Rolling Stone Italia

The day after Sanremo

Il nuovo direttore di Rolling Stone commenta il brutto hangover della musica italiana. Rispondetegli
Questo è il gatto della nostra collega Cecilia, è stata la cosa più divertente che abbiamo visto durante i cinque giorni di @DivanoRolling dedicati a Sanremo

Non so chi ha vinto il festival di Sanremo, mi sono addormentato prima. Ma ho visto interamente le prime due serate e pezzetti della terza. Poi ho smesso, la mia fragilità non mi ha permesso di resistere a quel mix indigeribile di pessima musica (quasi sempre) e pessimi intermezzi comici (prima dell’arrivo di Luca e Paolo, che però hanno avuto l’innegabile vantaggio di arrivare come acqua nel deserto).

Sanremo è stato però visto da una enorme quantità di italiani. E bisognerebbe chiedersi perché – giuro che ho delle idee su questo, ma non è interessante parlarne qui. Ciò che mi interessa è capire come fare a cambiare le cose.

Ho letto ieri una intervista a Walter Veltroni sull’Huffington Post Italia. Veltroni ha provato per anni a convincere la cultura più tradizionalista e snob che il successo popolare qualcosa deve pure voler dire e che volenti o no, bisogna confrontarcisi. Nell’intervista ha detto cose interessanti, alcune condivisibili altre no.

Sanremo è stato visto da una enorme quantità di italiani.
E bisognerebbe chiedersi perché

Ha parlato dei casi degli sdoganamenti tardivi di Totò et similia e dell’incredibile potere dei social che dipendono ancora dalla TV quando fanno grandi numeri – e il @DivanoRolling ne è un esempio con i suoi straordinari risultati di audience social. Poi ha parlato della tentazione dell’intellighenzia di ignorare la cultura di massa – quella cosa che sta tra, parole sue “la scuola di Francoforte (una corrente filosofica del ‘900 per chi legittimamente non lo sapesse) e il trash più trash”.

@DivanoRolling durante Sanremo ha raggiunto il record di 74 milioni di impression

Per questo tutti quelli che si sentono fighi celebrano Al Bano e Romina o l’Armata Rossa che canta con Toto Cutugno e non quello che sta intorno a loro permettendogli di diventare cult, ovvero la “cultura di massa”, che è banale, non provocatoria, non fa ridere gli intelligentoni e ha scarso contenuto artistico e di comunicazione. Veltroni secondo me sbaglia difendendo questa edizione del Festival come una cosa buona, che ha soddisfatto “una maggiore richiesta di serenità e persino di evasione” degli italiani.

A me questo Sanremo non ha distratto, non ha disteso i nervi, non mi ha rasserenato. A me questo Sanremo ha fatto cagare. Punto. E sono preoccupato un po’ per quel 50% e passa di audience.

Ok, probabilmente ricado nella categoria criticata da Veltroni; credo che il midcult sia noioso, impigrisca e dia l’illusione improduttiva di essere superiori. Per questo è una tentazione troppo forte ignorarlo. E forse facciamo bene a farlo. Ma provare a cambiarlo sarebbe meglio. Ma non immaginando, come fa Veltroni, una assurda opposizione tra un Fazio che fa il Sanremo-che-fa-pensare e Conti che fa il Sanremo-da-evasione.

Fazio, se vuole, può farci divertire un sacco, in un modo più intelligente (ahi) e non meno popolare di quello di Carlo Conti. Possiamo avere il coraggio di provare a fare il pop per bene senza doverci da un lato piegare al midcult o dall’altro infilare qua e là un sermone sulla mafia o sulla fame nel mondo?

E allora perché non provare a fare i Grammy italiani?

Il Festival ha tenuto lontano il meglio del pop italiano a causa dell’assurda idea della gara e del fatto altrettanto assurdo che sia necessario produrlo a Sanremo, in strutture non più adeguate alle necessità del pop contemporaneo. E allora perché non provare a fare i Grammy italiani – o gli MTV Awards se preferite?

È così difficile radunare 5.000 addetti ai lavori, farli votare, leggere classifiche di vendita digitale e non, contare i biglietti dei concerti e poi celebrare il tutto con una (ho detto una, non cinque) serata in cui ogni artista porta la cosa più bella, potente e popolare che ha fatto? Poi, se vogliamo, possiamo eleggere i vincitori nelle varie categorie (e il pop melodico potrebbe essere una delle categorie, non LA categoria).

Uno show con le cose più belle viste nell’anno appena finito e non solo una rispettabile, ma raccogliticcia compagine composta quasi esclusivamente da artisti (ahi, di nuovo) che cantano solo a Sanremo, che usano Sanremo per rilanciarsi (?!) dopo anni di oblio, che cantano i fatali cuore-amore a ripetizione, con suoni e melodie interscambiabili. E l’idea che siano canzoni inedite fatte apposta per Sanremo e dunque originali è falsissima.

Proprio perché sono fatte apposta per Sanremo le canzoni son tutte uguali e in senso più ampio, il contrario assoluto dell’inedito. Questo porta al paradosso che ognuno dei cantanti e intrattenitori sanremesi sia innocente; è la cornice che è sbagliata.

Un Grammy italiano potrebbe contribuire a eliminare parte di quel midcult che ci fa sentire così al sicuro, superiori e beati. Ma proprio per questo sarebbe necessario provarci. E dopo l’operazione sulle 100 facce  della musica italiana (midcult!) potrebbe essere proprio Rolling Stone ad attaccare il jack all’ampli e suonare il primo accordo.

Fateci sapere che ne pensate.

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