Sanremo 2020, promosso il festival della retorica | Rolling Stone Italia
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Sanremo 2020, promosso il festival della retorica

Boom di ascolti nella prima serata. Fiorello non ruba la scena ad Amadeus che è impeccabile, ma senza guizzi. Trionfano i monologhi femminili. Sarà un’edizione all’insegna della sobrietà tipica del servizio pubblico?

Sanremo 2020, promosso il festival della retorica

Fiorello e Amadeus durante la prima serata del 70esimo Festival di Sanremo

Foto: Daniele Venturelli/Getty Images

Amadeus ha fatto bene il suo compito di buon presentatore istituzionale da servizio pubblico. Senza sbavature, niente inciampi, guizzi nemmeno. Ma questo ci aspettavamo e il fatto che le aspettative non siano state maltrattate è un traguardo raggiunto. 

Anche gli ascolti della prima serata (il 52% per una decina di milioni di italiani che si sono sintonizzati su Rai1 per vedere la kermesse, e poi non dite che il festival ha rotto le balle) hanno confermato il successo di questo esordio (il più visto in termini di share dal 2005 quando a condurre c’era Paolo Bonolis). Il Festival ingolosisce sempre, dunque. E il conduttore, nonostante le critiche piovute nei giorni precedenti l’inizio del Festival, se l’è giocata bene, con sobrietà e persino un po’ di sana autoironia. 

Le oltre quattro ore di trasmissione sono filate lisce, secondo i ritmi di una scaletta ben pensata (tolto l’insopportabile monologo di Diletta Leotta costretta dall’eccessiva retorica a fare ammenda perché sì, in effetti se non rispettasse il canone di bellezza imposto non sarebbe stata lì a parlare con la nonna e a farci due maroni giganti sull’importanza delle cose importanti, tipo che la bellezza passa e bla bla bla). 

Applausi per Fiorello in veste ecclesiale (avercene di preti così). Fiorello che ha saputo stare un passo indietro, fare da spalla, valorizzare, senza mai essere troppo invadente. 

Applausi anche per le tre performance di Tiziano Ferro – ospite fisso fino alla finale – che ha saputo emozionare ed emozionarsi e chissenefrega se a cantare Mia Martini gli si è spezzata la voce e si è commosso. 

Apprezzata anche l’esibizione stonata di Achille Lauro che, va bene, non sarà David Bowie e nemmeno Renato Zero, ma almeno ha portato un’idea su un palco altrimenti troppo istituzionale tra un monologo sulle donne e un monologo sulle donne. E ancora, chissenefrega se la voce non ce l’ha, se non ha nemmeno il fisico per sfoggiare quel tutino di strass che ha stupito i dieci milioni di italiani che ieri erano sintonizzati con la bava alla bocca. Perché Lauro è bello così: stonato e smodato. 

Promosso, quindi, l’esordio con buona pace dell’azienda gaudente, nonostante critiche, gaffes e polemiche. Questa sera, poi, tornano i Ricchi e poveri. Tutti e quattro insieme. E altro che felicità…

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