‘StraMorgan’ è tutto sbagliato, ma credibile. Proprio come Morgan | Rolling Stone Italia
Un maestro dell'errore

‘StraMorgan’ è tutto sbagliato, ma credibile. Proprio come Morgan

Le quattro puntate su Rai2 dividono la critica (ma esiste ancora?), il pubblico, forse persino lo stesso cantautore, ma in fin dei conti (e non dello share) la Rai è tornata a sperimentare. E succede che, nonostante i tanti errori e altrettante perle, si parla di musica senza pensare al mercato

‘StraMorgan’ è tutto sbagliato, ma credibile. Proprio come Morgan

Morgan

Foto: Gabriele Micalizzi

StraMorgan non si può spiegare nel tempo presente. È uno di quei prodotti (già a definirlo così viene l’orticaria) che capiremo fra 20 o 30 anni, come già accaduto alle trasmissioni – o alle clip che riemergono con andamento carsico sul web e sui social – diventate di culto attraverso una stagionatura lenta e che non segue le dinamiche della tv tout court, di ogni epoca, oggi però stracolma di litigi, dichiarazioni mordi e fuggi e di (auto)promozioni.

No, il programma di Morgan (perché lo ha detto anche Sgarbi: «Ha fatto credere persino che “Stra” fosse per Strabioli, il co-conduttore, ma è riferito solo a lui») non è televisione, ma meta-televisione che ha il merito di riportare la grande musica sul piccolo schermo, anche se in seconda serata.

Anzi, quasi nella terza visto che la seconda puntata è slittata oltre la mezzanotte – benché fosse prevista alle 23 – circostanza che comunque, magia dell’auditel, l’ha portata a lievitare negli ascolti dal 3,43% di share al 6,63% (con soli 21mila spettatori in più: 344mila la prima e 365mila la seconda). Ma sono i numeri il vero obiettivo del cantautore più irregolare in circolazione? Non ci crediamo, così come ha dimostrato nella discografia dove, in barba ai detrattori, non pubblica un album da un decennio.

Il vero obiettivo, posto che se ne sia prefissato uno, è soltanto quello di riportare nel servizio pubblico quel coraggio di sperimentare che lo aveva contraddistinto nell’epoca d’oro della tv, ormai relegata quasi esclusivamente al bianco e nero. E sperimentando, lo sappiamo tutti, c’è anche il rischio di sbagliare.

Morgan, in questa categoria, è un vero maestro dell’errore. Non perché non sappia quel che dice e non conosca quel che suona, ma perché è consapevole che proprio tra le sviature, le sbavature e le forzature si annida l’unica via per la rivoluzione. Chi non fa non sbaglia, ricordate il detto? Così, nelle puntate in onda finora – ma il copione siamo certi rimarrà il medesimo – vanno in scena improbabili partecipazioni di Paolo Rossi che sembra passato di lì per caso (e confessa di aver perso l’Ambrogino d’oro giocando a carte), prese di coscienza che persino Vinicio Capossela di fronte a Modugno non può che abdicare (ma si rifarà con il suo nuovo brano Divano occidentale), mentre il padrone di casa in pochi minuti spiega con nonchalance come nascono il 90 per cento dei successi musicali utilizzando i cromatismi (e grazie ai semitoni), per poi cantare il suo brano più sincero e auto-critico, Il senso delle cose, che è un po’ l’altra faccia di Altrove, fino a duettare con Chiara Galiazzo e Giovanni Caccamo sulle note di Bohemian Rhapsody, il tutto rigorosamente improvvisato.

In mezzo, scorrono i parallelismi Domenico Modugno-Elvis Presley, Umberto Bindi-Freddie Mercury, Franco Battiato-Brian Eno e Lucio Battisti-David Bowie e chi lo critica per le varie interpretazioni, dovrebbe ricordare cosa ha detto di lui Ivano Fossati: «Morgan ha una voce a cui si può credere. Racconta di sé, della sua vita, l’infanzia, i pomeriggi, il silenzio, il padre, la musica. Quando serve la voce è triplicata, smembrata, elettronica, plurale, altrimenti è pacata come un pensiero. Alla fine scende ancora più in profondità, ridiventa Marco e ci parla della compassione. A quel punto tenetevi pronti, lo fa subito prima di strapparvi il cuore». Ecco perché, nonostante StraMorgan sia un programma tutto sbagliato, alla fine è credibile. Come il suo autore.

Altre notizie su:  Morgan Morgan StraMorgan