La vita secondo Beatrice Arnera | Rolling Stone Italia
Tutta colpa di Freud

La vita secondo Beatrice Arnera

Nomade, curiosa, libera. Si gode i successi in tv (ora la seconda stagione di ‘Buongiorno mamma’), ma è pronta a tutto. Anche a cambiare strada. Questione di (auto)analisi: «Se domani si dimenticheranno di me, farò altro»

La vita secondo Beatrice Arnera

Beatrice Arnera

Foto: Virginia Bettoja

Chi ha visto, ieri sera, la prima puntata di Buongiorno mamma 2, sa. Per tutti gli altri, il riassunto veloce è: mo’ so cazzi. La nuova stagione della serie tv “Raoul Bova vedovo & conteso” (altra sintesi da premio Pulitzer, non c’è di che) riesce infatti a schierare un colpo di scena persino più sconvolgente dell’ultimo che ci aveva regalato. Come si ricorderà, la precedente stagione si chiudeva con la rivelazione su Maurizia (Stella Egitto) la quale, signore e signori, non è affatto morta. Ebbene, a quanto pare non è l’unica a sfuggire al Riposo Eterno: a svegliarsi (occhio allo spoiler) è la stessa Anna (Maria Chiara Giannetta). In una puntata in crescendo, dove tutto sembrava far credere che ormai la poveretta sarebbe passata a miglior vita, gli sceneggiatori piazzano il colpo dei colpi: Anna si sveglia dal coma, così de botto (alla Boris), e ora è decisa a riprendersi tutt’ chell che è suo. La citazione alla Gomorra ci sta eccome, visto che, mentre lei era in coma, è successo di tutto: la figlia adolescente è stata ingravidata, l’altra sta recuperando con gli interessi la propria adolescenza mancata, Maurizia è per l’appunto a piede libero e, come se non bastasse, Agata (Beatrice Arnera) bacia a tradimento suo marito Guido (Bova). Ora, sulla carta Anna si sveglia grazie alla melodia un carillon, ma non bisognerebbe sottovalutare la forza di una donna cornuta e gelosa. Perché sì, certo: Guido le è fedele e quel bacio è stato, diciamo così, subito. Tuttavia, resta comunque un precedente. Quindi ci sembrava giusto parlare della serie di Canale 5, prodotta da Lux Vide, con colei che, a tutti gli effetti, si candida a diventare il personaggio più interessante della storia: Beatrice Arnera, alias Agata (ma pure un sacco di altri personaggi visto che, solo nell’ultima stagione, l’abbiamo vista anche in Odio il Natale su Netflix, The Net – Gioco di squadra su Rai 2 e nel film Tre di troppo).

Dunque, dicevamo: mo’ so cazzi, giusto?
So’ cazzi perché effettivamente qui abbiamo fatto i conti senza l’oste. Però Agata non vuole valicare alcun confine. Sta semplicemente cercando la famiglia che non ha mai avuto e vede in Guido quella figura anche un po’ paterna…

Be’, paterna mica tanto: se lo limona.
No, dài: è stato un bacino! Comunque è evidente che c’è dell’amore ma, come capiremo nelle prossime puntate, evolverà in una direzione molto chiara.

E noi che eravamo già pronti a schierarci nel #TeamAgata…
Però da attrice una cosa la posso dire? Sì, ragazzi: fermi tutti, ho baciato Bova! Lo metto nel curriculum.

Immagino la gioia immensa del tuo fidanzato Andrea Pisani.
Ho la fortuna di stare con la persona più intelligente che conosca: quando ha visto la scena, si è fatto due grasse risate.

Comunque quando Agata si scusa per il bacio, Guido la liquida subito assicurando “tutto dimenticato”. Possiamo considerarla la più epica friendzonata della stagione?
Sì, assolutamente! Però è anche la reazione di un uomo maturo che resta fedele alla moglie: per lui Anna è l’unica donna della sua vita, nonostante il lungo coma. Capisce inoltre che il gesto di Agata è stato dettato soprattutto dalla solitudine e dal fatto che è una giovane donna cresciuta senza riferimenti. Quindi mi friendzona, ma con wisdom, ossia con molta saggezza.

Beatrice Arnera con Raoul Bova. Foto: Erika Kuenka

Triangoli amorosi a parte, la serie solleva anche il problema dell’eutanasia: Anna resta in coma per tanti anni e nessuno stacca la spina. Qual è la tua posizione in merito al fine vita?
Mio padre mi ha cresciuta con questa frase: “La morte è il trionfo della vita”. Mi ha educato a non averne paura, presentandomela come un evento con il quale dobbiamo cercare di fare amicizia fin da bambini. Alla luce di tutto questo, per me è importante accettare l’idea che una vita possa smettere di essere tale anche quando c’è ancora il battito del cuore. Credo sia fondamentale rispettare le scelte di una persona, la sua etica. In alcuni casi specifici, sono pertanto favorevole al rispetto della persona umana e alla sua scelta di continuare a vivere o meno.

Veniamo a te. Preparando l’intervista, sono giunta a una granitica certezza: altro che film, tu dovresti scrivere un’autobiografia! Ci hai mai pensato?
Eh, ho un’infanzia particolare! (ride, nda) Mio nonno era un liutaio che costruiva archi, violini e violoncelli, nonché un flamenchista. Mia madre era una cantante lirica: fino ai dieci anni, sono stata in tournée con lei e il resto della troupe, in giro per l’Italia.

Tuo padre?
Sulla carta d’identità c’è scritto commercialista, ma in realtà è un tuttologo. È in grado di sostenere una conversazione su qualsiasi tema random, estratto a sorte da una palla piena di bigliettini: ha sempre un punto di vista sulla qualunque, perché è un uomo molto curioso.

Quindi tu che bambina eri? Principessa o, per dirla come Agata, “una ragazza cazzutissima che conquisterà il mondo”?
Direi un po’ gitana. E molto, molto curiosa. Ho passato l’infanzia ad ascoltare le prove d’orchestra in barcaccia, sui palchetti, in mezzo a spartiti e strumenti. Spiavo da dietro le quinte gli artisti in scena e molto di quello che sono oggi è nato lì, dietro a quei sipari. È stato figo anche se, ovvio, non è proprio il percorso consigliato dai montessoriani, per i quali è importante avere una continuità relazionale ed educativa… Ho cambiato più scuole che mutande! Però quell’essere nomade mi ha fatto bene: mi ha reso una donna che abbraccia il diverso con grande gioia, sto bene con tutti, e non c’è qualcosa che non susciti il mio interesse.

Ma è vero che, al liceo, hai mollato la scuola di punto in bianco, per recitare a teatro?
Calma, calma… fammi spiegare. Non è proprio proprio così. Frequentavo il liceo classico Tacito di Roma e un giorno ho deciso di saltare le lezioni per sostenere le audizioni per il musical Karol Wojtyla – La vera storia. Vado al casting in totale anonimato, nel senso che non lo dico a mia madre: mi avrebbe uccisa! Quindi lo faccio e… cavolo, mi prendono! Io ero minorenne, quindi a quel punto dovevo dirlo ai miei. Ho promesso a mamma che se mi avesse ritirato dalla scuola per farmi fare quell’esperienza, mi sarei diplomata l’anno seguente. Il progetto era gigante: c’era una tournée in Polonia e tra i ruoli che ho ricoperto c’era anche quello di Karol Wojtyla da bambino. Nel teatro sono frequenti i ruoli en travesti…

Sei l’eroina di tutti gli studenti che saltano scuola, ti rendi conto?
Aspetta, mica ho finito! Tornata da questa esperienza p-a-z-z-e-s-c-a, sono rientrata in Italia e sono andata a vivere da sola: di giorno lavoravo e la sera studiavo. Siccome ero una grande secchiona, non feci quei corsi privati tipo due anni in uno. No: tramite la Regione Lazio sono passata come studente lavoratore, e ho sostenuto la maturità in un liceo classico pubblico estratto a sorte dalla Regione. Ho studiato come una pazza, notte e giorno, ma alla fine sono riuscita a recuperare in pochi mesi il programma di un anno intero portando anche – questa te la dico perché sono proprio orgogliosa – dei versi a memoria dell’Odissea in greco. Iniziavano così: kaigàr eu… (la citazione continua, ma noi abbiamo abbandonato prima, nda)

Ok, niente eroina degli studenti lavativi.
Eh, no: sono una secchiona.

Però non ho capito: sei andata a vivere da sola a 17 anni. Nessuno ha chiamato gli assistenti sociali?
Oh mamma, se la metti così sembra una storia triste! E poi, secondo me, gli assistenti sociali mi avrebbero stretto la mano e fatto i complimenti! (ride, nda) Comunque, senza entrare nei drammi familiari, posso dirti che sono andata a vivere da sola perché volevo la mia autonomia, i miei spazi. Desideravo essere l’unica responsabile di quello che mi sarebbe potuto succedere… La verità è che sono nata vecchia. Davvero! Già quando avevo otto anni facevo delle grandi dissertazioni su Kierkegaard. Capisci bene che, se queste sono le premesse, andare a vivere da sola era un’esigenza comprensibile. Non avevo mica 17 anni ma, mentalmente, almeno 25!

Il karma ti ha fatto però recuperare con gli interessi: in Buongiorno mamma 2 ti ritrovi in una famiglia super allargata…
Eh, sì. In questa nuova stagione arrivano anche diverse new entry. C’è Thomas Santu, che interpreta Mauro, e poi Kelum Giordano, ossia Karim nella serie: anche lui con una vita incredibile! Lo sapevi che è pure un pilota? Secondo me non è casuale: chi è umanamente ricco nel proprio privato, riesce poi a dare di più quando recita.

Verissimo. Però poveri i vostri analisti…
Sono stata in analisi 12 anni: ho terminato il percorso due anni fa e penso che la psicoterapia andrebbe resa obbligatoria come la leva militare. È fondamentale prendersi cura di se stessi, delle proprie paure e ansie. Su questo noi italiani siamo ancora indietro: vediamo la psicologia con sospetto invece… normalize lo psicoterapeuta, per favore!

Beatrice Arnera in una scena di ‘Buongiorno mamma 2’. Foto: Virginia Bettoja

Con queste radici canore, com’è che hai deciso di recitare e non di cantare?
La musica fa parte di me: canto – anche lirica – ed è una passione che sfrutto a teatro, nei musical. Tra l’altro compongo, scrivo, suono il pianoforte.

Però…
Però recitare mi fa sentire più libera. Ho l’impressione che la carriera discografica pura, in sé per sé, sia un percorso che ti fa scendere maggiormente a compromessi, nel senso che per accontentare i fan a volte devi accettare soluzioni che magari ti snaturano un po’ come cantautrice. Io invece compongo bossa nova: capisci bene che non è il genere più commerciale al mondo…

Nel 2019 hai lanciato un singolo dal titolo Ho. Poi più nulla. Perché?
È stato un gioco, molto buffo: a furia di sentirmi dire “dài, perché non canti?!”, ho finito per farlo. Mi sono buttata, a modo mio, con la marcia che più mi contraddistingue, ossia l’autoironia. Doveva uscire anche un album, che non è però mai uscito per una serie di ragioni esterne: diciamo che è iniziata come una buffoneria ed è finita come tale. Comunque non è un capitolo chiuso: forse non mi sono rassegnata. E poi, ora che ho un batterista in casa (il compagno Andrea Pisani, nda), come faccio a non riprovarci?

In quel singolo dici “ho paura dei sentimenti”. Possibile?
Sono stata cresciuta da un uomo, mio padre, che ha talmente alzato l’asticella dello standard di come vorrei essere amata, che alla fine ho fatto dei danni clamorosi. Pensavo infatti di trovare nel mondo tanti uomini come lui… in bocca al lupo, cara Beatrice! È stato discretamente frustrante, e qui, in questo discorso, Freud ci fa la zuppetta nel sugo.

Invece il mondo dello spettacolo non ti spaventa?
Molti colleghi hanno una relazione complicata con il mestiere dell’attore. Effettivamente è un lavoro precario, discontinuo: un giorno hai un carico di responsabilità e aspettative che ti piombano tutte addosso, il giorno dopo nessuno si ricorda di te. A me però salva il fatto di non dipendere dalle telecamere. Ai miei amici lo ripeto spesso: “Se domani si dimenticheranno di me, be’: farò altro”. In fondo ho tanti interessi, parlo più lingue, mi piace la natura, stare con i bambini…

Quindi quale potrebbe essere il tuo piano B?
Potrei diventare maestra d’asilo, o insegnare inglese o spagnolo, o tenere corsi di pet therapy… Sono profondamente grata per tutte le possibilità che ho ricevuto e amo questo lavoro: mi sveglio al mattino felice, ed è bellissimo. Spero di andare avanti così. Se però un giorno si dovessero dimenticare di me, vorrà dire che mi farò ricordare per altro.

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