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La rivoluzione femminista del Marocco passa dal rap

Il nuovo episodio di ‘Tracks’, la serie di ARTE dedicata alla cultura underground, racconta il rapporto tra rap e parità di genere in Marocco, le gamer femministe e la regina queer del Sudafrica

Dopo la Primavera Araba, luglio 2011, il re del Marocco Mohammed VI ha approvato una nuova costituzione che, tra le altre cose, prevede l’assoluta parità di genere. La realtà, purtroppo, mostra una situazione ben diversa: donne e uomini sono diseguali davanti all’eredità, la metà delle donne è analfabeta e più del 40% ha subito violenze. «La gente rispetterà queste leggi? Bisogna sensibilizzare sia uomini che donne, perché comprendano», dice l’attivista femminista Tendresse. «È necessario incidere di più, perché se le radici sono malate, non si possono curare i rami».

Le norme, insomma, non bastano, è necessario un movimento culturale che incida a più livelli. Nel caso del Marocco, questo movimento ha trovato sbocco nel rap, in particolare nella canzone Taj di Manal, una sorta di hit anti-machista. Il video, che in Marocco è diventato virale e ha raccolto più di 18 milioni di visualizzazioni, ha fatto molto discutere. «Quando abbiamo girato il video avevo paura, soprattutto della reazione della mia famiglia», dice la musicista che, prima di Taj, suonava soft r&b (come tutti in Marocco) e cantava di principesse e principi azzurri. «Ho scritto il pezzo perché ero disgustata dalla disparità tra uomini e donne, ero arrabbiata e ho cambiato direzione musicale. La gente non l’ha accettato, voleva che restassi la brava ragazza con la chitarra».

La storia di Manal, e del rapporto tra rap e parità di genere in Marocco, è al centro dello “Speciale estrogeni” di Tracks, la serie di ARTE dedicata alle avanguardie artistiche e alla cultura underground. Oltre al rap marocchino, nell’episodio si parla di videogiochi e femminismo, di “Mujer Vampiro”, la donna più modificata al mondo, e di Sant Jude, la regina queer del Sudafrica. L’episodio è disponibile in cima all’articolo.

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