I programmi tv con i bambini sono la nuova piaga dell’umanità | Rolling Stone Italia
La moderna poetica del fanciullino

I programmi tv con i bambini sono la nuova piaga dell’umanità

Da 'The Voice Kids' a 'La tv dei 100 e uno': adulti intrappolati nel corpo di minorenni dal talento prodigioso e ragazzini under 11 messi sul palco a fare i co-conduttori o gli intellettuali in erba

I programmi tv con i bambini sono la nuova piaga dell’umanità

Ogni epoca storica ha la propria punizione divina. Gli egiziani si beccarono la pioggia di rane e l’infestazione di cavallette, a noi toccano i programmi tv con i bambini. D’altronde ce li siamo meritati dopo aver (nell’ordine) incasinato il clima mondiale, giocato al Piccolo Chimico con dei virus pandemici, dato retta ai complottisti (tutti quanti, presi in blocco, dai terrapiattisti ai “no qualunque cosa”), e scambiato Putin per un missionario di pace. Insomma, dài: ce la siamo cercata.

Perché questo sono, in fondo, i programmi con i bambini: una nuova, violentissima, piaga dell’umanità di cui forse non ci libereremo mai. Inspiegabilmente c’è sempre infatti qualcuno che salta fuori dicendo: “Oh, senti che ideona! Facciamo un bello show coinvolgendo i bambini”; e, altrettanto inspiegabilmente, c’è qualcuno che gli dà retta. E questo succede tanto in Rai quanto a Mediaset: la prima ci ha appena rifilato The Voice Kids, la seconda sta mandando in onda, il mercoledì sera su Italia 1, La tv dei 100 e uno, condotto da Piero Chiambretti.

Come al solito, dunque, il passato non ci ha insegnato una mazza: dopo Ti lascio una canzone, Piccoli fans, Bravo bravissimo, Genius, Chi ha incastrato Peter Pan? (e potremmo continuare a oltranza), siamo ancora qui a pensare che il filone sia appassionante, originalissimo e geniale. No. Non lo è. Anzi, chiariamolo una volta per tutte: i bambini che a 5/7/10 anni cantano benissimo, o danzano strepitosamente, o esprimono concetti articolati non sono carini, bravissimi o simpatici. Solo solo inquietanti.

Prendiamo proprio l’esempio di The Voice Kids: il talent, proposto in due puntate il sabato sera su Rai 1, è andato bene in ascolti. Si è portato a casa un onesto 23% e oltre 3,5 milioni di spettatori, senza farsi del tutto asfaltare da C’è posta per te di Canale 5 (non è cosa da poco riuscirci…). Questo vuol dire che è piaciuto e che quindi – ahimè – probabilmente verrà rinnovato. Bisogna tra l’altro riconoscere che Antonella Clerici è riuscita a ricreare in studio il clima giusto: più da festa da paese che agonistico. Di fatto, ha trasformato le atmosfere da balera di The Voice Senior in quelle di un gigantesco parco giochi, a misura di bambino.

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Peccato che io, lì dentro, non abbia intravisto mezzo poppante. Quegli omini alti un cacio che si esibivano a turno sul palco erano chiaramente degli adulti intrappolati nel corpo di minorenni: c’era da chiamare un esorcista, mica Clementino a pigiare il bottone rosso della sedia rotante. Intendiamoci: è bellissimo che nel mondo esistano bambini dal talento artistico così prodigioso da emergere quando ancora sono in fasce. Però sono pur sempre una minoranza. Vederli invece così, tutti insieme in una sola volta, dà una visione distorta dell’infanzia: si promuove a normalità quella che invece è eccezionalità. Un modello del genere non fa bene ai giovani ma nemmeno ai genitori che, dopo un sabato sera in compagnia dei kids della Clerici, non posso che guardare con sufficienza il loro figlio pensando: “Certo che tu, quanto sei fesso…”. Sarò drastica, ma i mostri di bravura riesco a godermeli con serenità solo quando vanno da Gerry Scotti allo Show dei record, perché lì il messaggio è bello chiaro: questo pargolo è un fenomeno, ma è l’unico così in circolazione. Infatti entra nel Guinness dei Primati.

Dopodiché c’è il caso di La tv dei 100 e uno, che, se è possibile, è persino peggio di The Voice Kids. E non lo diciamo solo per gli ascolti, che sono effettivamente più bassi (la seconda puntata si è fermata al 12,6% e 1,7 milioni di telespettatori). Nello show di Rai 1 c’era infatti almeno “l’alibi” del talent show. Qui no. Si sono presi 100 fanciullini under 11 e li si è messi a fare la qualunque. Il genio del pianoforte si alterna quindi con il baby co-conduttore, l’intervistatore decenne, il mini ballerino, l’intellettuale in erba… è una gigantesca caciara, dove i bambini possono fare tutto. L’idea sottesa è: riscopriamo il fanciullino che è in noi, ascoltiamo quello che ha da dirci. Il che andava bene ai tempi di Pascoli ma non certo oggi, quando il vero problema sociale è che non esistono più adulti in circolazione.

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Fateci caso: il più delle volte, ascoltando i nostri politici ma anche alcuni cantanti, giornalisti, artisti (ma mettiamoci dentro pure i vicini di casa), abbiamo l’impressione che a parlare siano dei bambini, intrappolati nel corpo di adulti. Alla maggior parte di noi si è bloccata infatti la crescita: ci siamo fermati all’età dell’adolescenza e, da lì, non ci schiodiamo. Oggi servirebbe dunque uno show che ci aiutasse a tirare fuori l’adulto che è in noi: un corso accelerato di maturità, mica l’amarcord della nostra infanzia. Quella è già fin troppo viva e presente.

Tuttavia, facciamo un esercizio di buona fede e mettiamoci ad ascoltare quei 100 bambini arruolati da Chiambretti, facendo tra l’altro finta che non ne esistano altri 200, sui social, in versione baby influencer. Ecco, da quello che abbiamo visto nelle prime due puntate abbiamo capito due cose. La prima: noi a 40 anni andiamo ancora ai concerti di Cristina D’Avena, loro invece hanno chiesto a Chiambretti di avere in studio il rapper Sfera Ebbasta. Il quale ha consegnato alle nuove generazioni la seguente riflessione universale: “I soldi non sono l’unica cosa che fa la felicità, ma di certo aiutano a trovarla”. Un messaggio chiaramente sottoscritto dall’intera comunità degli educatori italiani.

La seconda: Chiambretti ha assicurato che la scaletta degli ospiti è stata stilata dai bambini, senza suggerimenti. Ebbene, i nostri a quanto pare guardano solo Mediaset (finora non si è visto un volto Rai, La7 o Sky) e addirittura hanno una grande passione per Ezio Greggio ed Enzo Iacchetti (“amano Striscia”, si è sentito in dovere di spiegare Chiambretti) e per Vittorio Sgarbi. Seriously? Sgarbi? Se è così, be’… abbiamo appena scoperto perché al mondo si fanno sempre meno figli.