Un esperimento, uno spin-off – come dicono quelli bravi – ma soprattutto un’opera di bene per l’umanità. Non so voi, ma dopo tre mesi (percepiti: due lustri) di Garlasco Show, dove la polizia è inattendibile, la magistratura impazzita e pure la scienza fa cazzate, avevamo bisogno di qualcuno che ci dicesse: “Tranquilli, la realtà esiste e la giustizia pure”. Lo ha fatto ieri sera Francesca Fagnani con il suo graffio da belva, ridando alle istituzioni ciò che è delle istituzioni: l’attendibilità. Con Belve Crime, che poi era Belve Bossetti (gli altri due ospiti non ce ne vogliano, ma quello era il vero piatto forte), ha spento sul nascere ’sta mania dei cold case da riaprire, mettendo addirittura a tacere Netflix.
Come sa bene chi è patito di cronaca nera, ossia mezza Italia, la piattaforma streaming aveva da poco sfornato una docu sul caso Yara Gambirasio dando per la prima volta la parola a Massimo Bossetti. Obiettivo: dimostrare che l’omicida finito in carcere non è un mostro, se non addirittura un innocente condannato per errore. Insomma lo Stasi bis, o l’Olindo e Rosa che non ce l’hanno fatta. Così, quando Fagnani ha annunciato che l’avrebbe avuto come (super) ospite nel suo speciale, si è pensato che volesse cavalcare l’onda, sollevando nuovi dubbi e riaprendo il caso. Per noi poveri spettatori avrebbe voluto dire un nuovo Garlasco Show, dove a qualsiasi ora del giorno e della notte si sarebbero rincorse piste nuove o presunte tali. Probabilmente Vespa stava già tirando fuori il vecchio plastico.
Invece Fagnani arriva, si siede sul suo sgabello sfoggiando un look da Ilary Blasi versione Unica (una stoccata a Netflix?) e come un piccolo Davide fa a pezzi il gigante in streaming Golia. Ci riesce facendo domande garbate ma ficcanti, stando sui fatti e soprattutto non ammettendo revisionismi da complottisti allucinati. Quando per esempio Bossetti inizia a sindacare sul Dna nucleare, Fagnani non lo gli va dietro ma lo riporta alla realtà: “È una prova scientifica: il Dna nucleare evidenzia in modo univoco l’identità di una persona”. Da quanto non sentivamo dare così tanto credito alla scienza, soprattutto in Tv? Bossetti però insiste, a ogni prova legata a qualsiasi esame ribatte “così si dice”, e puntualmente Fagnani precisa: “Non è che si dice, è una prova scientifica, altrimenti se si mette in discussione tutto…”.
Poi ricorda che Bossetti ha avuto ben tre ergastoli e tu, dal divano, inizi a riflettere sopra quel numero: tre sono tanti. Possibile che tutti i giudici si siano sbagliati? È perlomeno improbabile, tanto più che, come ricorda di nuovo Fagnani, non si è partiti da Bossetti ma si è arrivati a lui. Prima si sono trovate le (peraltro abbondanti) tracce di Dna sugli slip di Yara, classificate come Ignoto numero 1, e poi, dopo un complicatissimo lavoro di analisi – di nuovo, la scienza che non mente – si è arrivati a lui.
Ovviamente Fagnani sa bene che tutto questo buon senso non basta: noi “divanati” siamo cresciuti a talk e complottismo. L’empatia, o quello che intuiamo davanti alla tv, vale più di qualsiasi Dna – in questo siamo proprio come Bossetti… – e osserviamo l’intervista come se fosse la parola di Fagnani contro quella del presunto omicida/innocente. Così Fagnani va avanti e sfila a Bossetti proprio la sua arma principale: il fascino dello Stasi bis. Mostra come sia un bugiardo patentato: “Si è assentato spesso dal lavoro dicendo che aveva un tumore al cervello”, ricorda. “Sì, mi pagavano poco e dovevo trovare una ragione per giustificare le lunghe assenze: quella reggeva”, la sua spiegazione. Poi c’è tutta la questione delle ricerche online sui siti porno che propongono ragazzine con vagine rasate: “Google genera in automatico questi risultati, non sono stato io e comunque non ci ho cliccato sopra”. Sì, vabbè. Poco dopo viene pure fuori che, in un carteggio amoroso dal carcere, Bossetti ha chiesto alla sua partner di depilarsi la vagina perché a lui piace così. “Questo sembrerebbe avvallare la precedente ricerca online”, fa notare la giornalista. Fagnani non lo dice espressamente ma ci mostra una verità che spesso si dimentica: i pedofili, più di qualsiasi altro omicida, sono dei bugiardi patentati. Alla fine dell’intervista il risultato è un k.o. tecnico che regala a Fagnani un’ottima vittoria, dopo una stagione di Belve che è filata bene senza però brillare.
Ora il punto è: la formula Crime è replicabile? Quanti altri Bossetti potrebbe – o dovrebbe – trovare per andare avanti? Con una sola puntata è difficile fare qualsiasi ragionamento. Tre ospiti non bastano nemmeno per capire se si rischia di pestare i piedi a Franca Leosini e alle sue Storie maledette. Di certo però Fagnani ha impresso un proprio stile ai faccia a faccia che, se da un lato non trattano mai i suoi ospiti come mostri (“perdoni la domanda antipatica…”, “scusi se glielo dico in maniera così diretta”, “posso chiederle se…” sono tutti atti di umanità), dall’altro non fanno mai scattare l’operazione simpatia. E soprattutto non dimenticano le vittime.
Quando per esempio la giornalista si sente rispondere da Eva Mikula, supertestimone della Uno Bianca, che “io non devo chiedere scusa a nessuno, semmai attendo le scuse dai famigliari delle vittime”, ferma tutto e ribatte: “I famigliari delle vittime non devono chiedere scusa a nessuno. Mai”. Allo stesso modo, quando Bossetti critica il papà di Yara che, dopo la sua scomparsa, era andato a lavorare in cantiere, Fagnani lo mette a posto con: “Ma lei come fa a giudicare un qualsiasi comportamento di un genitore che ha perso la figlia, visto il motivo per cui è qui? Ognuno reagisce al dolore come vuole”. È un equilibrismo difficile, che in molti talk show si è perso perché, altrove – saremmo quasi tentati di dire ovunque… – quello che conta è la notizia. Se poi lo scoop fa male, se è impreciso, se ferisce qualcuno, pazienza.
Fagnani prova invece a tenere dentro tutto: dichiarazioni bomba e umanità, rispetto e sconcerto, umanità e mostruosità. Un mix difficile, forse anche per questo ha voluto iniziare su un terreno a lei familiare, ovvero Ostia e gli Spada, aprendo la puntata con la collaboratrice di giustizia Tamara Ianni (grazie a lei furono arrestati 32 membri del clan Spada). In ogni caso, se queste solo le premesse, vale la pena andare avanti con lo spin-off e vedere come va.