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Non solo ‘La regina degli scacchi’: 10 film struggenti su 10 formidabili piccoli geni

La serie-fenomeno di Netflix rilancia il trend dei bambini prodigio (futuri adulti disfunzionali). Dai ragazzini di casa Tenenbaum a un certo Mark Zuckerberg, ecco il listone dei titoli da (ri)rivedere in streaming

Foto: Netflix

Non ce ne voglia Dave Eggers: formidabili, sì, ma di certo non dei mostri di simpatia. Lo dimostra La regina degli scacchi, l’exploit ottobrino firmato Netflix con la stupenda Anya Taylor-Joy: i piccoli geni raccontati dai film – e per “piccoli” qui siamo di manica larga, dai bambini ai poco-più-che-ventenni – non brillano affatto per senso dell’umorismo, affabilità o autoironia. Hanno altre qualità, loro, che nella maggior parte dei casi amano sfoderare e sbatterci in faccia con quel modo a metà tra il finto colpevole («Scusami se sono mega-intelligente, non l’ho voluto io!») e il supponente («Non sarai mai alla mia altezza, povero scemo!»). Il tratto comune? Si sentono incompresi – ma toh – e in generale contano gli amici sulle dita di una mano, ché se queste sono le premesse, per sopportarli è necessario un animo parecchio caritatevole. Alcuni sono stati esclusi dalla lista perché troppo famosi: vedi Wolfgang Amadeus Mozart, protagonista di Amadeus o lo Stephen Hawking della Teoria del tutto. Siamo consapevoli del rischio, ma altrettanto sicuri che ciò sarà ben lungi dal minare la proverbiale presunzione.

Il mio piccolo genio (1991) di Jodie Foster – da noleggiare su Chili

Uno dei capostipiti dei film sui piccoli geni (ma guarda un po’ che caso): il debutto alla regia di Jodie Foster, correva l’anno 1991, fa tana libera tutti e si serve senza vergogna dei vari cliché offerti dalle storie sui bambini dotati. Fred Tate (Adam Hann-Byrd) ha sette anni, è intelligentissimo, la matematica è il suo pane quotidiano, ha una madre (la stessa Foster) molto giovane e inadeguata a stargli dietro, zero amici, pochi soldi e un altro adulto (qui la psicologa Jane Grierson, interpretata da Dianne Wiest) che interviene a dargli una mano, indicandogli la retta via. Morale: l’impressione è quella di stare al festival dei buoni sentimenti, con l’aggravante che Fred Tate – perdonateci la schiettezza – è un ragazzino abbastanza fastidioso e respingente. Uno che, insomma, non ti stupiresti se desse una festa di compleanno e nessuno si presentasse.

Shine (1996) di Scott Hicks – da noleggiare su Chili

Un bel pieno di lacrime e angoscia: Scott Hicks firma la storia di David Helfgott (Geoffrey Rush), pianista australiano fagocitato dal padre musicista fallito che lo trasforma sin da ragazzino in un frustrato patologico malgrado il, o forse a causa del, suo grande talento. David vince un concorso dietro l’altro, viene invitato a suonare in una prestigiosa orchestra americana ed è a tanto così dal grande successo: il padre si oppone con violenza e lui, nel tentativo di spezzare l’opprimente vincolo, sprofonda nella schizofrenia. Nel 1997 Rush vince l’Oscar come miglior attore protagonista, e sotto sotto molti hanno pensato be’, meno male, un briciolo di gioia e di felicità in questa valle di dolore è il minimo (scherziamo, c’è un happy ending, ma ci si arriva piuttosto provati: poi non dite che non ve l’avevamo detto).

Matilda 6 mitica (1996) di Danny DeVito – da noleggiare su Chili

Si tratta della trasposizione cinematografica, per la regia di Danny DeVito, del romanzo Matilda di Roald Dahl, che (quasi) tutti abbiamo letto da bambini. E poiché la storia della piccola Matilda – che ha sei anni ed è straordinariamente intelligente, dolce, sensibile, gentile e onesta, nonché dotata di poteri telecinetici – è arcinota, qui vogliamo ricordare di Mara Wilson, l’attrice che l’interpreta. Wilson negli anni ’90 fu una specie di prodigio-barra-meteora, protagonista di titoli come Mrs. Doubtfire e Miracolo nella 34a strada, remake della celebre e omonima pellicola del 1947. La sua frangetta e il suo caschetto castano parevano ovunque e lei sembrava destinata a un grande successo, salvo poi sparire dai radar poco dopo l’uscita di Matilda 6 mitica, nel 1996. Una parabola che, giusto per rimanere in tema, richiama vagamente quella di uno qualsiasi dei fratelli Tenenbaum (vedi più avanti).

Will Hunting – Genio ribelle (1997) di Gus Van Sant – da noleggiare su Chili

1997, regia di Gus Van Sant, sceneggiatura scritta a quattro mani dagli allora sconosciuti Ben Affleck e Matt Damon. Will Hunting (Damon) è un talento della matematica che, anziché coltivare le proprie strabilianti capacità, passa il tempo a far bisboccia con l’amico Chuckie (Affleck) e compagni, nonché a pulire i pavimenti del famoso MIT, il Massachusetts Institute of Technology. Come da copione, il caratteraccio è dovuto alla lunga serie di traumi che gli impediscono di rapportarsi con le persone e con la vita in generale: niente di nuovo sotto il sole, ma nonostante la prevedibilità ci si emoziona, soprattutto sul finale. Due Oscar (alla sceneggiatura originale e al migliore attore non protagonista, Robin Williams) e un trampolino di lancio definitivo per le carriere di Ben e Matt: noi ragazze che già negli anni ’90 avevamo l’occhio lungo avremmo sempre preferito il primo al secondo.

Billy Elliot (2000) di Stephen Daldry – su Netflix

Basta matematica, almeno per un film: il talento dell’undicenne Billy (un meraviglioso Jamie Bell, al suo esordio) è la danza classica, passione che – nella provincia mineraria inglese del 1984 – deve vedersela con pregiudizi durissimi a morire. Eppure sarà più dura la passione di Billy, tanto da riuscire a convincere il padre Jackie (Gary Lewis) e il fratello Tony (Jamie Draven), oltre a tutta la comunità di minatori di Durham, a sostenerlo sia emotivamente che economicamente nell’impresa di entrare alla Royal Ballet School di Londra. Il delicato e commovente film del 2000 di Stephen Daldry fu un vero e proprio fenomeno: cinque anni dopo, l’omonimo musical – scritto da Lee Hall, musicato da Elton John e con lo stesso Daldry alla regia – sarebbe entrato di diritto tra le migliori produzioni teatrali britanniche di sempre. Ah, rimanendo in tema di musica, pure la colonna sonora del film, che spazia dai T. Rex ai Clash, passando per i Jam di Paul Weller, non è affatto male.

I Tenenbaum (2001) di Wes Anderson – da noleggiare su Chili

Forse il film di Wes Anderson più amato, citato, copiato: Chas (Ben Stiller), Margot (Gwyneth Paltrow) e Richie (Luke Wilson) da bambini sono rispettivamente un genio della finanza, una talentuosa drammaturga, un prodigio del tennis. Ventidue anni più tardi, li ritroviamo adulti: il primo è diventato un ipocondriaco iperprotettivo; la seconda è una depressa cronica; il terzo, dopo una partita disastrosa, decide di esiliarsi imbarcandosi su una serie di navi che viaggiano intorno al mondo. A scriverla pare una trama tristissima, eppure i tre Tenenbaum sono decisamente i geni più divertenti di questa lista, oltre a rappresentare ancora, dal lontano 2001, il travestimento prediletto dei coraggiosi che adorano festeggiare Halloween o (peggio) carnevale senza sforzarsi troppo di fantasia.

The Social Network (2010) di David Fincher – su Amazon Prime Video

Anno 2010; regia di David Fincher; sceneggiatura di Aaron Sorkin (Oscar numero uno); colonna sonora di Trent Reznor con la collaborazione di Atticus Ross (Oscar numero due, oltre a un terzo, più tecnico, al montaggio). Dobbiamo andare avanti? È il film sul passaggio cruciale delle nostre vite, che da sociali sono diventate social, nonché forse il migliore degli anni ’10. La scalata al successo di Mark Zuckerberg – ex (mica tanto) nerd di Harvard che qui ha il corpo del doppelgänger Jesse Eisenberg – ci ricorda che non sarà certo un’idea geniale a renderci meno opportunisti, sfigati e meschini, anzi. Ché, come sottolinea la tagline, «Non arrivi a 500 milioni di amici senza farti qualche nemico».

Millennium – Uomini che odiano le donne (2011) di David Fincher – su Netflix

Altro giro, altro David Fincher: parliamo del secondo adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Stieg Larsson, il primo del ciclo Millennium, già portato sul grande schermo nel 2009 dal danese Niels Arden Oplev. L’inquietantissima ed espertissima hacker Lisbeth Salander (una Rooney Mara che raccoglie il testimone di Noomi Rapace) ha più piercing che anima: come al solito parecchio intelligente nonché schiva, asociale, tagliente e simpatica quanto una manciata di sassolini nelle scarpe. Nonostante le ottime premesse, il film è forse uno dei meno riusciti di Fincher, tanto che la saga non è stata portata avanti: ciò che funziona – oltre alla colonna sonora ancora firmata dal duo composto da Reznor e Ross – è proprio il personaggio di Lisbeth, che con le sue sopracciglia ossigenate è stata a un passo dall’iniziare una moda a dir poco letale.

La grande partita (2014) di Edward Zwick – su Amazon Prime Video

Dedicato agli orfani della Regina degli scacchi. Biopic del 2014 del celeberrimo campione americano Bobby Fischer (Tobey Maguire), che ne racconta l’ascesa negli anni ’60 fino alla “sfida del secolo” contro il sovietico Boris Spassky (Liev Schreiber) nel 1972. Il match per diverse settimane trasformò una scacchiera a Reykjavík in un campo di battaglia della Guerra Fredda, e attirò più attenzione mondiale di qualsiasi altra partita di scacchi giocata fino a quel momento e anche dopo. Per gli amanti del genere segnaliamo anche In cerca di Bobby Fischer, conosciuto pure con il titolo Sotto scacco: scritto e diretto da Steven Zaillian nel 1993, il film si basa sulla vita del precocissimo giocatore di scacchi Joshua Waitzkin (Max Pomeranc), il cui talento a sette anni veniva paragonato a quello, per l’appunto, di Bobby Fischer.

Gifted – Il dono del talento (2017) di Marc Webb – su Amazon Prime Video

Una settenne dotatissima (Mckenna Grace), genietto della matematica capace di dare sui nervi come pochi, orfana di madre e con padre non pervenuto, diventa suo malgrado oggetto di un’aspra battaglia legale per la custodia tra lo zio (il Capitan America Chris Evans) e la nonna (Lindsay Duncan). Un drammone che più drammone non si potrebbe firmato Mark Webb, lo stesso che dopo averci deliziato con (500) giorni insieme ci mise a dura prova con i due The Amazing Spider-Man e The Amazing Spider-Man 2 – Il potere di Electro. La conclusione è piuttosto intuibile, ma la ribadiamo a scanso di equivoci: sebbene l’argomento abbia potenzialmente una presa facilissima, Webb – ahinoi – non torna a deliziarci affatto.

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