la signora alla cassa del bar, perché il suo Festival sono tutti i Festival mai vinti da chi avrebbe dovuto vincere sempre.

È arrivato da Milano un creator (si fanno chiamare così) per «presentare una cosa industry e rientro in serata: praticamente una rapina». E il suo è un altro Festival ancora. Come quell’altro Festival ancora diverso degli influencer che qui una volta avevano lo strapotere sui brand e invece adesso i cantanti sono diventati influencer presso sé stessi e dunque gli influencer di prima si lamentano perché sono rimasti senza lavorano e finiscono col dire che di questo Sanremo così pieno di brand non se ne può più. Un bellissimo cerchio che si chiude.

Sul corso principale ho visto: i manifesti del Cristian Music Festival (Cristian senza acca) presentato, nelle stesse sere dell’Ariston, da Susanna Messaggio, che dirà che il suo Festival è più bello ancora di quello vero; un uomo vestito da straziantissimo Topolino che regge palloncini che non vuole mai nessuno; una ragazza tutta rosa che canta Elodie per presentare in realtà il suo nuovo singolo, «si chiama Bambola, è uscito a gennaio Spotify», e nessuno lo ascolterà mai, ma tutti la riprendono; il Cinema Centrale che per una sera smette di dare Povere creature! per ospitare gli Eau de Milano Awards (!) di Novella 2000; due gemelle con lo stesso piumino bianco lungo fino ai piedi che fanno le vasche forse per far vedere a tutti che sono gemelle; il solito sosia di Pavarotti che allunga i biglietti da visita della sua agenzia di sosia, ci sono anche quelli di Mina, Celentano, Lady Gaga e Gerard Butler, tutti collocati su un’asse che sta tra Vicenza e Gorizia; una miss giovane e una miss vecchia. Tutti a prendere un pezzettino di Festival, tutti a crearsi il proprio, anche solo per cinque minuti.

Hanno visto anche me, sul corso principale, e mi hanno fermato chiedendomi: «Cantante?», e avrei dovuto rispondere: «Sì, sono Clara e vengo da Varese».

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