Ho ordinato Sanremo su Wish, mi è arrivato ‘Una voce per San Marino’ | Rolling Stone Italia
PERCHÉ SAN MARINO è SAN MARINO

Ho ordinato Sanremo su Wish, mi è arrivato ‘Una voce per San Marino’

Cinque ore e mezzo di show fantozziano con artisti come Eiffel 65, Roy Paci e una serie di vincitori di talent. In giuria Al Bano. Volevamo il festival della musica sammarinese, ci siamo ritrovati con una sottomarca da outlet. E se fosse un preludio alla rivoluzione?

Ho ordinato Sanremo su Wish, mi è arrivato ‘Una voce per San Marino’

Jonathan Kashanian presenta 'Una voce per San Marino' nel 2022

Foto: Marco Piraccini/Archivio Marco Piraccini/Mondadori Portfolio via Getty Images

Avete presente il meme “Quando lo ordini su Wish / Quando ti arriva a casa”? Certo, spiegare la memetica è sempre strano, ma, per chi non lo conoscesse, questo nello specifico ironizza su personaggi, oggetti o eventi che sembrano una copia sbiadita di qualcosa di più celebre o meglio riuscito. Ecco, non saprei trovare miglior modo per spiegare quanto visto ieri sera: ho ordinato il Festival di Sanremo e mi è arrivato a casa – proprio sul mio laptop in streaming – Una voce per San Marino, il programma pensato per scegliere chi rappresenterà la Repubblica del Titano al prossimo Eurovision Song Contest.

Giunto alla sua seconda edizione, Una voce per San Marino è oramai un evento di punta per il piccolo Stato indipendente e per due tipologie di persone nello specifico: da un lato i commentatori seriali da social che ieri sera lo hanno spedito in cima ai trending topic di Twitter, dall’altro cantanti e artisti trombati dai vari festival nazionali che provano a entrare nell’Europa che conta da una scorciatoia sul retro, affascinati dal grande successo internazionale ottenuto dai Måneskin dopo la vittoria nel 2021. I primi ne vedono il lato ironico (siete ancora in tempo per farvi una risata sulla piattaforma che cinguetta), mentre i secondi, come furbette volpi (le stesse che appaiono a inizio show nella campagna progresso Fox must go on?), tentano di sfruttare il palco sammarinese (e non sanremese, attenti, vi ho avvisati che è tutto molto simile) per strappare un ticket per l’Eurovision. Il risultato? Un Sanremo ordinato su Wish.

Se il Festival dei fiori (prima della strage di Blanco) è cominciato orgogliosamente con l’inno nazionale, in Una voce per San Marino se ne dimenticano, come fa notare a fine serata il presentatore e mattatore dello show, Jonathan Kashanian, conosciuto dai più come vincitore della quinta edizione del Grande Fratello, chiedendo scusa alle autorità politiche in sala. Se sul palco dell’Ariston sono invitati grandi nomi della musica italiana, come Ornella Vanoni ed Eros Ramazzotti, qui i due tornano, ma in una imitazione/parodia del comico di turno (insieme a Celentano, Mika, Renga). Se Chiara Francini è stata co-conduttrice di una delle serate della kermesse Rai, qui improvvisamente appare sul nostro schermo, è vero, ma durante i consigli per gli acquisti come volto dell’AISM per raccogliere fondi per la ricerca sulla sclerosi multipla.

E ancora: le grafiche, il logo della Rtv San Marino che richiama quello della Rai, la cover di Let It Be dei Beatles (portata a Sanremo da Mengoni nella serata cover, qui proposta dalla co-conduttrice, Senhit, che per ben due volte in passato ha rappresentato il Titano all’Eurovision). E i collegamenti? Da un lato la Costa Crociere con i concerti di Salmo e Guè, dall’altra i backstage dal San Marino Outlet in cui – sempre per la macchina del meme – a una certa si sfiora la tragedia erotica quando, mandando la linea in esterna, il cameraman non si accorge che dietro l’intervistatore si intravede la sagoma nuda di un’artista in gara, fortunatamente offuscata da un vetro satinato. Panico in sala, agitazione per Jonathan: altro che Fedez e Rosa Chemical, questo è sesso (made in San Marino).

L’idea dei due show, come detto, è molto simile, cambiano solo i budget. L’orchestra è rimpiazzata dalle basi (lasciando i musicisti in playback), Amadeus da Jonathan (che, c’è da dire, se la cava anche discretamente in questo tsunami di cringe), la Ferragni da Senhit. Senza considerare location, palco, luci e canzoni, paradossalmente ancora meno interessanti delle già non interessanti canzoni del Festival. A non cambiare – con grande ironia – è invece il punto debole di Sanremo: la durata. Anche qui si superano agilmente le cinque ore. Cinque ore abbondanti per arrivare a decretare il vincitore di Una voce per San Marito all’una e mezza del mattino: siamo tutti pazzi?

Dicevamo, la musica. Con un processo di selezione che pare abbia superato le mille iscrizioni da oltre 30 Paesi, la giuria presieduta da Al Bano (sfruttato molto tardi dallo show, che lo lascia cantare solo dopo mezzanotte come fosse un contenuto politicamente scorretto, forse per l’azzardo di aver esordito con uno splendido: «Voterò per la meritocrazia») ha pescato, tramite una lunga serie di selezioni ed eventi, alcune facce più o meno note della musica italiana. Dopo aver tagliato alle semifinali (nell’imbarazzo discografico) artisti quantomeno un filo conosciuti come Massimo Di Cataldo (in coppia con Andrea Agresti), Moreno (il rapper già vincitore di Amici) e Laïoung (vi ricordate quel breve momento attorno al 2016 quando se ne parlava come la next big thing del rap?), tra i 22 concorrenti della manifestazione sono arrivati personaggi più o meno impensabili come Roy Paci (che si presenta con un brano intitolato Tromba, autoesplicativo), gli Eiffel 65 (monchi di Gabry Ponte), Deborah Iurato (vincitrice della tredicesima edizione di Amici), Lorenzo Licitra (vincitore di X Factor nel 2017), Alfie Arcuri (primo classificato a The Voice Australia nel 2016), Nevruz (da X Factor 4), Mayu (artista della Pop Music School di Paolo Meneguzzi – proprio lui! – che è tra gli autori del brano) e Le Deva (a Sanremo nel 2021 ospiti alla serata cover di Orietta Berti), garantendo in chi guarda un certo numero di “ma davvero è qui?”, “WTF”, “pensavo avesse smesso”.

Nomi più o meno celebri (c’è anche una sfilza di nomignoli, nomi propri generici, targhe di auto, sigle) che hanno provato il colpo all’Achille Lauro (vincitore in sordina dello scorso anno che evitò di citare l’esperienza sui propri social) e che si sono visti superare dai Piqued Jacks, band pistoiese che con Like an Animal ha trionfato guadagnandosi l’opportunità di rappresentare San Marino al prossimo Eurovision. Ma non chiedetemi come faccia il pezzo, ne ho dovuti sentire 22, in varie lingue, da artisti svizzeri, albanesi, australiani, inglesi, italiani, sammarinesi; mi sembra già tanto che io sia sopravvissuto per parlarvi dell’evento in sé.

Dopo cinque ore e mezzo di show, la cerimonia di premiazione è tutta una corsa che pare essere uscita da un film di Fantozzi, con vallette che inciampano, fotografi che si scontrano e artisti che tardano a presentarsi sul palco dispersi nei negozi vuoti dell’outlet. A tal proposito, immagino vi interessi questo: il premio San Marino Outlet Experience per miglior look (Sanremo, prendi esempio) è andato a Lorenzo Licitra, mentre quello per Brano più Eurovisivo (termine che ho trovato geniale) ha visto trionfare Le Deva. Poi ci sarebbe da chiedersi come mai il brano più eurovisivo non sia quello che andrà effettivamente all’Eurovision, che in fondo è il motivo per cui mi sono inflitto di vedere questa penitenza di cinque ore un sabato sera, ma non credo ci sarà nessuna conferenza stampa conclusiva presieduta da Stefano Coletta per dissipare i miei dubbi.

Ma io per Una voce per San Marino ho un sogno. Lo immagino diventare un feudo in aperto contrasto con il Sanremo di Amadeus, in cui il tentativo di replica è sostituito da uno studiato scimmiottamento totale. Immagino Jonathan in drag, artisti che eseguono brani spudoratamente copiati dalle canzoni in concorso qualche settimana prima all’Ariston, una qualche sorella Ferragni a leggere una letterina scritta contro la piccola Chiara bambina che da grande alla fine le ha oscurate tutte. Voglio vedere Blanco prendere a calci le vetrine dell’outlet svelando orge tra i concorrenti in gara, Benigni recitare la costituzione sammarinese, monologhi hollywoodiani sulla benzina che costa meno alla faccia di noi stupidi italiani. E infine basta fiori, a tutti gli artisti dopo l’esibizione viene consegnata onorevolmente una stecca di sigarette da fumare liberamente in teatro.

Scusate, penso di essermi addormentato sul finale e di aver sognato tutto questo. Ho sonno, ridatemi indietro queste cinque ore.

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