Le premesse di Money Road – Ogni tentazione ha un prezzo sono queste: dodici sconosciuti stanno per due settimane nella giungla malese, mettendo alla prova la loro capacità di resistenza fisica e psicologica. Obiettivo: arrivare alla fine per dividersi un montepremi di 300mila euro.
Lungo il percorso, benedetto da una temperatura di 40 gradi e un’umidità che si aggira intorno al 90%, i concorrenti vengono posti davanti a delle tentazioni (ovvero agevolazioni che vanno da un pasto caldo a una notte in hotel, fino a scegliere il percorso più breve) che possono scegliere di ignorare o accettare, pagandole però in quest’ultimo caso con la “cassa comune” del montepremi. A godere dei benefici possono essere tutti o alcuni, ma a pagare è sempre tutta la squadra che rinuncia via via a pezzi del jackpot finale. È quindi svelata la tensione del gioco, il suo lato da esperimento sociale: è possibile mettere da parte l’egoismo per compiere sempre scelte a beneficio della collettività? Spoiler: no.
E quindi eccoci qui, con la risposta in tasca ma pronti a metterci alla visione di questo nuovo gioco tv che, per la verità, è un format che ha già riscosso successo in altri Paesi sotto il nome di Tempting Fortune. All’attivo ci sono edizioni oltreoceano e in Europa, tra cui il Regno Unito, dove si è da poco conclusa con successo la seconda stagione. In Italia lo show è stato adattato da Sky Original e prodotto da Blu Yazmine per essere trasmesso ogni giovedì (a partire dal 29 maggio) per sei settimane su Sky, in streaming su NOW, e simulcast su TV8.
Alla conduzione di questo esperimento c’è Fabio Caressa. In quanto cronista, giornalista ed ex concorrente di Pechino Express, Caressa pare perfetto per prendere le redini del programma. Dovrà essere carnefice (è lui che spiega di volta in volta le tentazioni), psicologo (si confronterà via via con i giocatori e le loro scelte) e narratore dei diversi equilibri che si andranno a creare nel gruppo.
Dopo aver visto la prima puntata possiamo dirlo: Money Road funziona. Ma, d’altronde, si basa sulla formula più vecchia del mondo: metti degli sconosciuti nella stessa stanza (o in questo caso nella giungla) e guarda cosa succede. Come interagiscono, quali atteggiamenti sviluppano, chi diventa aggressivo, chi mantiene la calma. Il tutto si fa ancora più denso di possibilità se scegli un gruppo eterogeneo e dai loro un obiettivo comune: guadagnare soldi. Al primo impatto Money Road sembra il figlio nato dall’unione di Are You The One e Pechino Express, ma c’è qualcosa in più. Una costante tensione tra il pensiero individuale e collettivo, oltre a un discorso piuttosto interessante sul valore dei soldi.
Viene legittimo, infatti, chiedersi se quello di Money Road sia il modo giusto di trattare una tematica sensibile come quella del denaro. Già nella prima puntata si vede uno dei concorrenti sfogarsi in una crisi di pianto e frustrazione perché qualcuno ha deciso di sperperare una somma di denaro a due zeri. Una cifra pari quasi al doppio dello stipendio mensile di un lavoratore italiano medio. E se un ragionamento simile non è condiviso da tutto il gruppo, tutti i 12 arretrano inorriditi e compatto davanti a una tazza di caffè che viene offerta loro alla modica cifra di 150 euro a tazzina (altro che Piazza San Marco a Venezia). Money Road mostra, alla maniera del reality, le diverse sfumature nella percezione dei soldi. Qual è il valore che diamo a una cifra come individuo, come gruppo o, più in generale, come società. Ed è una sfida piuttosto cerebrale per un game show.
Da questo punto di vista è stato fondamentale il casting, perché Money Road riunisce 12 persone variegate tra loro per provenienza, estrazione sociale, lavoro ed età. Sullo schermo si crea quindi quello strano paradosso per cui sembra di guardare un campione di italianità in provetta che viene inoculato in un nuovo ambiente ostile e si muove, espandendo e mutando la propria forma. Proprio come te lo aspetteresti. I 12 sconosciuti ci mettono davanti a un ritratto in miniatura dell’Italia moderna, con tutto ciò che va e non va.
C’è Matteo, lo stylist milanese di vent’anni che, ovviamente, fa subito comunella con Alice, la project manager coetanea e romana che dichiara di amare la bella vita. Lui le dedica presto un “amo, sto pieno” che nel mezzo della giungla malese (non milanese) è piuttosto divertente da sentire. C’è l’atleta di origine camerunense, Danielle, che dà prova di etica sportiva con una mentalità votata alla sana competizione; c’è Yaser, metà italiano metà palestinese, che fa l’odontoiatra e che viene scelto dal gruppo come guida per la prima spedizione, mostrandosi diligente e preparato nel suo compito.
C’è Saveria, tatuatrice che si dichiara “donna tosta” ma di “tosta” mostra solo la propria animosità verso gli altri concorrenti; c’è Alessandro, creativo di 38 anni che veste i panni del qualunquista di turno ed esordisce entro la prima mezz’ora con un sonoro “se i due più giovani cedono subito alle tentazioni: questa è l’Italia! Bisogna reintrodurre la leva obbligatoria”. C’è Enrico, l’imprenditore cinquantenne che per ripicca dopo una discussione sceglie di spendere una cifra cospicua, senza rendersi conto che il torto è anche contro se stesso. E potremmo andare avanti così, ma preferiamo che siate voi a identificare i vari fenotipi dell’italiano moderno, tutti ben esposti in Money Road. Prendiamoci solo un minuto di contemplazione per una scena in particolare: dopo circa 24 ore nella giungla, i 12 concorrenti in astinenza da caffeina cominciano ad aspirare a pieni polmoni una manciata di chicchi di caffè a occhi chiusi e sognanti. A volte siamo lo stereotipo di noi stessi, e va bene così.
In questa Italia in Miniatura, fuori posto e irresistibile proprio come quella romagnola, c’è spazio per la controversia, il litigio, la formazione di gruppi o coppie più affiatate di altre: ma quanto spazio c’è per quella componente trash che rende interessante (o inguardabile, dipende dai punti di vista) ogni reality? Ci sono gli ospiti VIP: lo chef Giorgio Locatelli, che si offre di preparare un lauto piatto di pasta; Enzo Miccio, che invita i concorrenti sul suo yacht; Asia Argento, che offre mille delizie nel suo Asia Bazar. Tuttavia, Money Road gioca per sottrazione e prova a escludere quegli orpelli drammatici che sporcano la trama, evitando – almeno nella prima puntata – musiche drammatiche alla Temptation Island, sia una caratterizzazione dei personaggi volutamente estrema nel tentativo di suscitare empatia o odio, come può essere per i concorrenti di MasterChef.
Il focus rimane sul gioco, sull’esperimento sociale che viene presentato senza giudizio morale, anche se chi lo guarda da casa si sentirà sicuramente legittimato nel farlo. Uno dei punti di forza di Money Road è proprio il continuo porre lo spettatore davanti alla domanda: cos’avrei fatto al suo posto? Avrei accettato di ritirare qualche migliaio di euro da un ATM detraendo la somma dal montepremi, senza che i miei compagni d’avventura lo vengano mai a sapere? Anche se questo, a posteriori, mi sottoporrà al giudizio dell’Italia intera, s’intende. Che prezzo ha un gesto di slealtà, quanto è plausibile che in un gruppo di sconosciuti venga messo da parte il personale per il bene comune e, più in generale, come possiamo fare per affrontare la vita quotidiana in mezzo a una giungla di stronzi? Money Road dà qualche buono spunto.